UN GIOVANE NATALE

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Nella fretta di questi giorni, impariamo dai giovani: lasciamoci affascinare dalla strada nuova e aiutiamoli a scansare le superficialità.

In questi giorni di desideri rimossi, di nostalgia di un vero incontro, di conversazioni tagliate da una fretta che ci lascia storditi e come stanchi della vacuità del nostro quotidiano, stentiamo a riconciliarci con il nostro tempo e perdiamo un’occasione d’oro per educare i giovani ad esplorare il tempo della loro esistenza.
Parlare di questa triade: tempo, Natale e giovani è sempre attuale, ma nei periodi in cui le festività si fanno vicine e presenti diventa quasi necessario.
Il Natale, sia se lo vediamo dal punto di vista religioso come celebrazione della nascita del divino in noi, sia se lo vediamo dal punto di vista laico, come festa dell’incontro, dischiude sempre davanti a noi un significato sbalorditivo e cioè che la nostra vita può essere sconvolta da una novità, dalla nascita di qualcuno o di qualcosa che ci interpella e che spesso ci abita, nasce proprio in noi.

Levinàs parla del volto come la vera alterità che ogni minuto mi si prospetta e mi annuncia che c’è qualcosa che è altro da me e verso cui ho un debito di ascolto e di attenzione.
Ecco, il tempo è un orizzonte di ricerca se mi educa a cambiare a causa di una nascita, dell’imprevedibile che si fa storia e mi chiede di interagire con esso.
Di fronte alla paura di noi adulti della diversità e della imprevedibilità del diverso, permettiamo che si dissolva la novità di questa semplice verità e allora cerchiamo di occultare in noi questo desiderio prorompente di aprirci al nuovo. Ci nascondiamo, cerchiamo pretesti, riempiamo i vuoti con la paccottiglia o con falsi e stolidi riti oppure stordendoci con l’abbondanza di ciò che ci circonda sia cibo, televisione, sesso, rumore.
I giovani, invece, sono caratterizzati proprio da questo elemento naturale, innato, che non può essere nascosto a lungo: l’ascolto del futuro, la sensibilità al diverso, il fascino della strada nuova, dell’esplorazione di altri mondi umani e quindi la potenza trasformatrice dell’incontro.

Dare una mano a far emergere questa dimensione umana dovrebbe essere il compito più alto che un adulto si propone.
Assistiamo invece, il più delle volte, ad un’opera voluta e meditata di sradicamento vergognoso di questa dimensione, a tal punto che ne facciamo degli esseri umani già persi, abbrutiti dalla superficialità, posseduti dal demone del brutto e del volgare che ne erode tutte le potenzialità.
Se il tempo che ci è dato divenisse il tempo della novità, all’improvviso tutto cambierebbe, li vedremmo rinascere, come se il Natale fossero loro, i giovani.
Ogni giorno della vita.