Le domande della “tribù del pollice”.
Di Giovanni Ariola
Il dibattito che precede la riflessione di oggi lo trovate a questo link: VEDI
A differenza del prof. Carlo, che si mostra piuttosto divertito nell”udire l”ennesima filippica del prof. Piermario contro l”inadeguatezza della nostra scuola, per lo più insaccata (traduzione eufemistica della parola infognata da lui usata) in un misto di conservatorismo infingardo ma anche sempre più di ignoranza autolegalizzata, aggravati l”uno e l”altra dalla mancanza di una politica culturale e di un progetto pedagogico-didattico validi da parte della nostra classe dirigente, a soddisfare le esigenze sempre mutanti e quindi sempre nuove del nostro tempo, e se la ride sornione (non si può dire sotto i baffi perchè non ce l”ha), il prof. Eligio appare invece indispettito non tanto dalle argomentazioni del giovane collega, con le quali si sente in linea di massima di concordare, quanto dal suo tono arrogante ed eccessivamente animoso.
– È vero – ribatte acido – che la scuola deve aprirsi al nuovo e deve prepararsi ad affrontarlo e a gestirlo, ma non bisogna provocare pericolose discontinuità con quanto la tradizione ha prodotto di positivo e di valido. Ribadisco la mia convinzione che compito fondamentale della scuola resta quello di insegnare ai ragazzi a leggere e a scrivere:.
– :e a far di conto: – incalza sarcastico il prof. Piermario.
– E perchè no? Senza con questo voler dire che bisogna farlo con i metodi tradizionali:
– Meno male!
– Resta tuttavia la necessità di impartire una istruzione sistematica di base:
– Con nuove metodologie e nuovi mezzi:è una discontinuità necessaria con il passato:
– Il problema più difficile da affrontare – interviene il prof. Carlo – credo sia quello di creare nei ragazzi e poi nei giovani non dico un”affezione, ossia un desiderio misto a piacere (sarebbe l”optimum), ma almeno una motivazione convinta al leggere che preluda anche allo scrivere. Ormai è noto dai dati Istat quanto sia bassa la percentuale degli adolescenti che leggono abitualmente e come questa sia anche in calo continuo (nel 2005 era attestato al 63 % – Cfr. A. Morrone, M.Savioli, La lettura in Italia. Comportamenti e tendenze: un”analisi dei dati Istat, Milano, Bibliografica, 2008). Che questo sia il problema più importante lo dimostra il fervore di iniziative promosse per dare ad esso una soluzione.
Non ultimo la creazione di un “Centro per il libro e la lettura“, come un organo all”interno del Ministero dei Beni culturali con il compito di elaborare e mettere in opera, con la collaborazione dell”Associazione Editori e dell”Associazione Librai, una strategia per fare aumentare il numero dei lettori che complessivamente è molto basso ( 38% degli Italiani, corrispondente a 19 milioni) e colloca l”Italia agli ultimi posti nella classifica europea. Ho letto in proposito (in La Repubblica,Giovedì, 18 Febbraio 2010, p. 45 ) un”intervista al Presidente del Centro, Gian Arturo Ferrari, già direttore della divisione libri della Mondadori e ora in pensione, nella quale l”intervistato parla di “una serie di programmi” che dovrebbero attivare “un intervento massiccio su tre province (rispettivamente Nord, centro e Sud), avendo come obiettivo soprattutto il mercato dei ragazzi:”.
– Faccio notare – osserva gongolante il prof. Piermario, al quale non par vero di cogliere in castagna il top manager di recente nomina ministeriale – la finezza della parola mercato:credo gli sia scappata involontariamente:un vero lapsus freudiano: si tratta insomma di un progetto non con finalità culturale ma di mercato e coloro che gestiscono l”operazione con milioni di finanziamenti da parte dello Stato, si capisce, o sono mercanti o hanno mentalità mercantile:perchè non darli alle scuole questi soldi ossia alle istituzioni competenti? L”ho letta l”intervista, con quanto candore il Ferrari confessa “Premetto che nessuno sa esattamente come far crescere il numero dei lettori“.
Se non ha le idee chiare perchè non passa la mano? E quando gli chiedono “L”e-book è la nuova frontiera. Come l”affronterete?” risponde “Siamo come sull”orlo di un burrone. Possiamo solo cercare di non precipitarvi dentro. Voglio dire che l”e-book è un salto enorme, un po” come fu l”invenzione della stampa:l”e-book è una svolta radicale. Il libro così come è stato è una forma definitiva:La natura del mezzo elettronico lo renderà flessibile, modificabile, adattabile:” Ha fatto la scoperta dell”acqua calda:
– La questione – concorda il prof. Carlo – è stata ampiamente affrontata da Jan-Claude Carrière e da Umberto Eco (nel libro “non sperate di liberarvi dei libri“, Bompiani, Milano, 2009). Ho qui a portata di mano il libro:vorrei leggere un passo significativo.
Umberto Eco, dopo aver sottolineato che “Le variazioni intorno all”oggetto-libro non ne hanno modificato la funzione, nè la sintassi, da più di cinquecento anni. Il libro è come il cucchiaio, il martello, la ruota, le forbici. Una volta inventati, non potete fare un cucchiaio che sia migliore del cucchiaio:”(p.16), non può non constatare che “La velocità con la quale la tecnologia si rinnova ci obbliga in effetti a un ritmo insostenibile di riorganizzazione continua delle nostre abitudini mentali:E ogni nuova tecnologia implica l”acquisizione di un nuovo sistema di riflessi, che ci richiede nuovi sforzi, e questo entro termini temporali sempre più brevi. C”è voluto più di un secolo perchè i polli imparassero a non attraversare la strada. La specie alla fine si è adattata alle nuove condizioni della circolazione. Ma noi non abbiamo a disposizione tutto questo tempo.”(pp.41-42)
– Appunto! – condivide visibilmente entusiasta il prof. Piermario – Ma si vede che il signor Ferrari questo libro o non l”ha letto o l”ha fatto frettolosamente:
– Anche io ho letto – osserva con tono ormai calmo il prof. Eligio, anche se dalla marcatura con la voce di certe parole trapela la soddisfazione di avvalorare la sua tesi di fondo – il prezioso dialogo Carriere – Eco:Vorrei anch”io leggere qualcosa:.è un”affermazione del Carriere che mi dà ragione: “:non abbiamo mai avuto tanto bisogno di leggere e scrivere quanto ai giorni nostri. Non possiamo neanche servirci di un computer se non sappiamo leggere e scrivere. E peraltro in un modo più complesso che un tempo, perchè abbiamo integrato nuovi segni, nuove chiavi. Il nostro alfabeto si è allargato .È sempre più difficile imparare a leggere:“(p.19)
– Ancora più difficile – interviene con voce lievemente tremolante il dottorino – anzi una vera fatica d”Ercole trovare una strategia per far leggere:le nuove generazioni, la tribù del pollice, come chiama Manuela Trinci i ragazzi di oggi:(in LIBER/Libri per bambini e ragazzi, N. 85, Gennaio – Marzo 2010, p.53-54)
– Leggere e scrivere:– osserva il prof. Carlo – due attività parallele ma distinte:dobbiamo trovare risposte convincenti per le domande che da sempre ci poniamo e soprattutto ci pongono i nostri ragazzi: perchè (leggere e scrivere), che cosa, come? E ci aggiungerei anche: dove e quando? (continua)