Sempre più persone si lamentano delle festività natalizie, perchè occasione di malessere e malinconia. È un problema di autostima. Alcuni suggerimenti per invertire la tendenza.
Di Silvano Forcillo
Anzitutto, desidero porgere alle care lettici e ai cari lettori di “ilmediano.it”, i miei più cordiali e sinceri auguri di buone feste e di un Natale piacevole e sereno.
Nelle mie interazioni sociali e nella mia attività di psicoterapeuta, sempre più spesso, mi capita di ascoltare le persone che si lamentano dell”arrivo delle festività e di come, queste, siano più occasione di malessere, tristezza e malinconia piuttosto che un”occasione per stare bene, sereni, rilassarsi e divertirsi.
In particolare, infatti, sembra che questa spiacevole sensazione di malessere, disagio e di vera e propria malinconia si avverta maggiormente nelle festività natalizie e nella festività di fine anno, piuttosto che nelle vacanze estive, nei fine settimana o nei cosiddetti “ponti festivi”.
Le feste rappresentano il tempo in cui si è improvvisamente liberi dall”attività lavorativa e si è, quindi, senza accorgersene, in un contatto più diretto con sè stessi, senza essere impegnati nel pensare, nel fare, nell”agire quotidiano e nelle solite preoccupazioni del vivere. Le feste, infatti, costituiscono da un lato l”unico, vero momento in cui si è liberi di riposare, divertirsi, pensare alla propria salute e al proprio benessere, fisico e psicologico, dall”altro, l”unico momento “istituzionalizzato” in cui si assapora, per maggiore libertà di tempo, un contatto diretto con i propri e irrinunciabili bisogni, con le vere e mai ascoltate esigenze personali, sociali, affettive, amorose ed esistenziali.
Ecco allora riemergere, spesso, prepotenti e dolorose, le più recondite frustrazioni, gli insostenibili disagi esistenziali, le paure dell”incerto, le aspettative legate al futuro e all”avvento del nuovo anno, o si sente, con maggior dolore del solito, la mancanza delle persone care, che non sono più con noi, o non più vicine a noi.
In altre parole, nelle feste, nei momenti di libertà e nelle occasioni in cui si può liberamente vivere il piacere, la gioia e il divertimento, fa capolino, distruggendo la ritrovata serenità, il “sabotaggio dell”autostima”. Il sabotaggio, che siamo soliti attuare, ogni volta, che siamo sereni e felici; quante volte, infatti, ci è capitato di pensare: “chissà come dovrò pagare questo momento di serenità :chissà, se durerà questo momento di felicità:”. Insomma, non ci sentiamo, nè più capaci di stare bene, nè più desiderosi di vivere bene.
A questo proposito, mi piace ricordare quali sono i fondamentali “tre pilastri” dell”autostima: riconoscersi il diritto di esistere; riconoscersi il diritto di vivere bene; riconoscersi il diritto di essere felici. Quanti possono affermare di avere una siffatta autostima?
Eppure l”autostima è all”origine del vivere bene, dello stare bene con sè stessi e sentirsi in diritto di divertirsi ed essere felici, invece il più delle volte, i soli diritti che riconosciamo a noi stessi sono: pensare, dovere e fare che, secondo il punto di vista della psicologia umanistico-esistenziale, vengono definiti i tre “contropilastri e i distruttori dell”autostima”, i quali, proprio attraverso il nostro sabotaggio, mentre siamo felici, mentre siamo sereni e, mentre stiamo assaporando il piacere di vivere, il piacere di amare e il piacere di quello che siamo, ci richiamano immediatamente all”ordine, alla serietà, alle responsabilità, ai doveri e al “senso di colpa” per esserci permessi un momento di gioia, di riposo e spensieratezza.
Ci troviamo a combattere, lungo l”arco della nostra vita, sempre più spesso contro questi tre insopportabili imperativi e, sempre più spesso, ci neghiamo il diritto di essere felici, ma è soprattutto Natale, il momento in cui ci sentiamo più fragili e in preda alle nostre paure e alle nostre insoddisfazioni. È questo il periodo, infatti, in cui trascorriamo maggior tempo con i nostri familiari, di solito non vediamo così tanti parenti, come in questa occasione, e se si hanno conflitti familiari irrisolti, proprio in questi giorni, si sentono in maniera insostenibile. Spesso non ci rendiamo conto che tutti, intorno a noi, provano le stesse paure e gli stessi dolori, ma nessuno ha il coraggio di dirselo, perchè è Natale e si sente fortemente l”obbligo morale ed emotivo di essere sereni e buoni e non rovinare la “santa festa” ai nostri cari, ai parenti e agli ospiti.
Anche la festa di fine anno, spesso ci pone in una silenziosa, seria e triste riflessione, facendoci trovare di fronte ad una sorta di resoconto, o bilancio della nostra vita e delle nostre realizzazioni.
Infatti, in occasione della fine dell”anno, più che in altre festività, ci impegniamo a porci domande che non ci capita di chiederci in altre occasioni di divertimento e piacere: “cosa ho fatto fino ad oggi, cosa ho saputo costruire e realizzare, cosa ho dato ai miei cari, quanto sono cambiato o cresciuto, quanti anni sono già passati e chissà quanti ne potrò ancora vivere?” Pertanto, è quasi impossibile non essere attraversati, in questa festività, da un senso di profonda malinconia, tristezza e, a volte, anche una inspiegabile solitudine.
Come evitare queste spiacevoli sensazioni e gli insostenibili stati d”animo che proviamo nei giorni di festa? Il mio vuole essere solamente un semplice e puro suggerimento e non certamente la soluzione delle problematiche che ci limitano e addolorano, nel corso della nostra esistenza.
Anzitutto, bisogna assolutamente evitare di farsi aspettative. L”aspettativa, qualunque essa sia, o qualunque dimensione della nostra vita riguardi non è altro che sinonimo di “delusione” e di “dispiacere”, quindi, occorre imparare ad evitare le aspettative e anticipare il futuro, invece, si deve imparare a vivere la vita così com”è, imprevedibile e incalcolabile e coltivare e alimentare sogni e speranze e godere sempre di ogni attimo della nostra vita, nell”hic et nunc (nel qui ed ora!).
È necessario, inoltre, vivere le feste, soprattutto, come un meritato riposo e come una piacevole pausa, nel tran, tran della vita quotidiana, per potere, finalmente, pensare a sè stessi, prendersi cura di sè, facendo cose che, il tempo lavorativo, il tempo del solo dovere e il tempo delle tantissime e complesse responsabilità, ci impedisce di vivere e realizzare, come per esempio, fare un bagno caldo, leggere un buon libro, vedere quel film che non si è mai riuscito a vedere, cucinarsi qualcosa di buono e regalarsi qualcosa, che non avremmo mai osato comprare, visitare un museo, poltrire fino a mezzogiorno, scrivere delle lettere a chi non si sente o si vede da tanto tempo e dedicarsi a un salutare e rilassante e immotivato, o irrazionale riposo;
fare insieme alle persone amate e a noi care, qualcosa, che non sia specificatamente natalizio, festaiolo, convenzionale o “istituzionalizzato”, solo perchè così fanno tutti, ma fare solamente ciò che risponda ai tre pilastri del vivere consapevolmente felici: “mi piace; lo voglio; mi serve” ed è questo l”augurio che dedico, con affetto e stima, a tutti i nostri cari lettori.
(Fonte foto: Rete Internet)