Il regime di Mussolini continua la costruzione del suo apparato. Tutto è autarchia: dal lessico alla produzione industriale. Intanto, inizia l”accanimento fascista contro gli ebrei.
La GIL (Gioventù Italiana del Littorio), l”organizzazione giovanile fascista, fondata il 29 ottobre 1937, nasce con l”intento di curare la preparazione spirituale, militare e sportiva di tutti i giovani tra i 6 e i 27 anni. L”iscrizione alla scuola elementare comporta la contemporanea adesione alla GIL. Una preghiera, che si recita a scuola, dice: “Nel nome di Dio e dell”Italia giuro di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e se necessario col mio sangue la causa della rivoluzione fascista”.
Il regime, intanto, continua nella costruzione del suo apparato. Nei rapporti interpersonali sono aboliti l”uso del “lei”, la stretta di mano (dichiarata “antigienica”) e le parole straniere. Usare il lei è un modo aristocratico ed effeminato, non da vero fascista; il voi risponde meglio al criterio della virilità. La stretta di mano, invece, denota un comportamento democratico e borghese, in contrasto con l”immagine maschia del fascismo: meglio, quindi, un più marziale “saluto romano”. Per quanto riguarda il lessico, poi, si è in piena autarchia: meglio dire calcio piuttosto che football, tromba e non clacson, insalata tricolore e non insalata russa.
L”autarchia porta anche alla produzione della benzina sintetica e del “lanital” per l”abbigliamento.
Il Minculpop (Ministero della cultura), da parte sua, detta le indicazioni perchè sia difesa l”immagine del fascismo. I giornali devono convincere gli Italiani che nel Paese va tutto bene. Non bisogna assolutamente occuparsi di crimini, dei ragazzi che scappano di casa, delle vicende a sfondo sessuale. Un”altra regola per i giornali è: “Non fare mai titoli col punto interrogativo”, generano solo perplessità tra i lettori.
Nel 1937 è promulgata la prima legge razziale: riguarda i rapporti tra i coloni italiani e le donne etiopiche: “è vietato stabilire una relazione d”indole coniugale con persona suddita dell”Africa Orientale Italiana”. Nel settembre del 1938, invece, il Gran Consiglio vara le leggi razziali. Molti intellettuali, scienziati, dirigenti d”azienda, semplici cittadini, solo perchè di origine ebrea, sono costretti a prender la via dell”esilio. Durante la celebrazione dei matrimoni è vietato suonare la “Marcia nuziale” dell”ebreo Mendelssohn. Ed in ossequio alla bonifica culturale vengono ritirati dal commercio anche tutti i libri di autori ebrei.
In un niente si accredita il volto razzista del regime: il ministro dell”Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai, scrive che “le leggi antisemite costituivano la naturale espressione di tremila anni di storia, di pensiero, di arte italiana”; Giorgio Almirante, sulla rivista “La Difesa della Razza”, sottolinea che “la campagna contro gli ebrei costituiva il più vasto e coraggioso riconoscimento di sè che l”Italia abbia mai tentato”. Eppure, solo pochi anni prima, il regime fascista aveva tollerato l”origine ebrea del sottosegretario all”Interno Aldo Finzi, insieme a quella del ministro delle Finanze Guido Jung e di una delle amanti del duce, Margherita Sarfatti!
Sembra un tempo lontanissimo. Galeazzo Ciano, genero di Mussolini, nel novembre del 1938, appunta nel suo diario: “Trovo il duce sempre più montato contro gli ebrei. Approva incondizionatamente le misure di reazione adottate dai tedeschi. Dice che in situazione analoga farebbe ancora di più”.
LA DIFFICILE CONDIZIONE DEGLI EBREI