LA POLITICA E LO SCUDO OPACO DEL GARANTISMO

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    La magistratura sta mettendo in luce la scarsa qualità dei politici meridionali e l”inquietante rapporto con gli imprenditori. Strumento economico per rinforzare la rete clientelare.

    Da un po” di tempo la lettura quotidiana dei giornali mi lascia semplicemente esterefatto e con la convinzione di non capire più niente. La Iervolino continua a parlare di rimpasti in Giunta, ma non ci spiega mai a cosa dovrebbero servire, visto che sul tavolo non c”è alcuna proposta, non dico di rinnovamento, ma di decente inversione di tendenza di una esperienza unanimemente giudicata fallimentare. Si vuole mantenere in vita una sindacatura fino al suo naturale epilogo per evitare un ricorso alle urne che si presume catastrofico per l”attuale maggioranza?

    Lo si dica senza troppi giri di parole, almeno i napoletani si metteranno il cuore in pace sapendo che per altri due anni dovranno continuare ad arrangiarsi, puntellando tutto quello che è possibile puntellare, in attesa di tempi migliori.
    Il Partito Democratico punta sulla formazione, in particolare alla legalità, per rinnovare i suoi dirigenti e il suo personale politico e amministrativo, ma non spiega come farà a prendere voti senza il concorso dei “capibastone” che finora hanno assicurato la sopravvivenza del partito nonostante tutti i fallimenti, le incapacità, gli scioglimenti delle amministrazioni per infiltrazioni camorriste, le inchieste della Magistratura per malversazione, collusione, concussione.

    Almeno avessero dato il segnale che nessuno degli inquisiti in questi ultimi quindici anni, compresi tutti quelli mandati a casa per scioglimento dei Consigli Comunali, sarebbe mai più stato candidato, ed anzi, sarebbe stato cacciato dal partito. Avrebbero rinnovato, in un sol colpo, il 50/60 % del partito, guadagnando anche il consenso dell”opinione pubblica. Ma hanno pensato ai voti che gli espulsi si sarebbero portati appresso e, difendendosi dietro lo scudo opaco del garantismo, non l”hanno fatto, nè lo faranno.

    Gli opinionisti, dal canto loro, continuano a insistere sul personale politico e amministrativo meridionale che, secondo le parole di Nicola Rossi, è di scarsa qualità, senza mai interrogarsi sulle ragioni di una selezione che sembra sempre al rovescio ma finisce per assicurare maggioranze consiliari, posti di direzione e di comando, ma anche di manovra e di allocazione mirata delle risorse disponibili, come dimostra il fitto intreccio di segnalazioni e di raccomandazioni che viene fuori dalle ultime indagini della magistratura, a Napoli, come a Pescara e a Potenza.

    Sembra quasi che nessuno, forse per non sporcarsi con le volgarità del quotidiano, voglia prendere coscienza del fatto che, nel mezzogiorno, fare politica significa occuparsi della propria rete clientelare, o se volete, di sostegno elettorale, per consolidarla ed allargarla.
    Fondamentali, in questo quadro, risultano gli imprenditori, perchè sono grandi raccoglitori di consensi e di voti, possono sostenere economicamente le campagne elettorali, possono mettere a disposizione posti di lavoro che sono il pane per nutrire e far crescere la clientela, possono allargare l”area delle conoscenze del politico e far crescere il suo prestigio anche all”interno del partito.

    Naturalmente, per il politico, questo rapporto con gli imprenditori, così elevato in termini di benefici, ha costi egualmente elevati. Ma i nostri politici, meridionali e non, sono tutti diligenti allievi del Machiavelli: il fine giustifica sempre i mezzi. Si possono correre dei rischi con la magistratura ma non sono mai certi e duraturi, e, comunque, non intaccano il consenso accumulato che, anzi, spesso si accresce, quasi che la condanna fosse un blasone.