Un marito e padre violento vive senza comprendere la realtà che muta attorno a lui. Si sente inadeguato e preferisce dominare piuttosto che ascoltare.
Di Silvano Forcillo
Anzitutto, desidero ringraziare i lettori di “ilmediano.it”, che hanno offerto i loro significativi e generosi commenti al mio articolo pubblicato il 28 novembre u.s.. La testimonianza coraggiosa ed onesta di questi lettori che, con la loro condivisione, ci hanno voluto regalare un pezzo della loro preziosa intimità, m”incoraggia e mi sprona, ulteriormente, ad impegnarmi a dare il mio personale contributo per la creazione di una società più giusta, più sana e più a misura d”Uomo.
Ancora una volta, purtroppo, la cronaca mi costringe ad interessarmi di un altro preoccupante e ripetitivo fenomeno: padri e mariti violenti, con mogli e figli, padri assassini e violentatori all”interno della propria famiglia e della propria cerchia degli affetti parentali.
La prima riflessione che mi viene spontanea è il pensare, come, questi orrendi episodi di violenza e di criminalità domestica causati dal marito/padre, sono il chiaro e inequivocabile segnale del fallimento e dell”inefficacia dei modelli culturali e educativi cui siamo stati erroneamente e dolorosamente sottomessi per intere generazioni:
il “maschio”, che deve dare continuamente prova della sua virilità e della sua forza, “l”uomo predatore”, che non deve mai sottrarsi allo stabilire il suo domino sessuale, fisico e psicologico sulla donna, che viene vista solo, come oggetto di piacere e di potere; il “capo famiglia”, ovvero il padrone di casa, considerato come unico garante dell”economia e del benessere materiale della famiglia su cui, per questo vanno a gravare le responsabilità, i doveri e le difficoltà e, proprio per questo, quindi, in diritto di comportarsi, come crede e come vuole, anche negando la libertà e la dignità di essere umano di chi lo ama e con lui convive.
Gli uomini violenti all”interno della propria famiglia, fortunatamente non sono in molti e sono coloro che non hanno saputo affrancarsi dalle comuni “credenze” imposte dalla società o ricevute dalla loro personale esperienza familiare. Non vogliono, o più spesso, non riescono ad affrancarsi, dai modelli diseducativi che hanno ricevuto, poichè il più delle volte si tratta di persone senza cultura, senza alcuna consapevolezza emotiva di sè e degli altri, senza un “Io interiore”, senza parametri valoriali ed esistenziali, se non quelli passivamente ricevuti, che non sono mai stati rivisti nel corso della propria crescita e sono stati accettati, come le uniche certezze su cui fondare la propria esistenza.
Un marito e padre violento vive senza chiedersi niente, senza osservare e comprendere la realtà che, in fretta e inesorabilmente cambia attorno a lui e dentro la sua stessa famiglia; questo marito e padre non è in grado di rendersi conto dei suoi e degli altrui “Bisogni”, poichè è fossilizzato sulle proprie certezze per la paura di non essere all”altezza del resto del mondo; egli non è in grado di migliorare e svilupparsi imparando dal confronto e dalla condivisione con gli altri, perchè mettere in dubbio le proprie certezze, aprendosi all”ascolto degli altri, farebbe inevitabilmente vacillare la sua immagine di persona autoritaria e dominante che egli stesso si è imposto.
Come si vive in una famiglia con un uomo del genere? Non si vive, si sopravvive e si desidera, spesso, che la morte del genitore o di se stessi, metta fine alla disperazione e all”angoscia. In una tale famiglia si respira solo la paura, la tensione, la cattiveria, l”indifferenza e il sopruso, e al primo serio e imprevedibile problema, si ripara con la violenza, l”aggressività, la punizione, la condanna e l”eliminazione. La violenza e l”aggressività diventano le armi che questi uomini utilizzano, per sentirsi ascoltati e rispettati.
La nostra Società è la principale colpevole dell”esistenza di tali uomini, perchè ad essi non è saputa arrivare, con l”informazione, l”aiuto concreto, l”istruzione, l”educazione aggiornata e attualizzante.
Unitamente alla nostra società sono, sicuramente, correi la scuola, la chiesa le istituzioni e la mancanza di parametri valoriali ed esistenziali innovativi e rivoluzionari.
Questi uomini e padri violenti, che intossicano e distruggono la vita delle donne, delle famiglie, delle mogli e dei figli, sono gli ignoranti, gli inconsapevoli, quelli che vivono solo per il lavoro e per i soldi e credono che, solo con questo e nient”altro, possano garantire l”assolvimento dei doveri e dei compiti familiari e genitoriali. Sono proprio questi uomini mariti e padri, le vittime prescelte, e inconsapevoli, le mine vaganti create dalla nostra stessa società.
È ora che si riparta dal basso, dal vero problema, dai bisogni insoddisfatti e irrealizzati, dall”assicurare, anzitutto, la vita, la serenità del vivere e il benessere economico e materiale di tutti.
È ora che si riparta dall”Uomo e dall”Essere umano visto come “essere sociale e di cultura”. E, se questo non lo può garantire, nè offrire la società, o lo Stato come, invece, dovrebbe, allora cominciamo a creare noi le condizioni, perchè non vi sia più il maschio forte e sicuro, il cacciatore, l”eroe della casa, il capro espiatorio. Come? Rendendoci conto che non esistono più il maschio e la femmina, il “maschio forte” e la “femmina debole”, il “capo famiglia” e i sottoposti, il “padrone assoluto” e i sottomessi.
È necessario capire e insegnare, alle nuove generazioni, che esistono solo Uomo e Donna e che, insieme, senza ruoli stereotipati, nè obsolete e deleterie credenze, sono chiamati a realizzare la crescita personale, professionale, culturale e sociale, attraverso i figli, l”amore e la consapevolezza del vivere, per quello che veramente si è e non per quello che si fa o si è obbligate a fare.
(Fonte foto: Rete Internet)
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