Django Unchained

Ritorna Quentin Tarantino con un’altra “riflessione” spettacolare sul tema della vendetta, nel solito gioco di citazioni, cinefilia e divertimento puro.

Almeno da Kill Bill vol. I in avanti ogni commento su un nuovo film di Tarantino può essere più o meno riassunto nel seguente modo: “se vi piace Quentin lo adorerete, negli altri casi forse fareste bene a restare a casa”.

La teoria sta circolando molto anche per l’ultima fatica, Django Unchained; e banale o meno che sia, ci dice sicuramente una grande verità. Tarantino continua a fare film per divertirsi a suo modo, con le sue regole, la solita sintassi, pochi sofismi o tentativi di rinnovarsi. I temi, i movimenti di camera, gli occhiolini al pubblico rimangono sempre uguali; gli ingredienti pure – ironia, violenza, assurdità varie – solo mescolati in modo diverso. Dunque anche questo Django Unchained è puro Tarantino per tarantiniani? Ancora una volta il buon Quentin ha reso a tutti (critici, osservatori, pubblico) il compito facile facendo un film totalmente à la Tarantino, a uso e consumo del suo pubblico fedele e combattivo?

La risposta, crediamo, non può essere che sì. Django Unchained è allo stesso tempo un capolavoro, un passatempo, una pacchianata senza capo né coda. È la summa del mistero di un regista geniale e folle, capace di imbastire scene spettacolari sul nulla e arricchire il suo lavoro con la mania del citazionismo e dell’amarcord, tra omaggio sentito e furberie da vecchia volpe. Ancora una volta il talento è innegabile e sparso a piene mani. Ci appaga, lasciando colmi gli occhi quasi alla soglia dell’overdose, con estetismi raffinati (il sangue sui fiori di cotone) e il consueto balletto di violenze surreali, che esplodono quando la costruzione della tensione ha raggiunto per lo spettatore il massimo sopportabile (la firma del contratto prima del massacro). Sai che è lì, sai che il Furbastro sta per colpirti, ma non sai quando né come.

E c’è pure tutto il resto. I richiami al western, ovvio, ma anche al tanto amato cinema asiatico, presente nella ricerca del dettaglio estetico della violenza e nel leitmotiv della vendetta. Gli omaggi di Tarantino alla proprie passioni cinefile rimangono sempre sul piano della scenografia, del clichè, senza spingersi anche in recuperi tematici. È una bella zuppa dove gli ingredienti si confondono tra loro e se ne percepisce ancora la presenza, sebbene diversa dal sapore originale.

Django Unchained fa il suo inchino doveroso al genere spaghetti-western, più precisamente al Django di Sergio Corbucci del 1966, ripreso nel titolo, nel tema (razzismo) e nel cameo del protagonista Franco Neri. La storia tuttavia è una rielaborazione originale, che porta dritto al main theme della vendetta violenta. Nel Texas della seconda metà dell’Ottocento Il Dr. Schultz (uno straordinario Christoph Waltz) è un cacciatore di teste al servizio del governo, che sceglie di liberare lo schiavo nero Django (Jamie Foxx) per farsi aiutare nella sua prossima missione. I due diventano “colleghi”, con la promessa che il micidiale tedesco aiuterà Django a liberare la moglie dalle mani del ricco proprietario terriero e organizzatore di scontri tra schiavi neri Calvin Candie (Leonardo di Caprio).

Il film, manco a dirlo, è ricolmo di citazioni. Auto-citazioni, citazioni del genere, di altri film a casaccio (la lista è infinita, si spazia da Kubrick a Via col vento), di qualsiasi cosa sia passata per la testa sempre in movimento del regista. L’ingordigia del cinefilo non deve però trarre in inganno. La prima metà (circa 1 ora e 30 minuti, quasi un film a parte) mescola in modo efficace l’ironia data dalla strana accoppiata Waltz-Foxx a qualche trovata efficace sul piano della critica al razzismo della società americana prima della guerra civile. Gli attori gigioneggiano davanti alla telecamera costruendo personaggi super-caricati, mentre Tarantino si diverte dall’altro lato, alternando i linguaggi – momenti comici ad altri più duri – e le scelte formali – improvvisi primi piani Sixties, carrellate più distese, lenti simil-CinemaScope per i paesaggi sconfinati da Western.

La seconda parte (il secondo film?) vira decisamente sul piano della vendetta personale. Tutto gira intorno ad una cena a casa di Candie, al tranello imbastito dal Dr. Schultz e da Django e al momento inevitabile in cui questo verrà scoperto, dando fiato all’esplosione di violenza, grottesca ed insistita come d’abitudine. Django diventa così una Beatrix Kiddo più clownesca, in un clima che si fa caciarone e iperviolento, Il finale è quanto di più fumettoso il cinema di Tarantino abbia mai concepito: sangue a fiumi, uno contro tutti, esplosioni. La fantasia del regista si sbizzarrisce, la logica e la sceneggiatura diventano un dettaglio.

Insomma, in Django troverete tutto quello che vi aspettate e oltre. Il pubblico neutro apprezzerà di più la prima parte, mentre i tarantiniani duri e puri raggiungeranno il culmine del piacere nella seconda, dove il regista arriva probabilmente al punto di non ritorno del suo cinema e della mania citazionista: fare la caricatura, fino al massimo livello, di se stesso.
Regia di Quentin Tarantino, con Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson
Durata: 170 minuti
Uscita nelle sale: 17 gennaio 2013
Voto 6.5/10

Ps: Una settimana dopo l’uscita di Django, Raitre ha lanciato in seconda serata alcuni film di Johnnie Too, regista cinese adorato da Tarantino. Nel vederli tutti a breve distanza l’effetto è strano; Django Unchained (o ancora meglio Kill Bill) sembra il miglior trailer possibile per Vendicami o A Hero Never Dies. E sorge il sospetto che la missione del cinefilo Tarantino sia quella di costruire divertenti promo extra-large per spingerci a recuperare le opere originali che sono alla base del suo cinema.

CINEMA E PAROLE

Referendum Ipercoop: no a Catone group

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Gli addetti dei tre ipermercati di Afragola, Quarto e Avellino firmano un documento che boccia il piano presentato dal gruppo casertano e che chiede a Unicoop la rottura della trattativa di cessione all’azienda di Pastorano.

Ipercoop Campania: dal referendum dei lavoratori spunta il no alla cessione a Catone group. Ieri la maggioranza degli addetti dei tre ipermercati Ipercoop di Afragola, Avellino e Quarto ha chiesto di non trattare il passaggio della catena commerciale di Unicoop Tirreno con l’imprenditore casertano Castrese Catone, specializzato nel trasporto di merci alimentari. Quasi all’unanimità il verdetto raggiunto nella struttura flegrea e in quella irpina. Ad Afragola, invece, i 220 addetti sono stati chiamati a esprimersi su due documenti, il primo relativo al no all’ipotesi Catone e il secondo puntato alla mediazione finalizzata al mantenimento del contratto coop, una volta ceduti gli impianti all’azienda di Pastorano.

Alla fine il settanta per cento dei lavoratori di Afragola ha firmato per la prima opzione e cioè per il no a Catone. Solo una minoranza, sia pure consistente, ha sottoscritto la mediazione con il futuro partner scelto da Unicoop. Intanto stamane l’Usb, l’Unione dei Sindacati di base, organizzerà un sit-in davanti a palazzo San Giacomo. Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ha fatto sapere che riceverà una delegazione di lavoratori Ipercoop nel suo ufficio, alle undici. Ieri alcuni addetti aderenti all’Usb hanno incontrato, sempre a Napoli, il segretario del Pd, Pierluigi Bersani. “ Vogliamo che si tratti la cessione con le altre cooperative, quelle emiliane – dichiara Francesco Iacovone, coordinatore nazionale di Usb commercio – non possiamo consentire che Catone metta le mani sull’Ipercoop ”.

Intanto un documento fatto circolare nel web dall’Usb conferma le prime indiscrezioni: esuberi, cassa integrazione e riduzioni delle strutture. Tre paginette fotografate e fatte circolare nella piazza telematica di facebook attraverso il sito Usb Unicoop Campania. E’ il documento con cui i legali del gruppo Catone sintetizzano il piano industriale per gli Ipercoop della Campania, che l’azienda di trasporti casertana intende acquisire in blocco entro il 30 giugno di quest’anno. Una proposta che sta facendo serpeggiare forti timori tra i 700 lavoratori distribuiti nei tre ipermercati di Afragola, Quarto e Avellino e nei due supermercati di Napoli-Arenaccia e di Santa Maria Capua Vetere.

Per vari motivi. Primo: il gruppo Catone afferma che ci sono esuberi. Secondo: quanto trapelato dal tavolo di confronto Unicoop-Catone-sindacati, tenuto il 21 gennaio scorso nell’Ipercoop di Afragola, fa desumere che le eccedenze subito dopo l’eventuale accordo sindacale confluiranno in cassa integrazione per poi essere ricollocate nei tre nuovi supermercati della Catone, da realizzare a Napoli, e in quello di Salerno della Coop. C’è però un “particolare”: i supermercati non esistono ancora. Quel che è certo è che l’impresa di trasporti del Casertano vuole rimpicciolire gli ipermercati di Afragola e di Quarto cedendo contestualmente ad altre imprese della logistica. Da registrare anche dei diktat.

Leggendo il documento il “piano” Catone contiene alcune deroghe al contratto nazionale dei lavoratori del commercio. Qualche esempio: i trasferimenti negli altri supermercati ( sempreché li realizzino ) non dovranno prevedere rimborsi spesa e per tre anni gli scatti di anzianità saranno bloccati.

San Giuseppe Vesuviano. Nomina Scrutatori, Catapano mette indietro le lancette della storia

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Era dal maggio 2009 che gli scrutatori non venivano nominati con il metodo della spartizione. L’amministrazione Catapano ha rispolverato i vecchi metodi.

Per decenni il periodo pre elettorale veniva salutato come il momento buono per guadagnare qualche spicciolo mettendosi al servizio di questo o quel candidato,volantinaggio ed affissioni accoglievano la manovalanza, la nomina a scrutatore era riservata a parenti o amici di un certo peso dei Ras politici. Il seggio elettorale era il luogo dove ostentare il potere ai cittadini / elettori.
Poi un giorno,nel 1993, arrivò il Mattarellum dal nome del suo primo firmatario Sergio Mattarella che oltre ad inserire il sistema maggioritario cercò di arginare il triste fenomeno delle nomine degli scrutatori attraverso la spartizione,più o meno lecita, fra i consiglieri comunali.

Si arrivò quindi ad un sorteggio fra tutto il corpo elettorale. Il risultato fu disastroso, spesso i seggi non si formavano o si creavano dispute fra gli elettori presenti in attesa di essere nominati come sostituti.
Cercò di risolvere il problema il Sen. Calderoli varando l’attuale sistema elettorale, che oltre ad averlo come primo firmatario fu anche il primo estimatore e definì la legge appena promulgata:” una porcata” e da qui i giornalisti coniarono il più simpatico “Porcellum.”

A San Giuseppe Vesuviano fu una festa,finalmente la screditata classe politica locale poteva riappropriarsi a pieno titolo delle nomine,infatti la legge appena varata nel dicembre del 2005 dovette sembrare un vero dono di Natale: si potevano nominare gli scrutatori a piacimento,bastava farlo all’unanimità. E così ad ogni scadenza elettorale i giovani,e le loro famiglie,si contendevano le stanze private dei consiglieri comunali per ingraziarseli e ricevere l’agognata nomina, fermo restando di ricevere in cambio anche volantini e fac- simili da distribuire. Si era istituzionalizzata la clientela elettorale.
Poi a dicembre del 2009 la svolta,arrivò una commissione prefettizia a seguito dello scioglimento per infiltrazione camorristica, e la prima cosa che fece alle elezioni provinciali fu il sorteggio.

Un banalissimo sorteggio che mandò in tilt la struttura burocratica che non aveva mai pensato possibile una cosa del genere. Qualcuno si avventurò a chiedere una riforma radicale: il pensionamento del vecchio Albo degli Scrutatori che per anni era servito da schermo per le nomine di clientes e parenti. I Commissari non accettarono,lo ritenevano un gesto troppo avveniristico,forse.
E si è continuato così fino alle comunali di dicembre 2012. Ad ogni sorteggio il pubblico aumentava,i ragazzi facevano gli scongiuri stringendosi le mani fra loro,i genitori accompagnavano i figli mostrandogli che per emergere serviva impegno e fortuna,come in qualsiasi parte del mondo.

Finalmente dopo tre lunghi anni di commissariamento i cittadini si espressero e ad uscire vincitore fu un gruppo di centro destra che aveva fatto della legalità e del rispetto delle regole le proprie bandiere. In più di un comizio il candidato sindaco Catapano tuonò:”… seguiremo il solco tracciato dalla Commissione Prefettizia…la legalità sarà il nostro punto di riferimento.” Detto e fatto. Al primo banco di prova serio in cui si doveva dimostrare ai cittadini che certi metodi erano definitivamente tramontati si è tirato fuori il vecchio sistema: i 112 scrutatori sono stati ripartiti in 28 per commissario più i due della sezione speciale uno alla maggioranza e uno all’opposizione. Riepilogando, 85 nomi sono stati divisi fra i consiglieri di maggioranza e 29 fra quelli di opposizione.

La notizia è corsa come un fulmine in città,subito schiere di giovani si sono messi in moto per farsi raccomandare da questo o quel consigliere,eppure le domande giunte al comune nel periodo in cui l’Albo Scrutatori è stato aperto ( dal 1 al 30 novembre)sono state quasi 150, a significare che il metodo del sorteggio era stato metabolizzato da tutta la popolazione.
Invece Catapano e tutta la sua maggioranza hanno deciso di tornare al vecchio metodo,forse perché gran parte di questo gruppo politico ha le radici ben salde in quella che fu la vecchia Democrazia Cristiana che tanti danni,politici,ha fatto a questi territori. Se oggi scontiamo un endemica arretratezza in tutti i settori la responsabilità morale va obbligatoriamente rivolta a quel sistema di governo, è un dato di fatto.

La motivazione ufficiale di una tale posizione è stata :” La maggioranza in consiglio comunale- ha dichiarato Catapano in Commissione-ha deciso di dare una svolta nominando gli scrutatori fra quelle persone che non lo avevano mai fatto e fra quelli che abbiamo ritenuto più bisognosi”. Come sia avvenuta la selezione è un mistero.
Il commissario di minoranza,Antonio Borriello del gruppo Vocenueva-Libera- PD ha cercato di spiegare le ragioni del sorteggio ma è stato inutile,la maggioranza è stata sorda ad ogni invito,piazzare 85 persone fidate nei seggi era troppo importante,la meritocrazia e la trasparenza possono aspettare.

Nola. Caso Gori, Comitato civico : “nessuna legittimazione”

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Il Comitato civico per la difesa del diritto all’acqua continua la battaglia sulla gestione del servizio idrico e dà appuntamento ad un nuovo incontro pubblico con la cittadinanza per lunedì 4 febbraio.

Il Comitato civico per la difesa del diritto all’acqua continua la battaglia sulla gestione del servizio idrico e dà appuntamento ad un nuovo incontro pubblico con la cittadinanza per lunedì 4 febbraio alle ore 19, presso la sala Renzullo in piazza Collegio. E’ di dominio pubblico che la causa intentata contro la GORI da oltre 300 cittadini aderenti al Comitato ha avuto esito sfavorevole in primo grado e non meraviglia più di tanto che a saperlo subito fosse la stessa GORI ed il sindaco Biancardi, mentre i ricorrenti ne erano all’oscuro. L’assemblea del Comitato, all’unanimità, ha deciso di impugnare la sentenza e procedere all’appello, non condividendo le motivazioni del Giudice monocratico della decima sezione civile del Tribunale di Napoli, pur esprimendo massima fiducia nella magistratura, che finora in tutte le sedi ha sempre riconosciuto le ragioni dei cittadini ricorrenti.

L’avvocato Carmine Medici, legale del Comitato, esprime fiducia nella riforma della sentenza in secondo grado, visto che sussistono tutte le ragioni per ribaltare il verdetto. Con estremo disappunto siamo, però, costretti a rilevare la grave disinformazione messa in atto da Gori SpA, che, in modo inopportuno, sbandiera come una “vittoria” la sentenza. Non sorprende, invece, l’atteggiamento del sindaco Biancardi che attacca nuovamente i cittadini invece di difenderli e si fa paladino di un accordo di dubbio valore con GORI, che fiancheggia spudoratamente, senza alcun rispetto della volontà popolare espressa nei referendum del 12 e 13 giugno 2011, a favore dei quali egli stesso afferma di aver votato.

Non dimentichiamo che il 2 agosto successivo il sindaco votò l’aumento del 21% delle tariffe e che il 27 ottobre scorso non ebbe il coraggio neppure di presentarsi all’assemblea dell’ATO, delegando il suo omologo Barbati, sindaco di Camposano, assemblea nella quale fu deliberato il cosiddetto SALVAGORI per 157 milioni di euro (oltre 300 miliardi delle vecchie lire). Finora quel danaro pubblico non risulta ancora erogato dalla Regione Campania ed insistiamo nell’esigere che venga fatta chiarezza su quella controversa delibera. E’ di questi giorni, infatti, il blocco dei trasporti per mancanza di liquidità dell’ente ed è sotto gli occhi di tutti lo stato di estrema precarietà di tutti i pubblici servizi. Sorprende la velocità con cui nel giro di poche ore gli uffici Gori, di solito lenti e macchinosi, riescano ad apprendere la notizia del deposito in cancelleria della sentenza, leggere ed approfondire le motivazioni, raccogliere dichiarazioni, elaborare comunicati stampa e diffondere in tempi record le informazioni.

Una straordinaria rapidità che, purtroppo, si scontra con l’inefficienza e l’incapacità quotidiana nel garantire persino i livelli essenziali di servizio. Non meravigliano, infine, le fragili speculazioni sul contenuto della sentenza e le dichiarazioni diffamatorie, rilasciate sia da GORI che dal sindaco Biancardi, nei riguardi dei cittadini e del Comitato. Per questi motivi, continuiamo la lotta civile e democratica per la ripubblicizzazione del servizio idrico e per la difesa dei diritti sanciti dalla nostra Carta costituzionale.

Nelle misure straordinarie per le aree industriali in crisi manca il nolano

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Falco ( Scelta Civica). “Ennesima prova del fallimento della classe politica locale”.

Il nolano è fuori dal piano di interventi predisposto dalla giunta regionale della Campania per le industrie in crisi. “Ecco l’ennesima prova di come la classe politica locale non ha saputo difendere gli interessi del territorio”: lo dichiara in una nota, Elena Falco, candidata alla Camera dei Deputati per la Circoscrizione Campania 1 con la lista Scelta Civica con Monti per l’Italia.

“Per le industrie in crisi del nostro territorio” sottolinea Elena Falco, e mi riferisco all’Esplana Sud, al Pastificio Russo e alle numerose realtà industriali strozzate dalla recessione non ci saranno misure straordinarie per rimettere in moto la produzione”. “Dobbiamo dire grazie a chi ci doveva rappresentare nelle sedi istituzionali le nostre istanze e non l’ha fatto”.

Acerra, richiesto il monitoraggio per la tutela ambientale

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I dirigenti dell’Arpac hanno garantito la ripresa del monitoraggio su tutto il territorio aceranno e l’istallazione di nuove centraline.

Il Sindaco di Acerra Raffaele Lettieri, in seguito ad una richiesta inviata in data 24 gennaio 2013 (n. prot. 3770) ai vertici dell’Arpac sollecitando un incontro urgente, questa mattina presso il Comune di Acerra, ha incontrato il direttore generale dell’Arpac Dott. Antonio Episcopo e il direttore tecnico dott.ssa Marinella Vito; erano presenti l’assessore comunale all’ambiente Vincenzo Angelico, il dirigente della direzione ambiente del Comune Dott.ssa Maria Piscopo, il presidente della commissione ambiente del Comune di Acerra, consigliere Paolo Rea.
Il Sindaco Raffaele Lettieri ha sollecitato e richiesto (con nota del 31 gennaio 2013 n.prot 5589) la ripresa di una serie di azioni per il monitoraggio delle matrici ambientali e per la tutela della salute dei cittadini.

Tra le richieste avanzate vi è anche la messa in esercizio, nel più breve tempo possibile, delle centraline per il controllo dell’area presenti sul territorio acerrano. I dirigenti dell’Arpac hanno garantito la ripresa del monitoraggio, mentre il primo cittadino di Acerra e il direttore generale hanno inoltre concordato l’installazione in città di un’altra centralina, oltre a quelle già esistenti, con l’obiettivo di migliorare anche la dislocazione delle stesse in funzione dei venti e della densità di popolazione residente. Il sindaco Lettieri, in più, ha insistito perché la ripresa del monitoraggio ambientale da parte dell’Arpac si realizzi prima dell’interruzione dell’attività del termovalorizzatore, già programmata da tempo per manutenzione, in modo da confrontare i dati forniti in un momento in cui l’impianto è in funzione con quelli forniti nella periodo di fermo.

La prossima settimana ci sarà un nuovo incontro, con sopralluogo sul territorio acerrano per l’individuazione della zona dove installare la nuova centralina. E’ impegno delle parti, inoltre, incontrarsi nuovamente affinché nel prossimo piano dell’Arpac possano realizzarsi tutte le indicazioni fornite dal Comune di Acerra.
Durante l’incontro di questa mattina si è affrontata anche la questione relativa alla presenza sul territorio della società “Fri-el” Spa. Su sollecitazione del sindaco Lettieri l’Arpac si è anche impegnata a verificare la compatibilità del Pcb trovato nell’olio di palma utilizzato dalla società, in seguito alle analisi commissionate dal Comune di Acerra. Ulteriore fine di queste verifiche è anche accertare la compatibilità dell’intero impianto con l’ambiente circostante.

Non svegliate i vulcani che dormono

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Vesuvio wash it”, si legge su uno striscione settimanalmente esposto allo Juventus stadium, ma i bianconeri hanno dimenticato un noto detto napoletano: “Non svegliate i vulcani che dormono”.

“Vesuvio wash it”, si legge su uno striscione settimanalmente esposto allo Juventus stadium. Sorvoliamo sull’ignoranza degli autori, che non sanno che “lavali”, al limite, si scriverebbe “wash them”, e sorvoliamo sulla irritante inerzia del giudice antisportivo che finge da anni di non sentire i cori razzisti indirizzati ai napoletani, e che necessiterebbe di una bella lavata di orecchie da parte del tanto invocato vulcano partenopeo.
Gli apolidi tifosi bianconeri hanno purtroppo dimenticato un noto detto napoletano: “Non svegliate i vulcani che dormono”.

Il Vesuvio, infatti, ha più volte sentito offendere la propria città e, a freddo, anche se ciò sembra paradossale per un vulcano, ha ordito una goliardica vendetta nei confronti del nemico.
Il vulcano partenopeo, infatti, grazie a conoscenze all’AIA, ha fatto inviare a Torino l’arbitro Guida, discendente di una coppia di pompeiani rimasti pietrificati durante l’ultima eruzione, scortato da un nugolo di scugnizzi, guidati dal vesuviano Borriello.
Conte aveva un diavolo per capello dopo il fischio finale di Guida, reo di non aver fischiato né un rigore inesistente per la Juve, né uno netto a favore del Genoa.

Marotta, più rosso di un pompeiano, si è accorto che era di Napoli solo qualche mese dopo che lo stesso arbitro vesuviano ebbe a negare due rigori netti contro la Juve nella partita col Cagliari, per falli di mano netti di Pirlo e Bonucci.
Gli avvocati piemontesi pare stiano verificando gli estremi per proporre un reclamo per il fatto che il Parma ha illegittimamente schierato contro il Napoli un noto produttore di biscotti di Castellammare di Stabia, nonché un reclamo per far annullare con efficacia retroattiva il goal genoano, per essere stato messo a segno da un calciatore notoriamente nato a San Giovanni a Teduccio.
Le probabilità di accoglimento di tali ricorsi, secondo un noto quotidiano sportivo piemontese, sarebbero abbastanza alte.

E, qualora dovesse essere accolto il ricorso per il caso Mirante, sempre secondo il noto quotidiano sportivo, dovrebbero essere automaticamente annullati i goal di Hamsik e Cavani, che avevano provocato movimenti tellurici, a seguito dei quali anche Mercalli e Richter erano caduti dalle rispettive scale.
Noi amanti del calcio, estranei da ogni campanilismo, comprendiamo lo sfogo di Conte e gridiamo con lui che è una “vergogna”! Non si possono stravolgere in corso le regole di un campionato. Se nelle prime giornate, era prassi consolidata che alla Juve concedevano rigori inesistenti, con annesse espulsioni, e agli avversari venivano annullati goal validi, non si può cambiare questa regola in corso.
(Fonte Foto: Rete Interent)

Fiat, Marchionne pronto a neutralizzare gli operai Fiom

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L’amministratore delegato ha fatto capire che i 19 lavoratori iscritti alla Fiom, tornati in fabbrica per ordine della magistratura, non rientreranno nei reparti di produzione. L’operaio D’Onofrio: “Fiat mette al bando chi dissente”.

Ieri l’inaugurazione delle nuove Officine Maserati di Grugliasco. Marchionne sentenzia, quasi criptico: “ Per i 19 operai di Pomigliano si troverà una soluzione ”.

E ora negli ambienti sindacali serpeggia insistente la voce che il manager Fiat, attraverso i suoi superesperti di diritto, stia escogitando qualcosa di importante per Pomigliano e, soprattutto, per impedire che i 19 operai iscritti alla Fiom entrino nella cronometrica catena di montaggio della Panda, plasmata sul nuovo modello contrattuale dell’auto, che esclude dalle fabbriche chi non lo condivide. Per il momento le tute blu del sindacato diretto da Maurizio Landini hanno effettuato un lunghissimo corso di formazione, che a un certo punto sembrava non avesse fine, nello stabilimento, tenuti però ben lontani dai luoghi di produzione della creatura scaturita dalla volontà dell’ad Fiat, col beneplacito dei sindacati firmatari, Fim, Uilm, Fismic e Ugl.

Intanto i metalmeccanici della Cgil sono preoccupati per l’ultima uscita dell’amministratore delegato in quel di Grugliasco. Finora non hanno ricevuto nessuna comunicazione dalla Fiat circa il loro rientro al lavoro, previsto, come per tutti gli altri colleghi in attività, lunedì, dopo l’attuale stop in cassa integrazione ordinaria. Stefano Birotti, 47 anni, di Pomigliano, commenta così le parole di Marchionne. “Ci stiamo ponendo due domande – dice Birotti – quale sia la soluzione e chi sarebbero questi esuberi. E’ molto vago l’amministratore delegato per cui la nostra paura è che questi trovino l’ennesimo escamotoge almeno per tenerci lontani dalla catena di montaggio e da tutti gli altri nostri colleghi”.

“Abbiamo fatto formazione per 19 giorni di seguito – racconta Birotti – da quando siamo entrati, cioè dal 10 dicembre. Che a noi risulti nessun operaio della Fip ha fatto una formazione così lunga e intensa. Prima che iniziasse l’attuale periodo di cassa integrazione ordinaria, venerdì scorso, ultimo giorno di formazione, ci hanno comunicato che la formazione finiva lì, senza però indicarci la nostra prossima collocazione, le nostre prossime mansioni. In pratica non sappiamo ancora cosa faremo lunedi prossimo, giorno di rientro dalla cig. Non sappiamo nemmeno se torneremo al lavoro, se ci faranno entrare in fabbrica. Noi comunque – avverte l’operaio iscritto alla Fiom – ci presenteremo ai cancelli anche se non avremo ricevuto nessuna comunicazione. Marchionne sta studiando qualcosa per aggirare la sentenza della magistratura e temo che in questo disegno, non ancora esplicitato, ci sia lo zampino dei sindacati firmatari”.

Sebastiano D’Onofrio, 45 anni, moglie e tre figli, aggiunge che “la soluzione è il ritiro della procedura di mobilità, il reintegro di tutti i lavoratori che in questo momento sono ancora in cassa integrazione e l’apertura di un confronto nazionale, Fiom inclusa, per affrontare una volta per tutte la problematica fiat”. “Sto vivendo un momento di grande difficoltà, sono appeso a un filo – aggiunge, preoccupato, D’Onofrio – prima delle otto di lunedì ci presenteremo ai cancelli per capire cosa dovremo fare: il dramma dell’Italia è che chi la pensa diversamente viene silenziato o messo al bando”. Ieri una delegazione di cassintegrati ha presentato alle segreterie napoletane di tutti i sindacati la richiesta di un’assemblea pubblica, a Pomigliano, sul problema della cassa integrazione straordinaria, che coinvolge 1390 addetti di Pomigliano e 1050 dell’indotto.

Da bravo imbianchino a boss, la storia di Umberto Ianuale

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Riconosciuto tra i migliori pittori d’interni della zona, è stato arrestato dai carabinieri per associazione mafiosa. Una vicenda che affonda nella crisi nera di questi brutti tempi.

Lo definiscono boss di Castello di Cisterna ma in effetti Umberto Ianuale, 44 anni, arrestato l’altro giorno dai carabinieri a Somma Vesuviana, è il fratello del più noto Vincenzo, uno dei due capoclan di Castello di Cisterna, insieme a Giovanni Rega.

Entrambi, sia Vincenzo Ianuale, detto “squadrone” (perché otto anni fa costituì una grande organizzazione, uno squadrone appunto, comprensiva di elementi dei clan Sarno e Mazzarella), sia Giovanni Rega, detto “coscia storta”, sono detenuti da tempo. Intanto Umberto Ianuale era libero ma è stato appena arrestato dai militari dell’aliquota operativa di Castello di Cisterna, diretti dal capitano Antonio Orlando. Umberto deve scontare un residuo di pena, dieci mesi di reclusione per associazione mafiosa. Sono tre i fratelli Ianuale. Il primo, Vincenzo, è il boss riconosciuto del territorio. Poi c’è Umberto, che quando era più giovane di professione faceva l’imbianchino. Mamma molto brava, affettuosa e premurosa, Umberto era ritenuto uno dei migliori nel suo campo professionale.

Poi però il morso delle crisi e le difficoltà della vita hanno fatto andare le cose diversamente e certe scelte hanno segnato il destino di questo componente della famiglia Ianuale. Il terzogenito si chiama Giuseppe, che ha la fedina penale immacolata e che si è sempre tenuto lontano dagli ambienti malavitosi. La casa della famiglia Ianuale si trova in via Selva, una strada abbastanza centrale di Castello di Cisterna, sobborgo di Pomigliano, circa ottomila abitanti. L’edificio è molto grande, una palazzina di tre piani, piano ammezzato, centrale e grande mansarda. La struttura è finita nel dossier antimafia con cui il ministero degli Interni motivò, nel luglio del 2009, lo scioglimento del consiglio comunale di questo piccolo ma estremamente difficile comune.

La mansarda degli Ianuale era abusiva e fu fatta sequestrare dai carabinieri. Il progettista delle opere illegali era un esponente di spicco della politica locale, tuttora al potere. A ogni modo il commissariamento di Castello di Cisterna durò appena cinque mesi. A ottobre il Tar, con una sentenza clamorosa quanto improvvisa e inattesa, annullò il provvedimento preventivo antimafia voluto dal governo rimettendo tutti i politici della cittadina al posto di prima.
(Fonte foto: Rete Internet)

Cave asbestum!

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Oramai le nostre campagne sono inondate di rifiuti, incluso l’amianto. La nostra cronaca di una passeggiata lungo una via rurale sommese. Fotogallery

È strano vedere come luoghi di estremo valore paesaggistico e culturale possano decadere sepolti da immondizia e incuria. Purtroppo è talmente divenuta una consuetudine rinvenire rifiuti d’ogni genere nelle nostre campagne che quasi non ci si meraviglia più della loro presenza, anzi accade il contrario, quando, ben nascosti dalla vegetazione, non li si vede subito.

Oggi quindi, per chi già non amava l’escursione campestre, e per tutti quelli che prediligevano lo shopping alla rustica passeggiata, c’è una scusa in più per desistere, l’amianto! E sì perché ormai, le nostre terre ne sono piene. Da testardi quali siamo abbiamo voluto perseverare nel vedere se esistevano ancora zone integre da questo punto di vista ma purtroppo, anche nella nostra ultima passeggiata vesuviana, sabato scorso, abbiamo dovuto aggiornare il nostro bollettino di guerra con la zona del Tuoro della Nuvesca, in quel di Somma Vesuviana.

Già all’imboccatura dello stradello che conduce a monte, in Via Trentola, appena si svolta l’angolo che la curvatura della strada offre, ci troviamo davanti a un compendio del rifiuto urbano. Ma più si va in alto e più il rifiuto diventa speciale. Ovviamente speciale è in questo caso sinonimo di pericoloso e così, salendo, troviamo la montagnola di asfalto di un tetto, più su ancora, in un antico e scenografico casale rustico, entriamo in una cantina che troviamo ricolma di pneumatici, evidente sversamento abituale di chi fa il mestiere del gommista. A monito, davanti all’accesso dell’antro, ci accolgono dei bei lastroni ondulati di eternit, un “cave asbestum!” per malintenzionati come noi, quelli che hanno voglia di documentare, stanchi di subire o far finta di niente e che Dio ci protegga!

Salendo ancora più in alto, affacciandosi su uno stupendo panorama agreste, con in lontananza la cornice imbiancata dei monti di Avella, basta abbassare lo sguardo e trovare ai propri piedi una vera e propria discarica a infrangere i nostri pensieri bucolici ispirati scrutando l’orizzonte. Tutti rifiuti riconducibili a specifiche professioni, ci sono gli pneumatici, ci sono pezzi di carrozzeria di automobile, c’è materiale edile di risulta e ovviamente l’amianto. Quanti gommisti ci saranno in zona per controllare che fine fanno fare alle ruote che cambiano? Ve lo diciamo noi, uno solo!

Solo a casa, guardando la sovrapposizione del nostro tracciato GPS su Google earth, ci rendiamo conto che ci trovavamo sull’ex discarica della “Fungaia”, altro luogo nefasto che ormai da anni attende una bonifica e una compensazione terrena per chi vi ha visto morire i propri cari.

La strada, man mano che sale, continua a essere sporca, anche perché la sua forte pendenza permette all’acqua piovana di dilavare i mucchi di immondizia che sparge lungo tutto il suo asse. Il nostro cammino ci porta fino alla Cappella del Tuoro della Nuvesca, un altro luogo di devozione alla Mamma Schiavona, uno di quei luoghi cari ai sommesi e frequentato anni or sono dall’illustre musicologo Alan Lomax, colui che ha internazionalizzato la nostra musica popolare. Qui la strada diventa sterrata e si perde, come assorbita dal lapillo, nei vari fondi coltivati, fino a divenire sentiero e poi canalone, tra i castagni e le pomici. Finalmente la natura prende il suo sopravvento.

Sarebbe bello vedere chi vive così visceralmente la Montagna considerarla ancor più sua, tutelandola e non solo per le ricorrenze della Madonna; rimaniamo infatti straniati davanti a tanta devozione ma anche davanti a tanta mancanza di rispetto, se non verso la naturalità di quei luoghi, per lo meno per la loro sacralità. Cos’è allora il culto della Madonna? Una semplice occasione per far festa o un modo più sacro di dare un significato alle nostre esistenze?

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