Somma Vesuviana, omicidio di Vincenza Tortora: il marito assassino aveva con sé anche una pistola

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Francesco Nunziata, il settantenne accecato dalla gelosia che ha prima ferito il suo presunto rivale e poi finito la moglie, Vincenza Tortora, a coltellate, aveva con sé anche una pistola. Una 765, detenuta illegalmente, che aveva lasciato nel cruscotto della sua auto, forse con l’intenzione di utilizzarla.

 

 

L’hanno poi rinvenuta i carabinieri ai quali l’uomo ha confessato ogni cosa, ammettendo ogni singolo particolare: dalla gelosia morbosa, ai sospetti – fossero o meno fondati – fino al momento in cui ha deciso di farla finita e affondare il coltello. Ferendo prima il suo fornitore, Francesco Gifuni, 46enne della vicina Sant’Anastasia già noto alle forze dell’ordine, e poi – colpendola a morte – sua moglie, la donna che aveva sposato oltre trent’anni fa. Aveva con tutta probabilità premeditato tutto Nunziata, che si trova al momento nel carcere di Poggioreale in attesa di essere nuovamente sentito dagli inquirenti. Lo dice il possesso del coltello, lo dice la presenza della pistola in auto, lo dice infine il suo telefono cellulare che teneva acceso, in tasca. Era in cerca di prove che avallassero i suoi sospetti circa una relazione tra la moglie sessantatreenne e quell’uomo di vent’anni più giovane, sospetti che finora non hanno trovato riscontri e che comunque, in nessun caso, giustificherebbero la tragedia che ne è conseguita.  Sullo smartphone di Nunziata, in modalità registrazione, sono rimasti impressi i rumori e le voci, la concitazione di quei momenti in cui si consumava il delitto. L’audio, in possesso della scientifica, dovrà essere «pulito» per poter dire qualcosa di più delle poche parole, urlate, che è possibile distinguere: «Vien ‘ a ccà”. Vieni qua. La provocazione, la sfida, e poi le urla. Una prova, ma del resto Nunziata non si è sottratto alle domande, assistito dall’avvocato d’ufficio Serena Dello Iacono. «In realtà ha fornito una descrizione dettagliata degli eventi» – dice il legale che però precisa: «Siamo solo in una fase embrionale, molto delicata, per fare chiarezza piena si dovrà attendere». In stato di arresto – dopo aver confessato ai militari coordinati dalla Procura di Nola tutti i dettagli del delitto, ma anche i suoi tormenti e i sospetti che lo assillavano da anni –  l’imprenditore di Ottaviano che gestiva con la famiglia l’attività commerciale a Somma Vesuviana, dovrà rispondere di omicidio, tentativo di omicidio e porto abusivo di armi.  Intanto, nel tardo pomeriggio di ieri, le condizioni dell’altro uomo coinvolto nella vicenda, rimasto gravemente ferito per mano di Nunziata, erano ancora stazionarie.