Nelle città visibili manca la passione, quella dimensione educativa che spinge ad occuparsi degli altri, a gustarne le cose belle, a partecipare delle cose dolorose e, infine, a sortire insieme dei problemi civili. Nelle città invisibili invece la passione, questo tipo di passione, è assai comune e la si percepisce quotidianamente in una serie di casi, episodi, esperienze, conversazioni.
Ne volete degli esempi? Ne scelgo qualcuno.
Primo esempio: la politica come passione. I politici decidono, nelle città invisibili, di fare il possibile per migliorare il piccolo mondo che gli sta intorno e, per fare questo, mettono nel conto che nell’arco di pochi mesi, sei al massimo, saranno mandati a casa dagli elettori. Eppure agiscono lo stesso; contro ogni sano ragionamento, solo per passione, eccola: la passione. Si mettono in testa che le decisioni da prendere, forse non saranno accolte subito come risolutive, ma le prendono lo stesso, perché sono uomini e donne con la vista lunga, non hanno bisogno degli occhiali, possiedono una visione, forte e splendente del futuro prossimo, e sanno che di fronte ad essa la loro vita di prestigio non conta. Non chiedono di sedersi ai primi posti, né di avere tavoli da conversazione per i talk più famosi, hanno partner dignitosi e riservati, che li prendono a schiaffi se vengono trascinati su un prato a sbaciucchiarsi o su una spiaggia a bere qualcosa al ritmo di musica e passano tutto il tempo a disposizione nel silenzio operativo dell’impegno.
Poniamo che i politici delle città invisibili decidano di aprire isole pedonali e di chiudere al traffico realmente il Centro e qualche periferia oppure pensano sia venuto il momento di cambiare radicalmente la cura delle scuole e non solo dal punto di vista della sicurezza, ma da quello di una gestione progettuale a lungo termine che offra servizi alla sete di conoscenza, anche se i genitori e forse gli stessi insegnanti, non la sentono questa sete, perché ormai i rubinetti sono a secco e di acqua, a furia di non chiederla, ne hanno persa la memoria.
Poniamo che fondino biblioteche in ogni quartiere, salette video per film a loro misura, piccoli spazi – agorà dove si possa discutere. Andrebbero bene anche spazi per il movimento, qualche piccola pista ciclabile. E a chi dice che discutere o leggere non serve a niente rispondono con un ironico sorriso e vanno avanti. Poniamo tutte queste cose e vediamo ciò che accade.
Secondo esempio: il rispetto a piccoli passi. Nelle città invisibili le automobili non stanno mai sui marciapiedi e quando passa qualche persona disabile o qualche mamma con il bambino in carrozzina non si sentono arroganti grida di spostarsi. In queste città si cresce se si è rispettati e nessuno ha da ridire se gli spazi servono ad incontrarsi. La passione per far posto alla gentilezza non si ferma davanti agli arroganti, né davanti agli stupidi, anche se fra di essi ci sono persone importanti che tendono inesorabilmente a moltiplicarsi.
Riuscire a tirarsi su quando si assiste ai soprusi e nello stesso tempo non piegarsi alle mille illegalità quotidiane; ricominciare daccapo ad informare, a spiegare ciò che è complesso senza banalizzarlo, né umiliarlo nelle formule degli slogan; trattare i bambini come persone invece che come potenziali consumatori, senza abbandonarli al disorientamento e alla incapacità di offrire loro delle regole; resistere a chi fa della prepotenza una medaglia da appuntarsi ogni mattina, sono le doti degli appassionati, che campano pochi mesi, forse qualche anno, ma brillano a lungo sul cammino della storia.