Terminato il lungo calvario giudiziario a cui sono state sottoposte la deputata del Movimento Cinque Stelle e la vicepresidente del PD metropolitano
Una era stata messa sotto processo per diffamazione nonostante non avesse pronunciato la frase incriminata. L’altra era finita alla sbarra con la stessa accusa per aver riferito in consiglio comunale fatti verificati, peraltro poi accertati dall’Anac, l’Autorità di vigilanza anticorruzione. E ora più che di una vittoria giudiziaria ha il sapore di una vittoria sul piano personale e politico la sentenza di assoluzione, perché il fatto non sussiste, per la deputata del Movimento Cinque Stelle Carmela Auriemma e per la vicepresidente del Partito Democratico di Napoli e dell’area metropolitana, Paola Montesarchio. La magistratura quattro anni fa rinviò entrambe a giudizio (il pubblico ministero di Nola Artuto De Stefano emanò a carico delle due esponenti politiche – all’epoca dei fatti erano consigliere comunali – un decreto di citazione diretta a giudizio) con l’accusa di aver diffamato la ex segretaria generale del Comune, Maria Piscopo, dirigente dell’allora sindaco Raffaele Lettieri, oggi presidente dell’assemblea cittadina.
Il Fatto
Durante il consiglio comunale del 4 giugno 2018 Paola Montesarchio definì “anomalo” il conferimento di una lunga serie di deleghe alla segretaria comunale da parte del sindaco: gestione giuridica del personale, affari giuridico-legali, relazioni sindacali, formazione del personale, raccolta differenziata, nettezza urbana, riqualificazione urbana, sportello unico delle attività produttive, imprese sociali e, dulcis in fundo, l’ambiente, settore chiave per una delle città simbolo della Terra dei Fuochi. In pratica tanta parte dell’attività del Comune era nelle mani della ex dirigente, poi andata via da Acerra di recente. Carmela Auriemma invece, pur avendo anche lei espresso critiche nei riguardi di questa situazione, non pronunciò il giudizio negativo per il quale sia lei che la Montesarchio dovettero subire il processo.
Il Processo
Processo che, è bene ripeterlo, si è concluso giovedi scorso con una sentenza di assoluzione piena perché il fatto non sussiste. In sostanza il giudice ha stabilito quello che era sotto gli occhi di tutti già cinque anni fa e cioè che Paola Montesarchio non aveva fatto nient’altro che svolgere la sua funzione costituzionale di consigliere comunale mentre Carmela Auriemma, anche lei nella sua posizione di consigliere d’opposizione, era stata imputata per una frase che non aveva proprio detto, vale a dire il giudizio del “conferimento anomalo” di deleghe comunali che costituiva la sostanziale accusa della querela avanzata da Maria Piscopo.
I Commenti
“La cosa più assurda – ribadisce Carmela Auriemma – era la mia posizione per una frase che non avevo detto io ma Paola Montesarchio, per la quale peraltro il giudice ha sentenziato l’inesistenza del reato di cui era stata ingiustamente accusata”. “Il mio avvocato – aggiunge Auriemma – in prima udienza invocò l’articolo 129 del codice di procedura penale ma su questo il pubblico ministero non ha mai risposto. Alla fine però è successo che giovedi si doveva ascoltare solo la Piscopo, che non si è presentata per legittimo impedimento. A quel punto ho chiesto di essere sentita per sommarie informazioni e ho fatto verbalizzare che rinunciavo alla prescrizione e che in ogni caso ribadivo che questo processo io l’ho subito per una frase che non ho detto, frase che comunque rientrava pienamente nel diritto di libertà di critica dei consiglieri comunali”. Inoltre nel 2020, cioè dopo il rinvio a giudizio, l’Anac stabilì che Maria Piscopo non poteva avere tutte quelle deleghe conferite dal sindaco. “Giovedi quindi il giudice ha preso atto di tutto questo facendo estinguere il processo sul nascere – racconta ancora Auriemma – ha immediatamente proceduto ai sensi dell’articolo 129 assolvendo perché il fatto non sussiste”. La parlamentare sta valutando l’opportunità di avanzare una richiesta di risarcimento del danno subito. “Vorrei capire – si chiede la deputata – perché sono stata processata per quattro anni per una frase che non ho mai detto. Per questo ho ritenuto opportuno innanzitutto dire che rinunciavo alla prescrizione del reato e che sono stata processata per una frase che non ho detto, tra l’altro durante lo svolgimento della mia funzione costituzionale. Bisogna infatti ricordare che nel 2018 io ero presidente della commissione di vigilanza del Comune. Ma il fatto che ritengo più grave è stata l’assenza nell’aula del tribunale, giovedi, del mondo politico cittadino”. “Non posso che esprimere la mia soddisfazione per l’assoluzione – commenta infine Paola Montesarchio – è stato un processo snervante e doloroso, soprattutto perché sono un avvocato. Comunque non sono mai riusciti a chiudermi la bocca e ho continuato a fare il mio lavoro al servizio della città. Certo, il processo mi ha segnato. Valuterò una richiesta di risarcimento ma nel frattempo ringrazio il legale che mi assistito, l’avvocato Giuseppe Montanile”.