Tra majorette e cavallucci, a Sant’Anastasia va di scena una discutibile giornata per lo sport disabile

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Il comune di Sant’Anastasia organizza la giornata dello sport per disabili, ma l’impressione che ne scaturisce, è quella di una grande fiera di paese anzichè una vera manifestazione a tema.

Da poco più di due mesi, si sono chiuse le olimpiadi lodinesi. Un evento, quello dei cinque cerchi, che in appena due settimane catalizza su di se i riflettori di ogni parte del mondo. Atleti di ogni provenienza e cultura si sfidano tra loro per dimostrare di essere i migliori in questa o quella disciplina. Uomini e donne che, figli e figlie di nazioni ai più sconosciute, cercano di riscattare l’anonimato della propria terra. Tutti, nessuno escluso, in corsa per una medaglia, per l’onore di stringere tra le mani un metallo più o meno pregiato. Che dire, le olimpiadi uniscono davvero tutti. Non ci sono odi e inimicizie. Guerre e persecuzioni che tengano. Il mondo, in quelle due settimane, si unisce in un’unica e grande fratellanza. Una fratellanza che va oltre il razzismo e le diversità.

Ed è sulla scia di questo travolgente entusiasmo, soprattutto dopo la parentesi delle paraolimpiadi, costola delle olimpiadi dedicata esclusivamente agli atleti disabili, che il 23 settembre scorso, al comune di Sant’Anastasia, è venuta la brillante idea di riservare una giornata allo sport disabili. E fin qui, nulla da obiettare. Anzi, ben vengano simili iniziative. La nota stonata, però, quella che è saltata all’orecchio di una nostra lettrice presente all’iniziativa, è stata la pessima organizzazione dell’evento, che da vetrina per le “abilità” di tanti giovani atleti disabili, si è trasformata in una grande e chiassosa fiera di paese, con tanto di cavallucci e majorette scollacciate.

Il luogo prescelto per la manifestazione è Piazza del lavoro, che per l’occasione viene suddivisa in spazi attrezzati. Ognuno di questi quadrati, è predisposto per una determinata attività: calcio, ping pong, calciobalilla. Si è fatta ormai domenica pomeriggio, il Napoli ed i risultati di serie A sono roba da almanacco. La festa può quindi avere il suo inizio. La manifestazione viene inaugurata dall’ingresso in piazza di una prosperosa amazzone che tanto avrebbe fatto piacere al vecchio Gheddafi. Davanti a lei, che in sella ad un cavallo bianco dall’incomprensibile messaggio subliminale, avanza un gruppo di disabili con uno striscione del CONI. Certo, nulla a che vedere con la sobrietà londinese. Ma da queste parti ci si arrangia come si può.

Frattanto, la festa prende piede. “Evviva”, gridano i più, è tutto gratis: il giro sul cavallo, la partita al bigliardino, il calcetto per i seguaci di Cavani. Ma i disabili? Sì, eccoli lì, si sente esclamare da qualcuno che li scorge all’interno di un recinto. Si stanno esibiscono in una partita di Basket in carrozzina. Intorno al match di basket si sono radunati gli sguardi di parecchi curiosi, e chissà se tra di loro c’è qualcuno che sta capendo davvero il messaggio dell’iniziativa. E se non fosse così, “Ma che ce frega”, ci sono il bigliardino gratis, il cavallo ed il calcetto. In contemporanea, poco più in la, in un altro semi recinto, alcuni atleti non vedenti cercano di giocare a ping pong nell’assordante frastuono messo su dai bambini che scorrazzano liberi e anarchici per l’intera piazza.

Ma il crepuscolo si fa avanti, e la serata sta per volgere al termine. Sul palco, allestito per chiudere la kermesse, i watt iniziano a pompare musica per dare il via ai balli. Ma i disabili? Ecco, proprio i disabili. È probabile che tra la cavallerizza che fa sussultare gli ormoni, i cavallucci che portano a zonzo i bimbetti, ed il tutto gratis in stile mega svendita, di loro, degli amici diversamente abili, sia rimasto davvero qualcosa. Che so, almeno un messaggio di integrazione. In conclusione, voglio ribadire che l’intento di questo articolo, ed è estremamente importante continuare sottolinearlo, non è la critica a prescindere. Ovvero quella sterile forma di polemica che al di la di ogni cosa tiene sempre banco. Anzi. Così come ho sottolineato nelle prime righe, nella messa in opera di questa iniziativa, l’istituzione anastasiana va comunque elogiata per averci messo quantomeno la volontà, l’intenzione di fare qualcosa a favore dei diversamente abili.

Che su questo, poi, vada aperto un discorso ben più ampio, affinché la manifestazione possa essere migliorata per il futuro, è un altro discorso. È vero, capita fin troppo spesso che le aspettative di noi disabili siano troppo alte, forse sproporzionate rispetto ad una società che fatica ad accettare anche il più elementare discorso sull’integrazione o sulla non discriminazione. Eppure, mi auguro che in questa direzione, l’impegno rimanga costante, anzi, martellante. Costruire un tessuto sociale dove la giornata dello sport disabili, possa finalmente essere la festa di tutti e non solo di alcuni, non è impossibile.

Ed è per questo che, nella volontà di stemperare il tono pungente di questo racconto, incollo per esteso l’interrogativo che chiude la mail da noi ricevuta, e che la nostra lettrice, Elena C., indirizza all’istituzione comunale nella speranza di riceverne una risposta. Attesa, la sua, che in qualche modo ci accomuna:
Un po’ per rabbia e un po’ per amore, qualcuno saprebbe spiegarmi il senso della giornata dello sport per disabili a Sant’Anastasia? Se si… lo spieghereste a chi ha realizzato questo evento?

Continuate a scrivere alla nostra casella di posta, abbiamo tutta l’intenzione di raccogliere la vostra indignazione (mobasta2012@gmail.com).
(Fonte foto: Ufficio Stampa comune di Sant’Anastasia)

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