E’ antica tradizione che la chiesa sia stata costruita sui resti di un tempio pagano, consacrato forse a Castore e a Polluce. La presenza dei Longobardi, promotori del culto di San Michele. Le “visite” dei vescovi nolani: nella relazione sulla “visita” di Lancellotti (1615) c’è l’elenco delle reliquie conservate nella chiesa. Le processioni dell’ 8 maggio e del 29 settembre. Nel 1691 San Michele diventa uno dei “patroni” di Napoli e durante la processione che celebra il nuovo protettore della città Giuseppe I Medici ha l’onore di portare lo stendardo.
Si narra che la chiesa sia stata costruita sui resti di un tempio pagano, consacrato forse a Castore e a Polluce e di una chiesa altomedievale: Adolfo Ranieri, il primo storico di Ottajano, ne individuò le ultime tracce nei medaglioni a figure classiche degli ipogei. Il mistero sarebbe risolto, se fosse possibile consultare l’elenco delle “reliquie archeologiche” che i Medici conservavano nel Palazzo ancora nei primi anni dell’’800. Ma è assai probabile che i Longobardi abbiano costruito una cappella e l’abbiano dedicata a San Michele nell’area del “castrum”, del luogo fortificato che poi divenne il Palazzo. Le cronache spiegano che tra i secc. XIII e XIV il “castrum” di Ottajano aveva una rilevante importanza strategica nel controllo della pianura nolana. Nel 1561 il Vescovo Scarampo trova la chiesa in condizioni indecenti e minaccia di sospendere a divinis il primicerio, don Paolo De Matteo. Nel 1586 la “ nova fabrica ” della Chiesa prende forma e incorpora la “diruta” cappella di San Giacomo: Remondini legge di corsa le carte della “visita” e scrive che prima che a San Michele la Chiesa era dedicata a San Giacomo: l’errore mette radici, e son radici così tenaci che nemmeno Adolfo Ranieri riesce a estirparle. Nel 1615 il vescovo Lancellotti trova completata la cappella del Corpo di Cristo, che è ricchissima: ha diritto a un quarto della multa che i “ catapani ” infliggono ai venditori di pesce disonesti, e amministra, attraverso una confraternita di laici, l’” hospitale ” di Ottajano. Ricevono il placet del vescovo anche le cappelle di San Giacomo e di san Nicola, di Santa Maria degli Angeli, di Sant’Ambrogio e di San Leone, di Santa Maria del Carmelo, di Santa Lucia, di Santa Maria della Consolazione, di Santa Maria di Loreto, di Sant’Antonio da Vienna, di Santa Maria delle Grazie. “ Diruta ” è la cappella di Sant’Antonio da Padova, spoglia quella di Sant’Andrea. Al centro della cappella di San Felice troneggiava il busto del Santo “ di legno e sopra indorato ”, e i “Maestri” della confraternita che alla cappella si appoggiava, Santolo Nappo e Felice D’ Avino, amministravano anche quella del SS. Presepe, “ in nova fabrica ”. Il vescovo Lancellotti ordinò al primicerio G.B. Mazza di togliere dal tabernacolo del SS. Sacramento i reliquiari con le preziose reliquie di “San Pietro, San Paolo, San Giorgio, San Nicola, San Lorenzo e San Sebastiano”. Il 15 aprile 1663 l’assemblea dei deputati e dei cittadini approvò la proposta degli “eletti” Didaco Bifulco, Baldassarre de Lugo, Carlo dell’ Annunziata e Matteo Finelli di consacrare a San Michele Arcangelo, “ particulare Protettore ” di Ottajano l’ 8 maggio: il Principe comunicò il suo assenso attraverso il governatore Lelio Barone. Almeno fino alla fine dell’’800 San Michele continuò a uscire in processione anche il 29 settembre, ma questa seconda uscita non pare fosse canonica come la prima. Il 31 luglio 1873 il sindaco Giuseppe Bifulco trasmise al Sottoprefetto l’elenco ufficiale delle feste religiose ottajanesi “ con processioni e fuochi artificiali ”. Erano undici, tutte di “ antica consuetudine ”, ma solo due “ sfarzose ”, tali da provocare “ un concorso ingente di folla ”: la festa patronale dell’ 8 maggio e la festa della Santa Croce: il Sindaco, che era anche sacerdote, non inserì nell’elenco la processione del 29 settembre. Nel 1668 il flagello dei “ muroli et campe ”, insetti di insaziabile voracità, devastò ancora una volta vigne e frutteti, e ancora una volta la Chiesa scomodò la Bibbia, Mosè, l’ Egitto, e i missionari. Tennero missione a Ottajano tre gesuiti, i padri Ignazio, Carlo Marchese e Tommaso Auriemma, i quali per otto giorni nella Chiesa di San Michele predicarono, confessarono e comunicarono le turbe dei peccatori, persuadendoli che la grazia di Dio avrebbe estirpato i peccati dalle anime e i voraci animaletti dalle piante. Quell’anno la processione si celebrò a missione conclusa, il 12 giugno, “ con musiche e sparatorie artificiali con concorso grande dei forastieri ”. Nella fama delle genti il culto di san Michele, la città di Ottajano e la famiglia dei feudatari si strinsero in un nodo tenace. Il 20 maggio 1691 la città di Napoli, sciogliendo il voto fatto durante il devastante terremoto del 5 giugno 1688, aggiunse ai suoi molti patroni anche San Michele e celebrò con una fastosa processione “ il possesso della padronanza ”. I Gesuiti prestarono la statua e la confraternita di “ San Michele dei 72 sacerdoti ” si impegnò a fornire, l’anno seguente, una statua d’argento sul modello già preparato da Giandomenico Vinaccia: l’onore di portare lo stendardo, al centro di un corteo di 18 fanciulli vestiti da angeli e di 110 cavalieri muniti di torce, toccò a Giuseppe I Medici.