LA CAMORRA NON É SOLO VIOLENZA

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    La camorra non è solo violenza. In realtà, essa ha diversi livelli e quello meno in luce e più inquietante riguarda le imprese che lavorano grazie ad appalti e fondi pubblici.
    Di Amato Lamberti

    Nelle due ultime settimane, giugno-luglio 2009, sono stati arrestati un centinaio di “camorristi” appartenenti al clan dei “casalesi” ma anche ad altri clan operanti nella città di Napoli, come il clan Sarno. Quello che sicuramente avrà colpito di più i lettori dei giornali è l”entità dei sequestri di beni immobili ed imprese effettuati che ammontano a centinaia di milioni di euro. L”impressione è che, nella più totale disattenzione, si sia imposto in Campania un nuovo ceto di imprenditori proveniente direttamente dalle fila del crimine organizzato.

    Una evidenza che sorprende l”opinione pubblica ma che resta senza spiegazioni a livello di organi di informazione che si limitano a parlare di operazioni di investimento dei capitali illecitamente accumulati. Le cose però non sono così semplici.

    Della “camorra”, scrivevo già nel 1983, bisognerebbe cominciare a parlare liberandosi degli stereotipi della pubblicistica, soprattutto giornalistica e letteraria, che riducono il fenomeno ad una sola delle sue dimensioni, quella criminale, del “controllo” violento del territorio e dei mercati illegali, ignorando, praticamente del tutto, l”aspirazione costante al “governo” del territorio e della sua economia e, in particolare, al controllo dei flussi della spesa pubblica, realizzato attraverso il condizionamento e la corruzione delle pubbliche amministrazioni.

    Sarebbe, cioè, necessario, a mio avviso, distinguere due diverse forme di criminalità che spesso sono genericamente accomunate sotto l”etichetta della criminalità organizzata di tipo mafioso: la criminalità che nasce dall”ampia area dell”economia dell”illegalità e da quella più ristretta dell”economia della violenza; e, la criminalità che si caratterizza per il controllo sulla spesa pubblica e per un potere economico fortemente intrecciato col potere politico e che usa la presenza della criminalità organizzata di tipo predatorio, in determinati territori, per ottenere credibilità e legittimazione, senza tuttavia identificarsi con essa.

    Non si tratta, quindi, soltanto, di assumere che il crimine organizzato sia contemporaneamente impegnato in attività sia illegali che legali, quanto, piuttosto, di prendere atto che si tratta di livelli criminali da tenere distinti, anche quando si intrecciano in nodi apparentemente inestricabili, e, soprattutto, che il controllo delle pubbliche amministrazioni è essenziale per le organizzazioni criminali:

    a) per realizzare quella che si potrebbe definire una signoria politica sulla comunità;
    b) per appropriarsi del governo dell”amministrazione, della gestione dei fondi pubblici che transitano attraverso l”Ente, e di tutte le opportunità in termini di autorizzazioni, benefici, assunzioni, opportunità di vita e di impresa, che dipendono direttamente dall”amministrazione stessa;
    c) per realizzare quella accumulazione di denaro, di credibilità, di “capitale sociale”, che permette alle “imprese- criminali” di installarsi a pieno titolo, e di operare, con tutte le credenziali necessarie, nel mercato legale.

    In altre parole, la mia tesi è che l”accumulazione originaria, per le organizzazioni criminali che puntano all”ingresso nell”economia legale e alla legittimazione sociale, non avviene attraverso il controllo di traffici criminali e l”investimento dei ricavi in imprese “legali”, ma, invece, attraverso il controllo “politico” delle pubbliche amministrazioni e la gestione dei fondi pubblici a favore di imprese, sia direttamente collegate all”organizzazione, che partecipate da membri autorevoli dell”organizzazione.

    Tanto è vero che le organizzazioni attive solo a livello criminale, in particolare quelle che controllano il mercato della droga, pur realizzando accumulazione di denaro di una qualche consistenza (ma infinitamente inferiore alla cifre accreditate da polizia, carabinieri e magistratura, oltre che dalla stampa) non sono mai presenti sul mercato imprenditoriale, pubblico e privato, e, al massimo, realizzano investimenti nel settore immobiliare e in quello della distribuzione commerciale.

    Sono questi gli investimenti più facili da individuare e colpire, ma l”azione di contrasto alla criminalità camorrista potrà dirsi efficace solo quando riuscirà a portare alla luce le imprese e gli investimenti “a partecipazione mafiosa”, vale a dire quelle imprese che vivono della capacità di accesso costante ai fondi pubblici e agli appalti delle pubbliche amministrazioni con la partecipazione diretta, anche a volte nella struttura societaria, di quei soggetti che dovrebbero garantire regole e trasparenza: vale a dire politici e amministratori locali.