Settembre 1845: 800 scienziati italiani vedono che Napoli è, in ogni senso, la più grande città d’Europa

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Nella “Guida di Napoli” – ogni ospite ne ebbe una copia – gli amministratori della città, oltre a tutte le notizie utili, pubblicarono anche l’indirizzo degli “studi” di pittori e scultori. Centinaia di scienziati ebbero l’opportunità di ammirare la perfetta organizzazione, la ricchezza del patrimonio culturale e i progressi nei settori della Medicina e della Tecnologia: nell’occasione venne inaugurato anche l’Osservatorio Vesuviano.  Il ruolo di Giuseppe IV Medici, principe di Ottajano.

 

Dal 20 settembre al 5 ottobre del 1845 Napoli ospitò la VII Adunanza degli scienziati italiani: vi parteciparono 1613 luminari, di cui 831 erano “regnicoli”, distribuiti nelle “sezioni” di chirurgia, agronomia e tecnologia, archeologia e geografia, anatomia, fisiologia comparata e zoologia, botanica, fisica e matematica, geologia e mineralogia. Il Presidente generale dell’Adunanza fu Nicola Santangelo, e un ruolo importante svolsero nell’organizzazione dei lavori Michele Tenore, Leonardo Santoro e Macedonio Melloni, che, nel giorno dell’inaugurazione dell’Osservatorio Vesuviano, illustrò ai colleghi la funzione dei nuovi sistemi di controllo e di ricerca. Egli spiegò anche che l’illuminazione notturna delle strade della città era garantita da 1811 “lampade a riverbero a olio” e da “350 lampade a gaz”, e che gli scienziati napoletani stavano mettendo a punto una “illuminazione a idrocarburo”.Giuseppe IV Medici, principe di Ottajano, fu presidente della commissione per “gli strumenti aratorii” e fu membro delle commissioni che si interessavano della coltivazione della seta e dello “stato dell’agricoltura”. Ma dei temi scientifici trattati da questa importante “adunanza” parleremo in altri articoli. Ora ci interessa dire che gli scienziati tutti elogiaronol’organizzazione, accurata e precisa, e lo splendore degli spettacoli teatrali e dei concerti musicali riservati agli ospiti e alle loro famiglie. Insomma, Napoli dimostrò di essere la più grande città europea non solo per il numero degli abitanti – l’anno prima ne erano stati censiti 400813 -, ma anche per la ricchezza del suo patrimonio culturale e per l’efficienza dell’amministrazione.Erano i tempi in cui Ferdinando II si fidava ancora della borghesia “illuminata” e aveva lo sguardo rivolto all’ Italia e all’Europa: queste “aperture” sarebbero state annullate dal disastro del ’48.

In ciascuno degli alberghi riservati agli ospiti c’era “una deputazione municipale” incaricata di dare utili informazioni e di evitare che tra gli ospiti e l’albergatore nascessero “questioni”. Nella “strada di Chiaia”, nel “grande appartamento del palazzo Cellammare, comunemente detto di Francavilla” venne preparata, ogni giorno, una “mensa” per 400 persone: per 60 grana, poco più di mezzo ducato, a partire dalle ore “tre post meridiem” gli scienziati potevano consumare un pasto composto da “una zuppa”, cinque portate, “compresa la pasticceria”, frutta, caffè e sorbetto. “Il vino di pasto è compreso nel prezzo”: agli ospiti venne consegnato anche l’elenco dei “vini di lusso”: una bottiglia di “champagne Sillery” costava duc. 1, 20, quanto una bottiglia di “Bordeaux Lafitte”, mentre si pagavano duc.3, 30 per una bottiglia di “vino del Reno Hocheiner o Marcobrun”, un ducato per una bottiglia di Porto e di Madeira  e solo 30 grana-  il salario quotidiano di un muratore “esperto” – per una bottiglia di Marsala e per una bottiglia di rhum: una bottiglia di “curaçao di Amsterdam” costava duc.3. Si comunicava agli ospiti che “i camerieri sono pagati dal Comune, quindi è loro severamente vietato domandare o ricevere mancia”. Inoltre, gli ospiti, quando prenotavano i posti alla “mensa” o “nella Casa Comunale a via Monteoliveto o nella Regia Università degli Studi”, potevano già comunicare se volevano “il pranzo di magro o di carne”. Tutte queste informazioni ogni scienziato le trovava nella copia personale della “guida” che il “Magistrato municipale” aveva fatto stampare per l’occasione, e in cui venivano indicati gli orari delle ferrovie e delle diligenze, il costo dei biglietti, le strade, le piazze, i ristoranti, l’indirizzo dei proprietari delle carrozze da nolo, le “linee” servite dalle carrozze e il costo del viaggio. E’ una “guida” che merita di essere pubblicata dalla prima all’ultima pagina. Suscitò l’ammirazione di tutti, e la suscita ancora oggi, il fatto che nella “guida” gli amministratori pubblicarono anche l’indirizzo degli “studi” dei pittori e degli scultori, considerati parte integrante del patrimonio di Napoli. Giovanni Cammarano “lavorava” al n. 51 di Vico Carrozzieri a Toledo, Giuseppe e Vincenzo Cammarano al n.11 di Vico Corrieri a Santa Brigida, Gabriele e Raffaele Carelli a Largo del Vasto, Teodoro Duclère a San Pasquale a Chiaia, Giacinto Gigante al n. 58 di Santa Teresa a Chiaia, Achille Gigante al n.10 di Santa Maria del Parto a Mergellina, Gabriele Smargiassi nel Palazzo S. Arpino a Chiaia, Achille Vianelli al n. 32 del Vico del Dattilo a Mergellina, poco lontano dallo “studio” di Ercole Gigante.

Venne coniata anche la medaglia commemorativa dell’evento (l’immagine apre l’articolo): su una “faccia” Vincenzo Catenacci incise il volto di G. B. Vico, e sull’altra la dea Partenope armata di scudo, e sullo sfondo, il Vesuvio.