A contatto col disagio degli adolescenti

    0
    458

    Il rapporto tra scuola e territorio: le storie di chi lavora “dentro e fuori le aule” a contatto col disagio adolescenziale.

    Mentre nelle scuole si ferma il suono della campanella studiosi, psicologi, pedagogisti, sociologi, filosofi, insegnanti ed educatori, operatori socio- psico-pedagogici si sono incontrati in giornate di studio a Napoli (3 e 4 luglio)e a Torino (16 e 17 luglio) per una riflessione sul rapporto tra scuola e territorio. Il racconto di questo viaggio attraverso le storie di chi lavora dentro e fuori le aule e dentro e fuori gli spazi di educazione e formazione si svolgerà nel corso di questo e dei successivi appuntamenti di questa rubrica, dedicata ai giovani adolescenti, alle loro difficoltà e ai loro disagi ora latenti ora evidenti che in maniera micro/macroscopica imperversano nelle aule e nelle vita dei tanti ragazzi che costituiscono la nostra popolazione scolastica.

    Quest’oggi presentiamo la sessione sull’EDUCAZIONE CIVILE, coordinata da Cesare Moreno.
    Seguiranno:
    La sessione sulla RIFLESSIVITÀ coordinata da Santa Parrello
    La sessione sull’AUTORITÀ coordinata da Massimiliano Sommantico
    La sessione sulla FORMAZIONE DI DOCENTI ED EDUCATORI coordinata da Maria Rosaria Strollo
    Infine, il resoconto de Certosa Gruppo Abele “Non uno in meno. Contaminazioni educative per far scuola davvero” Avigliana 16 e 17 luglio.

    Nei giorni 3 e 4 luglio l’Associazione Maestri di Strada- Progetto E-Vai, in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Polo delle Scienze Umane e Sociali; il Dipartimento TEOMESUS, Teorie e Metodi delle Scienze Umane e Sociali -Scuola di Dottorato in Scienze Psicologiche, Pedagogiche e Linguistiche; il MIUR; il Comune di Napoli , l’AIS – Associazione Italiana Sociologia Sezione Educazione; l’AIP – Associazione Italiana Psicologia Sezione Sviluppo ed Educazione e l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ha organizzato, presso il Teatro San Ferdinando di Napoli, il Convegno intitolato “La mappa e il territorio. Ripensare l’educazione fra strada e scuola”.

    I temi di riflessione posti al centro di tali incontri sono stati, come il titolo stesso ben sintetizza, l’approccio poliedrico con cui affrontare il rapporto tra “dentro” e il “fuori” della scuola, il rapporto tra scuola e territorio mediante i racconti e le storie del lavoro quotidiano di chi lavora nella scuola tenendo conto di cosa avviene al di fuori di essa.
    Un significativo punto di partenza sta proprio nella parole di Carla Melazzini, più volte ricordata nel corso delle due giornate di studio per il grande contributo offerto con i suoi scritti e con il suo agito di maestra di strada:

    ”Si pensa la scuola come il “dentro” e la strada come il “fuori”, i ragazzi che sfuggono alla scuola sono definiti dispersi; questo fa pensare alla scuola e alla strada come due spazi da associare alla coppia di opposti chiuso/aperto. Luogo protetto, contenitore di attività strutturate la prima; spazio indefinito per libere e rischiose esperienze la seconda. Se però dentro la scuola si accolgono veramente i ragazzi, e se quando a scuola non vengono si va nel loro “fuori” a prenderli per mano (e così si innesca un percorso di vera conoscenza) allora si può arrivare ad un rovesciamento della prospettiva: il territorio, la strada, appaiono come uno spazio claustrofobico, palcoscenico di luoghi di vita rigidamente predisposti, e la scuola può diventare il luogo del cammino, di una strada da percorrere insieme, anche per incontrare tanti altri “fuori” diversi dal proprio”.

    “Da tutto ciò è nata la pedagogia itinerante, con un movimento pendolare dentro-fuori, nella quale la funzione rassicurante e protettiva è svolta principalmente dalle persone adulte, docenti ed educatori, in quanto depositari della fiducia e quindi accompagnatori autorizzati dei ragazzi lungo strade diverse da quelle della propria nicchia antropologica…“.

    Nel corso delle due giornate si sono avvicendati interventi di studiosi, pedagogisti, docenti, educatori e operatori sociali, psico-pedagogici di ordini di scuola diversi, di provenienza geografica e culturale diversa che hanno affrontato l’ evidente e profonda crisi del sistema scolastico italiano che induce a produrre sperimentazioni e progetti volti ad incontrare e formare i giovani secondo modalità innovative, che tuttavia non producono sostanziali cambiamenti istituzionali. É stata in qualche modo aggiornata la mappa culturale del lavoro di tanti professionisti riflessivi che hanno offerto il proprio contributo raccontando la propria esperienza in territori complessi e ad alto tasso di dispersione scolastica: la riflessività costituisce, infatti, la metodologia imprescindibile dentro le pratiche educative.

    Altri argomenti cardine sono stati: la crisi della funzione educativa adulta, che attraversa famiglia e scuola post-moderne, la formazione di docenti ed educatori, i tempi e i luoghi per apprendere ad insegnare. La sessione sull’Educazione Civile, svoltasi nella prima giornata, è stata coordinata da Cesare Moreno, che ha introdotto l’intervento di Fiorella Farinelli “Sono inevitabili i punti di frizione fra istituzione ed educazione?”, quello di Clelia Bartoli “La discriminazione istituzionale. Prospettive sistemiche per ritessere la scuola” che ha sottolineato che:

    «Non solo le persone operano discriminazioni, anche le norme, la burocrazia, i funzionari e le prassi amministrative possono produrre svantaggio, esclusione, marginalità….e che tra le istituzioni che escludono non fa eccezione la scuola, per quanto il suo mandato democratico sia quello di produrre inclusione, uguaglianza e cittadinanza, ciò sembra non funzionare per determinate categorie di individui: scugnizzi, figli di stranieri, disabili, artisti e ragazzi dotati di spiccata sensibilità e intelligenza sembrano eccedere l’individuo standard a cui la scuola si rivolge e che è capace di accogliere».

    Il successivo intervento di Paolo Landri “Educazione come pratica” ha fatto il punto sul ritorno allo studio della pratica nel campo dell’educazione evidenziando come, secondo le teorie contemporanee della pratica, «l’educazione possa essere considerata una pratica discorsivamente, corporealmente e materialmente mediata che accade in uno spazio e in un tempo materialmente organizzato e che si sviluppa nell’ambito di dispositivi socio-materiali (testi, lavagne, matite, tecnologie, etc) che contribuiscono a modellare, e che sono, in un certo senso costitutivi della pratica educativa».

    L’intervento in videoconferenza di Marianella Sclavi “Educazione civica: patologie familiari nel dibattito pubblico” ha introdotto un argomento di grande interesse e attualità che pone l’accento sulla difficoltà di comunicazione soffermandosi sull’individuazione del “se e come i caratteri tipici della degenerazione del dibattito pubblico” possano essere riscontrabili anche in famiglia”. Ha così introdotto il Progetto Conversazioni Pubbliche come possibile terapia.
    I lavori della prima sessione si sono chiusi con l’intervento di Nicola Laieta che ha presentato “Esperienze di partecipazione civile di giovani altrimenti emarginati”.
    In sala un pubblico attivo e partecipe ha interagito con i relatori in una sorta di formazione condivisa che ha reso stimolante e produttiva questa prima fase dei lavori.
    (Foto generica. Rete Internet)

    LA RUBRICA