“Danno all’immagine dei più deboli”: il sindaco vieta le riprese di Gomorra nella Scampia di Afragola.

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Tuccillo ( Pd ) rimanda a casa la troupe della serie televisiva di Sky: cineprese vietate nel rione Salicelle.  “ No agli stereotipi ”, spiega il primo cittadino. La sottile linea rossa tra libertà d’espressione e censura.                   

Il sindaco di Afragola ha vietato le riprese della fiction Gomorra nel degradato rione ghetto delle Salicelle: polemiche inevitabili, ovviamente. Ma la decisione del primo cittadino nasconde ragioni complesse.  Innanzitutto perché c’è da premettere una cosa: Tuccillo, di centrosinistra ( ma questo non gli dà la patente di nulla ), da quando ha conquistato la guida del comune ha sempre tentato di fare qualcosa contro la camorra e ogni sorta di illegalità. Certo, i risultati finora non saranno stati di quelli “storici”, “indimenticabili”.

Lui però almeno qualcosa, ed è doveroso ribadirlo, lo ha fatto e  sta tentando di farlo, tuttora. Magari non in modo radicale e, a volte, plateale, cioè, per intenderci, alla Luisa Bossa, l’ex sindaca “vulcanica” di Ercolano. Del resto non è mai stato nelle corde di Tuccillo usare il piglio dello sceriffo. Quello suo è lo stile di uomo naturalmente pacato, riflessivo, diplomatico. Però bisogna ribadirlo: con lui una piccola svolta in chiave antimafia c’è stata nel paesone di quasi 70mila abitanti a nord di Napoli, da decenni nella mani di uno dei più potenti clan mafiosi della provincia, il clan Moccia.  Un’organizzazione che ha goduto per tanto tempo anche di intrecci familiari e amicali con il mondo della torbida e infiltrata politica campana. Dunque, il no alla produzione che per conto di Sky sta realizzando la fortunata serie televisiva non viene da un amministratore locale che ha voglia di nascondere ciò che peraltro nascondere non si può. Anche perché la camorra e la criminalità di tutte le specie le puoi respirare in tutto il loro fetore ad Afragola come nell’intera area metropolitana di Napoli. “ Dico no alle riprese di Gomorra nel quartiere Salicelle –  spiega intanto  Tuccillo –  perché si tratta di un quartiere difficile, attraversato già da una profonda sofferenza sociale e vittima di uno stereotipo già diffuso e veicolato dai mass media ”. Ieri la produzione della serie tv, alla sua seconda stagione,   dopo aver ottenuto dalla parrocchia di San Michele Arcangelo il permesso di girare, alcune scene nella chiesa, ha dovuto quindi abbandonare il rione, popolato da centinaia di famiglie povere ficcate in quell’alveare indecente dalla politica che dominava e gestiva la famigerata “ricostruzione” del dopo terremoto .

“ Ma la spettacolarizzazione della fiction – conferma il sindaco – accentuerebbe inevitabilmente questo stereotipo e vanificherebbe il lavoro di riscatto in cui sono impegnati tanti cittadini, associazioni e quest’amministrazione. Tutto questo sarebbe profondamente ingiusto. Per cui, pur apprezzando la fiction, i contenuti e la narrazione che essa veicola, io dico no a Gomorra ad Afragola e nel quartiere Salicelle. Per tutelare da primo cittadino l’immagine e le persone della mia città e di quel quartiere ”. C’è però anche un po’ di difesa dell’ indifendibile da parte del primo cittadino afragolese. E si. Perché, ragionando secondo parametri puramente artistici, se si fosse sempre seguito il suo ragionamento allora il neorealismo italiano non sarebbe mai esistito. Maestri del calibro di Rossellini, De Sica e Germi si sarebbero dovuti accontentare degli edulcorati set di Cinecittà per le loro opere. Che grandissime si sono poi rivelate grazie proprio alla capacità di girare nei luoghi e tra le persone della vita vera, della reale sofferenza umana. E probabilmente con sindaci come Tuccillo anche il filone che ha ripreso negli anni Duemila l’esempio dei nostri grandi cineasti non sarebbe mai nato. Un super film come il vero e proprio “Gomorra”, quello di Matteo Garrone, e non il suo discutibile “surrogato” Sky, non sarebbe mai stato girato e con esso non sarebbe nemmeno stata veicolata al meglio la drammatica testimonianza di vita dello scrittore Roberto Saviano, dalla cui penna è tratta l’opera del regista romano. Il tema, quindi, è di quelli davvero complessi, che scorrono sulla sottile linea rossa del confine tra libertà e censura.