Somma Vesuviana, messaggi whatsapp relativi al “caso Somma” in possesso dei carabinieri

0
5211

 

(da Il MATTINO di martedì 23 maggio 2017)

La verità a volte corre sul filo, in questo caso su whatsapp. È attraverso il servizio di messaggeria istantanea più utilizzato sugli smartphone che Luigi Mele, protagonista di una delle due vicende parallele che stanno minando nel profondo non solo la tranquillità della campagna elettorale di Somma Vesuviana, ma pure la stessa immagine della politica locale, scrive ad un candidato sindaco. Non il suo, non quello della coalizione appena in embrione intenzionata a fare il pienone di voti (circa 6mila, si diceva in giro, puntando a numeri vertiginosi che da tempo il Pd di Somma ha dimenticato) e che il 9 maggio si dà per vinto ritirandosi annientato da minacce e telefonate anonime, oltre che da un sopralluogo in casa sua dei vigili urbani che dovevano constatare, dopo un esposto, l’esistenza di un abuso edilizio. No. Mele, che doveva essere il capolista di una formazione acchiappavoti battezzata dal consigliere regionale Carmine Mocerino, a un certo punto si ritira dando l’addio alla candidatura e decide di informarne il suo amico nonché presidente della commissione anticamorra in Regione non solo a voce, ma con una lettera. La stessa che Mocerino consegna al prefetto e in cui c’è il racconto di «inviti» a non candidarsi rivolti a Mele dal maresciallo della stazione locale dei carabinieri, Raimondo Semprevivo. «’O sinnaco» lo chiamano, Semprevivo. Perché sa sempre tutto di tutti, parla con tutti, riceve tutti, conosce i protagonisti della politica locale a menadito, sa con chi sono, dove vanno, chi frequentano, cosa fanno. Ed è pure una cosa ordinaria in una città che conta meno di 40mila anime dove i carabinieri oltre a garantire l’ordine pubblico devono poter, specialmente in campagna elettorale, ragguagliare e riferire, verificare e documentare. «Chi te lo fa fare…». «Ma evita…» sarebbero solo alcuni dei commenti del maresciallo alla notizia che Mele, lontano dalla politica da circa dieci anni dopo la militanza in An e l’esperienza da vicesindaco con il primo cittadino Ferdinando Allocca (padre di Celestino, attualmente in corsa alle amministrative), si sarebbe candidato con una coalizione di centrosinistra. Insomma, dopo il forfait, la lettera, il clamore suscitato dalla decisione di Mocerino di affidare quella stessa missiva al prefetto, deflagra la «bomba». Le «intimidazioni» di cui si parlava da giorni evocando finanche lo spettro della camorra, sarebbero in realtà «inviti» da parte del sottufficiale.  Quando la notizia arriva alla stampa, quella stessa mattina (era il 12 maggio), Mele scrive due lunghi messaggi dei quali al momento sarebbero dettagliatamente informati i carabinieri di Castello di Cisterna. I messaggi sono diretti a Celestino Allocca, che ieri sera ha aperto in piazza la sua campagna elettorale e non vuole né confermare, né commentare, né smentire la notizia, tantomeno diffondere i messaggi. Ma ci sono, esistono, sono stati inviati. «Ti scrivo – esordisce Mele – perché oggi compaiono sulla stampa mie dichiarazioni virgolettate che sarebbero dovute essere coperte dal più assoluto riserbo. Voglio che tu sappia che mai in questa vicenda si è fatto riferimento all’ipotesi di favorire te e mai sono stato invitato a desistere al fine di favorire la tua corsa a Palazzo Torino».  Nel secondo, Mele si dice sconvolto, confida nel tempo «galantuomo» e dice: «Mai nella vita ho tradito un amico e neanche adesso l’ho fatto. A te, figlio di Ferdinando, auguro di realizzare il tuo sogno». E conclude con «Tvb».  C’è altro sotto la vicenda? C’è ancora fuoco sotto la cenere nella vicenda che coinvolge il maresciallo il quale subito dopo ha chiesto e ottenuto il trasferimento da Somma Vesuviana affinché le indagini possano fare chiarezza? «Dopo trent’anni di onorata carriera, il collega non si sarebbe mai sporcato le mani- dice Salvatore Di Sarno, candidato sindaco di Udc, Psi, Verdi e civiche, maresciallo della guardia di finanza –  un grande lavoratore, sicuramente un uomo duro, di polso, ma con il mestiere che fa non può essere diversamente».  Sulle due vicende, le minacce a Bianco e il ritiro della lista centrista che doveva essere capeggiata da Mele, sta indagando la Procura di Nola.