L’arresto di Pietro D’Agostino, 62 anni, per estorsione e minacce ai danni di due piccoli imprenditori di Pomigliano D’Arco mette in evidenza il fatto che anche nella tanto sponsorizzata “isola felice” dell’hinterland a oriente di Napoli persistano invece tuttora preoccupanti fenomeni di criminalità organizzata non solo legata al “semplice” spaccio di stupefacenti in mezzo alla strada. D’Agostino era già sottoposto al regime della semilibertà quando l’altro ieri i carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna, diretti dal capitano Tommaso Angelone, lo hanno arrestato di nuovo e portato nel carcere di Secondigliano su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Con lui è finito in galera anche un uomo più giovane, 36 anni, anch’egli di Pomigliano. Ma il personaggio di spicco che emerge da quest’ultima vicenda è proprio Pietro D’Agostino, fratello di una famiglia nota all’antimafia da decenni, la famiglia dei “cavallari”, soprannominata in questo modo perché in possesso di una macelleria equina sulla trafficata via Roma. Una famiglia, sempre secondo quanto affermano da tempo gli inquirenti, che domina l’area del “Ponte” di Pomigliano ormai da una vita, vale a dire la zona a occidente della città delle fabbriche, quella che dà verso le vicine Casalnuovo, Volla, Arpino di Casoria e poi, qualche chilometro più avanti, verso i quartieri napoletani di Poggioreale e di Ponticelli. L’esponente di spicco di questo gruppo (sono quattro fratelli, uno dei quali vivendo lontano dalla Campania non sarebbe coinvolto in nessuna inchiesta) è accusato di aver strappato a suon di minacce duemila euro a due piccoli imprenditori della città, un grossista di cosmetici e il titolare di una ditta trasporti. I duemila euro sarebbero stati chiesti e ottenuti da una delle due vittime come rata di una richiesta estorsiva ben più esosa. Il fatto si sarebbe consumato nel periodo immediatamente precedente al natale del 2017. Al momento di compiere l’estorsione il 36enne arrestato l’altro ieri era libero ma con precedenti per furto e reati analoghi mentre Pietro D’Agostino era appunto in regime di semilibertà per altri reati. Sempre stando all’indagine, quando il “cavallaro” si è presentato alle sue due vittime avrebbe intimato loro di consegnare il danaro a nome degli “amici di Secondigliano”. Un possibile collegamento con la camorra dei quartieri a nord di Napoli ? << E’ troppo presto per trarre conclusioni – spiegano gli investigatori – i gruppi pomiglianesi sono comunque in grado di compiere azioni criminali in totale autonomia o in collegamento con altri clan >>. In ogni caso il fenomeno delle estorsioni a Pomigliano negli ultimi mesi si sarebbe ridimensionato. << Ma – avvertono i carabinieri – il periodo “caldo” sta per arrivare, cioè il periodo natalizio >>. Il problema di fondo è sempre lo stesso: le denunce sono poche. Nel caso di questi ultimi due arresti c’è stata però la collaborazione di tutti, commercianti compresi. << Si – racconta Salvatore Cantone, presidente dell’associazione antiracket Domenico Noviello-Pomigliano per la legalità – qualche piccolo miglioramento c’è stato ma le istituzioni e la società civile non devono voltare la faccia: bisogna denunciare >>. Denunciare e avere il coraggio di dire la verità, di dire le cose come stanno. Un impegno che qui come altrove dovrebbe coinvolgere tutti ma che sembra essere costantemente rimosso. << A Pomigliano ci sono fenomeni di racket ma c’è anche tanta usura >>, aggiunge Salvatore Cantone, che come presidente dell’associazione Pomigliano per la Legalità sta seguendo quindici casi relativi alla città di Pomigliano ma anche ad altri comuni dell’hinterland. Da queste parti altre situazioni a forte rischio riguardano i territori di Acerra, Casalnuovo, Castello di Cisterna, Mariglianella e Brusciano, dove gli intrecci tra colletti bianchi e criminalità organizzata sono cosa ormai consolidata da tempo immemore.
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