Nonostante la pioggia a tratti torrenziale, tante persone hanno preso parte all’incontro denominato “Sotto Padrone”, come il titolo del libro di Marco Omizzolo, ospite dell’evento organizzato da L’Orto Conviviale. L’iniziativa ha avuto luogo questa mattina presso la casa comunale di Sant’Anastasia, all’interno di un luogo che è da tempo orfano della politica: l’aula consiliare, uno spazio che sembra essere stato pensato e costruito per avvicinare i cittadini alle istituzioni, e viceversa.
L’incontro è stato promosso e organizzato da L’Orto Conviviale, un progetto di agricoltura sociale che si sviluppa proprio nel territorio comunale di Sant’Anastasia, ai piedi del monte Somma, ma soprattutto la storia di Vincenzo e Miriam (oggi anche ottima moderatrice), una coppia campana che ormai da anni ha deciso di abbandonare il caos cittadino e la routine del lavoro impiegatizio – nonché l’industrializzazione a favore di una decrescita felice all’insegna della convivialità – per dedicarsi ai terreni di famiglia e condividerli con la comunità locale. Ospiti dell’iniziativa, come detto molto partecipata, sono stati Marco Omizzolo, sociologo e giornalista nominato Cavaliere della Repubblica Italiana dal presidente Mattarella per i suoi meriti nella lotta alle agromafie, il vulcanico Gianni Fabbris di Altragricoltura e dell’Alleanza per la Sovranità alimentare, attivista e sindacalista tra i più impegnati nella difesa dei diritti dei contadini e, dulcis in fundo, Stefania Barca, ricercatrice in ecologia politica femminista presso l’Università di Coimbra, in Portogallo, nonché instancabile attivista in difesa dei diritti delle donne.
Durante il lungo e appassionato incontro si è parlato dell’attività criminale nel settore, finalizzata principalmente al riciclaggio di denaro sporco ma tesa a integrarsi con altri tipi di attività illecite, come appunto il caporalato o il controllo del trasporto su gomma. Di come l’esercizio del potere sull’intera filiera si traduca in bassi compensi per gli agricoltori e in prezzi finali molto alti per i consumatori: di come le agromafie alimentino i propri interessi anche nella gestione dei principali mercati ortofrutticoli italiani, da Fondi a Milano, e infine di come l’imposizione di prodotti alimentari nella grande distribuzione sia diventata una prassi.
Nel corso del suo intervento, Omizzolo, autore del libro intitolato “Sotto padrone. Uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana”, ha sottolineato l’importanza dell’osservazione, valore che lo ha portato a vivere e lavorare per un anno e mezzo insieme alla comunità indiana (Sikh) dell’agro pontino, suo territorio natio e di lavoro ma non l’unico vittima di agromafia, anzi: “Il problema è esteso a tutta Italia, tant’è che ogni anno finiscono nelle tasche di padroni, padrini, intermediari, trafficanti e caporali circa venticinque miliardi di euro e cioè quasi la stessa cifra di una finanziaria del governo”. Una piaga economica e prima ancora umana e sociale, che vessa e costringe i lavoratori, i braccianti, ad accettare condizioni disumane di quasi schiavitù: 14 ore al giorno di lavoro sottopagato, ovviamente senza tutele, due pause da 10 minuti e tutto questo ogni giorno di ogni mese dell’anno, con in più l’obbligo di quello che, in tempi di Covid, possiamo definire un distanziamento “colonico”, ossia rimanere sempre a qualche passo di distanza dal padrone.
Dall’osservazione del fenomeno, Omizzolo ha colto la necessità di costruire un nuovo modello che abbia come faro il coraggio, indispensabile, della pubblica denuncia: partendo dalle riflessioni di Paulo Freire, pedagogista brasiliano autore del noto volume “La pedagogia degli oppressi”, anche Omizzolo teorizza e soprattutto auspica un’azione dialogica basata sulla collaborazione, la distribuzione delle informazioni, l’unione, l’organizzazione e infine la sintesi culturale secondo l’educazione problematizzante, tutto questo al fine contrastare l’azione oppressiva e antidialogica posta in essere dagli oppressori. Non a caso anche domani la comunità degli oppressi scenderà in piazza, a Latina, per uno sciopero unitario dei braccianti agricoli. Quella a cui tende Omizzolo, sostenuto anche da Fabbris che lo ha sottolineato nel corso del suo intervento, è una nuova alleanza sociale di cui, per fortuna, si sente già il profumo nell’aria: “Bisogna offrire soluzioni e modelli alternativi (al caporalato che diventa padronato) per trovare soluzioni a un problema di sistema fondato sullo sfruttamento”, aggiunge infatti l’autore di “Sotto padrone”.
“Oggi l’attenzione è tutta spostata sul fattore economico, mentre cibo e terra dovrebbero essere beni comuni” – gli fa eco Stefania Barca – “anche per combattere razzismo e sessismo”. A tal fine il racconto della verità diventa un atto d’amore per il territorio, per la terra che deve essere liberata e restituita a chi la lavora: per farlo, appunto, non basta solo denunciare ma bisogna lavorare insieme e costruire delle alternative, “anche per rifondare la rappresentanza”, sottolinea Fabbris con veemenza.
Dal dibattito emerge che la democrazia è ormai merce rara e per questo va difesa: “Io mi ribello, dunque esisto. Nel nome dell’umanità”, le parole di Albert Camus che diventano anche slogan necessario ma da custodire al riparo da ogni tentazione puramente markettara.
“Serve un’azione pedagogica” – il messaggio finale lanciato da Gianni Fabbris di Altragricoltura – “bisogna sostanzialmente rieducare la società e tendere all’obiettivo di produrre e vendere un pomodoro insieme ai diritti fondamentali”.