Il linciaggio mediatico della Bindi e l’autolesionismo partenopeo

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Anziano che si bea tra la monnezza (fonte internet)

«Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia»                    Giovanni Falcone

Dire che la camorra è “un dato costitutivo di questa società, di questa città, di questa regione” vuol dire attestare l’immanenza della delinquenza organizzata nella capitale partenopea. Dire questo significa scoperchiare una pentola di ipocrisia troppo a lungo mantenuta coperta e sotto pressione. Ma è tanto difficile per un napoletano ammettere che la propria città è stata da sempre in preda della camorra e sotto tutte le sue sfaccettature?

Certo, esistono anche tante realtà positive, che lottano con le armi della legalità e dell’esempio virtuoso, nessuno lo nega, ed è giusto metterle in risalto ma proprio perché esiste il suo opposto è evidente che il problema c’è e va affrontato, senza generalizzazioni ma anche senza la sciovinistica cecità che caratterizza questo dibattito. Non di certo come fa il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che sostenendo che “La cultura, la storia, il teatro, l’umanità sono l’elemento costitutivo della città di Napoli, della Regione Campania e del Mezzogiorno.” rivangando un dato di fatto importante ma stantio, nega le problematiche quotidiane della sua città e dei suoi cittadini che lottano contro mafia e mafiosità nella quasi totale assenza dello stato in tutte le sue declinazioni. Il giorno prima della dichiarazione del primo cittadino (14/09/2015), nel quartiere Mercato, i tecnici incaricati dell’istallazione dei parchimetri, venivano assaliti dai parcheggiatori abusivi che vedevano insediato il loro dominio su quella parte del territorio. È questo solo un esempio di quelle tante iatture che percuotono la città e il suo territorio, ma è giusto coprirle con un pericoloso e malriposto ottimismo?

Sostenere che Napoli sia solo cultura e storia è la classica mezza verità sulla quale puoi costruire le migliori fortune populistiche e, in prossimità di una nuova campagna elettorale, tutto fa brodo così come l’annunciato e inutile “restyling” del Lungomare. Ma ciò che si evince dal contesto scaturito dalle dichiarazioni della Rosy Bindi è quanto di più becero e ipocrita si potesse vedere e sentire all’ombra del Vesuvio; le reti sociali hanno in massa diffuso le false affermazioni della presidentessa della Commissione Antimafia, la quale avrebbe detto che la camorra è nel DNA dei napoletani. Tale frase, molto probabilmente estrapolata maliziosamente da un intervista del Procuratore Giovanni Colangelo in risposta alla Bindi, le è stata affibbiata senza troppe analisi e soprattutto senza riscontro alcuno e questo sia da quei giornaletti in cerca di facili clic, sia da chi in regime di Arcore ironizzava sulla poca avvenenza dell’esponente del PD. Non varrebbe neanche la pena sottolineare la grande differenza tra le due affermazioni poiché la predestinazione genetica è un qualcosa di fisiologico ed inevitabile mentre il dire che la camorra sia costitutiva della storia napoletana è un dato di fatto storico e sociale, reale ma non irreversibile e solo con la sua accettazione si potrà combattere la nostra peggiore sciagura.

Gli stessi che deprecavano l’atteggiamento e le dichiarazioni dell’omino buffo, ora, in una coalizione mista di grillini, sinistrorsi e neoborbonici, li riutilizzano ancora verso la stessa persona, lapidandola con le più insulse, volgari e inutili parole che mente umana possa immaginare e reiterando l’ormai classico “più bella che intelligente”. Forse la Bindi paga la sua poca avvenenza, non rientrando nell’omologazione fisica delle soubrette da parlamento (ma cosa si pretende da una donna di 64 anni? E poi, perché il pensiero deve essere avvenente per essere anche femminile?!); ma forse paga ancor di più l’aver messo in luce un concetto che nessuno vuol più condividere, perché nessuno vuole ammettere che a Napoli esiste ancora la camorra ed è questa fortemente e storicamente radicata nel tessuto sociale e culturale cittadino. E non facciamo riferimento solo a ciò che è cronaca nera, là dove, col calar delle tenebre la città diviene invivibile e dove in taluni quartieri cala una sorta di coprifuoco, con bande di ragazzini che scorrazzano armi in pugno, seminando il panico e talvolta la morte. La mafiosità appartiene a tutti noi, dal singolo parcheggiatore abusivo fino al primo dei colletti bianchi; dal semplice cittadino all’amministratore; dal vigile che fa finta di non vedere a chi si appropria del suolo pubblico o parcheggia dove vuole; da chi pensa che tanto lo fanno tutti e quindi lo posso fare pure io a chi butta per strada i suoi rifiuti. Certo mi si dirà che questo accade anche altrove ma dove, in un paese civile, questo è normalità?

Ma c’è un’altra cosa da notare, non esiste più la verifica delle notizie; che lo facciano De Magistris e De Luca per attaccare la Bindi, si rientra nella logica dell’opportunismo politico e in quella delle correnti e dei loro accordi preelettorali; là dove De Magistris ritira il suo uomo Daniele, agevolando così l’ascesa elettorale dell’ex sindaco di Salerno il quale a sua volta si è tolto il sassolino dalla scarpa nei confronti di chi lo aveva posto tra gli impresentabili alle scorse Regionali; ma che ci caschi tutta l’opinione pubblica e la si propaghi come verità assoluta e la si proponga in quella salsa falso identitaria alle personalità di turno come Patriciello e Saviano (il quale ha subito dubitato sulla veridicità delle affermazioni in questione leggi), per rafforzare la bufala e renderli complici del luogo comune, questo non è umano ma diabolico.

Il rischio è che, come ogni amministratore fa, anche De Magistris darà l’impressione che tutto vada per il meglio sotto la propria legislatura, tutto va bene, contrariamente a quando si era all’opposizione o quando si era in campagna elettorale, dall’altra parte della barricata, i tifosi e i faziosi faranno il resto, lapidando Rosy Bindi con le pietre della loro ipocrisia.

Le ragioni della Bindi

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