Somma Vesuviana/ scuola di via De Matha, il dietrofront di Esposito: nel 2019 inneggiava a grandi risultati, oggi propone la demolizione
Il modello di Rossi, che a Somma Vesuviana ha progettato anche l’edificio di via Trentola, era la diversità o meglio, la bio – diversità. L’architetto, vincitore di premi di prestigio in Italia e all’estero, tuonava contro i palazzinari, contro chi progettava “scatole” e non edifici. Tant’è, diceva ai suoi studenti: «Rompete le scatole, sempre”, in tutti i sensi. Scomparso nel 2018, la sua visione dell’architettura è definita utopista: immaginava gli edifici come una protesi della natura, perfettamente integrati con l’ambiente. Suo è il progetto della scuola di via De Matha, costruita negli anni ’80 e che ora si vorrebbe demolire (la proposta in giunta è dell’architetto Salvatore Esposito, assessore all’edilizia scolastica) per intercettare fondi ministeriali e ricostruirla ex novo. Forse a mò di «scatole moderne». Ad insorgere contro questa ipotesi, negli ultimi giorni, il consigliere Salvatore Rianna, seguito a ruota dal consigliere Vincenzo Piscitelli, dall’associazione Architetti ed Ingegneri, dal collettivo Tramandars, da Fratelli d’Italia e da una moltitudine di cittadini sui social.
C’è una scuola dell’infanzia, in via Giovanni De Matha, il cui progetto porta la firma di un notissimo architetto, Aldo Loris Rossi, «progettista di utopie», premiato per la «Casa del Portuale» di Napoli. Ma sua è anche la sede della Fiat Novoli a Firenze, il complesso parrocchiale di Santa Maria della Libera a Portici, la stazione di Moregine a Castellammare di Stabia, il complesso residenziale Piazza Grande ai Ponti Rossi. L’archistar, precursore di una moderna visione del rapporto uomo – natura, è scomparso nel 2018, lo stesso anno in cui, a Somma Vesuviana, nella scuola di via De Matha, si mette mano ai lavori di pavimentazione. Passa un anno e, a fine 2019, ancora una volta l’amministrazione tuttora in carica, per non farsi sfuggire un finanziamento, avvia i lavori poco prima dell’inizio dell’anno scolastico, rifacendo i bagni e, per buona misura, imbiancando i muri. Ed è novembre 2019 quando il sindaco Di Sarno, insieme all’allora assessore all’edilizia scolastica, accompagnato dal consigliere comunale che al momento detiene la delega, organizza un’inaugurazione con tanto di taglio del nastro e brindisi, per festeggiare la fine dei lavori. Circa duecentomila euro di lavori, giubilo e una serie di note stampa entusiaste abbinate a commenti sui social: «Quando le sinergie giuste si uniscono i risultati non possono che essere eccellenti», è appunto il commento dell’attuale assessore, all’epoca consigliere, Salvatore Esposito, rispetto ai lavori di via De Matha. Ma il 20 maggio scorso, la giunta delibera l’approvazione del progetto che prevede la demolizione della scuola e la sua ricostruzione. Il proponente è appunto l’architetto Esposito, assessore all’edilizia scolastica. Nella delibera si fa cenno a diverse criticità, ad interventi necessari che «presentano alcune problematiche che pregiudicano l’agibilità dell’edificio», si addiviene alla cifra necessaria (tre milioni di euro circa) che, nelle intenzioni, dovrebbero essere finanziati attraverso l’avviso pubblico per progetti relativi ad opere pubbliche di proprietà dei comuni destinate ad asilo nido e scuole dell’infanzia, con scadenza per i termini di presentazione della domanda il 21 maggio , ossia il giorno dopo la deliberazione. Dopodiché, una vera e propria insurrezione popolare contro l’ipotesi di demolire un edificio costruito negli anni ’80 e che porta la firma di un architetto dal nome stimato nel panorama nazionale ed internazionale, per lunghi anni docente di progettazione architettonica alla Federico II, accademico emerito, vincitore di concorsi di prestigio, che tuonava contro chi costruiva palazzi a mo’ di «scatole» e mai asservito alla partitocrazia, che si vantava di non aver mai ceduto al compromesso per un incarico lottizzato, insomma un pezzo di storia. Il primo a insorgere è stato il consigliere di opposizione Salvatore Rianna, con un video sui social in cui stigmatizza l’assenza di programmazione in merito all’edilizia scolastica del territorio: «Non ci si può adeguare ai finanziamenti, ma intercettarli secondo un piano preciso, quella scuola non va demolita, anzi dovremmo farvi apporre una targa e onorarci di avere a Somma Vesuviana un’opera dell’architetto Loris Rossi, con quest’ultima vicenda aspetto che qualcuno ci dica che siamo su “Scherzi a parte”», proponendo poi una giornata di studi o un convegno incentrato sulla figura dell’architetto. Poco dopo, l’associazione «Ingegneri ed Architetti», intervenendo con una nota, ha definito l’idea della demolizione «una scelta scellerata», annunciando che si attiverà perché la scuola sia riconosciuta quale «opera di architettura contemporanea» e augurandosi che l’amministrazione comunale riconsideri la cosa nonché che i tecnici coinvolti propongano soluzioni alternative e ci va per giunta pesante, l’associazione: «In primis il dirigente della posizione organizzativa n. 4, l’architetto Giuseppe Rossi che condivide, con il progettista, “solo” il cognome». A seguire, il collettivo «Tramandars», il consigliere Vincenzo Piscitelli, il coordinatore di Fratelli d’Italia e tanti altri pezzi di politica e società in un unico coro: «Quella scuola non va demolita». Ciò che salta più agli occhi in tutta questa vicenda è il cambio di rotta. Nel 2017 si parla di bimbi orgogliosi della loro scuola, una circostanza fatta notare dal sindaco Di Sarno sui social con tanto di fotografie che lo ritraggono, a scuola, abbracciato ai bimbi. Nel 2018 si rifanno i pavimenti, nel 2019 si diffondono, dopo i lavori di rifacimento dei bagni e la pitturazione dei muri, fotografie e video che mostrano una scuola modello, si diffondono comunicati stampa parlando di grande lavoro di squadra, di risultati eccellenti, la si fa passare per una scuola modello e poi, lo stesso consigliere di allora che ne esalta i risultati, propone in giunta, oggi da assessore, la demolizione. Nel corpo della delibera si evidenziano tante e tali di quelle criticità che viene da chiedersi, laddove non ci fosse stata la pandemia, quella scuola avrebbe retto? Ed è tuttora idonea ad ospitare i bimbi? E se non lo è come mai sono stati spesi tanti soldi negli anni? Si sta cercando una motivazione per farla ritenere inidonea? E nel caso dove andranno a scuola i bambini?