Con “I dieci comandamenti” l’attore italiano ha conquistato, con il suo linguaggio semplice ed incisivo, il pubblico italiano.
Quando Benigni ha concluso la sua “omelia” ho pensato tra me: “Ma che bella “predica”: forse anche noi preti abbiamo tanto da imparare da lui circa la comunicazione della “bella notizia” del Vangelo. Assolutamente non noiosa, anche se lunga. Piena di profondità e di significato. E’ di questo che la gente ha bisogno. E ho pensato anche che dopo tanta televisione “spazzatura” solo per eventi come questi vale ancora la pena pagare il canone. Benigni ci ha fatto “fare pace” con la televisione. Magari fosse sempre così!
Due ore la prima sera, due ore la seconda, senza interruzioni: quattro ore di immersione totale nel testo biblico (anche con qualche riferimento all’attualità) dense e intense, fitte di commenti e rimandi ad altri testi perchè, si sa, la Bibbia è il ‘grande codice’ della letteratura occidentale. Lo show di Benigni è stato, soprattutto nel ritmo, vulcanico, come gli altri suoi precedenti. Analizzare tutte le battute che a raffica ha offerto all’intelligenza del pubblico non è impresa facile. Certamente sarà necessario ri-vedere con calma tutto. E personalmente ho anche pensato di “usare” Benigni per le catechesi parrocchiali. Tra le tante citazioni, da san Giovanni della Croce a Chesterton, da Whitman a JanTwardowski (con onestà, ha ripetuto due volte che non tutta la farina era del suo sacco) ce n’è una, di Lacan, sulla quale è il caso di soffermarsi perchè forse racchiude il senso complessivo dell’evento: “Amare è donare quello che non si ha”.
Frase davvero rivelatrice: sottolinea che Benigni ha fatto della sua meditazione sull’Esodo un inno all’amore, e così ci ha voluto condurre per mano verso il mistero, che è la vera dimensione dell’amore. In un mondo improntato al funzionalismo questa frase suona quanto mai controcorrente. Rispetto alla sempre presente tentazione di controllare l’amore, irrigidirlo e schematizzarlo, Benigni prendendo in prestito qualcosa che non ha (la frase non è sua, così come la Scrittura, dono di Dio) ce la regala allegramente ricordandoci che la dimensione vertiginosa del dono è l’unica che appaga il cuore dell’uomo. Lo si è capito nel finale, quando ha ricordato la sintesi che Gesù fa del Decalogo nei due amori, verso Dio e il prossimo: è lui il modello più alto, Gesù, che non ci ha dato ‘cose’, ma tutto se stesso, andando oltre ogni immaginazione, forse anche oltre l’immaginazione di Dio stesso. Dio in suo Figlio ci ha dato qualcuno, cioè ‘qualcosa’ che non aveva, ma che era.
Il dono è sempre esigente e pretende di essere ri-donato: questo è quello che è avvenuto, in televisione, lunedì e martedì. Un’altra frase ha impressionato i telespettatori, quando ha citato il Talmud ed è stato un inno alla donna: “State molto attenti a non far piangere una donna: poi Dio conta le sue lacrime! La donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai suoi piedi perchè debba essere pestata, nè dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale: un po’ più in basso del braccio per essere protetta e dal lato del cuore per essere amata”. Se vogliamo che la “predica” di Benigni non rimanga nel “tempio-televisione”, tocca a ciascuno di noi farne tesoro. L’amore non può aspettare. Bisogna amare e in fretta. E sarà ogni giorno Natale.
(>Fonte foto: Rete Internet)
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