In Italia, nelle ultime settimane, non si parla d’altro: unioni civili. Su l’argomento, delicatissimo per la connotazione fortemente cattolica del nostro paese, si stanno sollevando non poche polemiche e gli italiani, gente di grandi passioni, si sono già divisi tra favorevoli e contrari.
Da un lato, infatti, troviamo quelli che si identificano nell’asctag svegliatitalia. Dall’altra barricata, invece, si è schierato, come succede ormai da tempo, il popolo del Family Day.
Il DDL Cirinnà, che prende il nome dalla senatrice che lo ha elaborato e proposto, cerca di colmare un vuoto istituzionale nato intorno alla volontà, di persone dello stesso sesso, di istituzionalizzare la propria unione. Insomma, un’estensione di diritti che non va assolutamente confuso con il tradizionale matrimonio religioso.
Nelle argomentazioni di coloro che si oppongono a questa iniziativa, vi è, tra i tanti punti, uno che viene fortemente evidenziato e crea non pochi dubbi anche tra chi è favorevole all’iniziativa di legge. La legge Cirinnà, nella sua attuale stesura, si rivolge esclusivamente alle coppie omosessuali. In pratica, leggendola con attenzione, possiamo renderci conto che non sono contemplati altri casi di unioni, come possono esserlo ad esempio quelle tra etero non sposati oppure, perché no, in coppie dove uno dei due partner è portatore di handicap.
A tal proposito, la FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, ha rilasciato un comunicato stampa inviato alla Commissione Giustizia del Senato: “Non possiamo limitare il nostro impegno alle norme di settore. Le persone con disabilità sono Cittadini e quindi, come ci insegna la Convenzione ONU, i principi di uguaglianza e non discriminazione devono essere trasversali a tutte le politiche e norme di un Paese.
Sul delicato tema delle unioni civili all’interno della nostra Federazione vi possono essere posizioni e sensibilità diverse, ma vi è unanime convinzione che la norma non possa essere completa se non considera nelle fattispecie previste anche le questioni connesse alla disabilità.”
È indiscutibile, quindi, che all’interno della legge Cirinnà manchino dei presupposti di pluralismo. Elementi che possano adattarla anche ad altre forme di convivenza. Particolare, questo, non trascurabile per chi vive accanto ad un disabile ma non ufficialmente riconosciuti come coppia. Importanti potrebbero essere, tanto per dirne una, le agevolazioni lavorative in quelle circostanze in cui sarà necessario accudire il proprio compagno o la propria compagna.
Si spera, quindi, che in corso d’opera, la legge Cirinnà possa abbracciare quante più forme d’amore esistenti senza creare nuove e inutili discriminazioni.



