Troppo comodo per il PD locale parlare dell’Italia. Invece, troppe questioni cittadine sono cadute nell’oblio e il partito del sindaco ha il dovere di dare risposte su argomenti seri. I cittadini hanno il diritto di sapere. Di Carmine Cimmino
È sabato. Leggo un sobrio manifesto del PD ottavianese: annuncia un dibattito che si terrà nel pomeriggio, nell’aula consiliare. Interverranno il sindaco di Ottaviano e il commissario provinciale del partito. Ruoli di peso: lo esige il titolo del convegno: “Ripartiamo insieme. Ricostruiamo l’Italia“.
Niente di meno. Mentre gusto tutte le sfumature e tutti gli echi di tanto titolo – ci sono dentro D’Azeglio, Bixio, Garibaldi e la cultura del New Deal, ma non c’è, sia chiaro, l’augurio di cemento selvaggio -, e mentre provo un moto d’invidia per quelli che potranno essere presenti in quell’aula, che potranno dire, un giorno, ai figli e ai nipoti “C’ero anch’io“, gli amici mi mostrano la prima pagina del berlusconiano “Il Giornale“, con la fotografia dell’on. Bersani, che, nell’elegante silenzio di un pub, scrive il discorso che terrà all’assemblea nazionale del PD. È solo, il Segretario, con i suoi pensieri: impugna la penna col gesto di una nervosa incertezza, e la contrazione della guancia destra si rischiara al riflesso di un calice affusolato pieno di birra, che pare uscito da una natura morta fiamminga, di Kalf o di Flegel.
Quell’immagine ha scatenato sul web un gracidio di battute irriverenti, tanto facili quanto inopportune. Le contrazioni meditative del Segretario meritano quel rispetto che anche gli stranieri tributarono a Mazzini, quando il tormento per il destino dell’Italia lo sbalzava, cento volte al giorno, dal baratro di una melanconia micidiale al culmine dell’ira fiammeggiante e incontenibile. Che segno è quel sorprendente bicchiere di birra? I toni e i ritmi della voce dell’on. Bersani mi suggeriscono, di solito, l’associazione a un succo di frutta, all’acqua tonica, a un tè freddo: non alla birra, e meno che mai al vino. Mi viene il sospetto che l’astuto Segretario, prevedendo che l’avrebbero fotografato, abbia preparato la scena, per far propaganda, per lanciare messaggi.
Nella meravigliosa prefazione alla “Storia della birra“ di Ferruccia Cappi Bentivegna, Paolo Monelli racconta che gli studenti tedeschi nei loro inni alla birra irridevano il vino, “bevanda molle e indegna di uomini veri“, ed erano certi di diventare padroni d’ Europa, proprio in quanto bevitori di birra: “Tutta l’Europa guarda meravigliata a questa grande nazione tedesca; il succo dell’orzo è l’asse intorno al quale essa gira; quando nel nostro Olimpo viene Ebe a chiederci se desideriamo una coppa di nettare, rispondiamo: “portaci birra bavarese“. Così cantavano già nella prima metà dell’ Ottocento i giovani di Germania.
Mi pare chiaro il significato di quel calice di birra: è un messaggio alla signora Merkel: è una promessa di assoluta lealtà. Noi stiamo con la birra tedesca e non con il vino francese. A Monaco, racconta ancora Monelli, il borgomastro della città e due assistenti procedevano, ogni anno, nel mese di marzo, all’assaggio della nuova birra. Indossate brache di cuoio, i tre si sedevano al centro della cantina, su una panca inondata da fiotti di “succo d’orzo“. Per un’ora restavano seduti, immobili, e intanto cantavano tre volte una certa canzone. Alla fine “della terza cantata, si alzavano in piedi, a comando, nel medesimo istante. Se la panca restava attaccata al fondo delle brache era buon segno, la birra era buona.“.
Solo i maligni oseranno pensare che l’on. Bersani abbia voluto trasmettere, con quel calice, oltre che un messaggio alla signora Merkel, anche un avvertimento ai suoi: ho innaffiato la mia sedia di segretario con barili di buona birra, e perciò essa, la sedia, resterà attaccata a me. Ma sulle sostanze che tengono le sedie incollate alle chiappe noi italiani non prendiamo lezione da nessuno. Siamo maestri di colla. E non da oggi.
E veniamo al Pd ottavianese. Che, indotto dall’abitudine di pensare in grande, fa come il pretore romano, che non si preoccupa delle quisquilie. Delle pinzillacchere. È cosa bella, giusta e santa “ricostruire l’Italia“, ed è cosa nobile e commovente “ripartire insieme“, nella speranza che questa volta al traguardo arrivino tutti, e non solo i soliti noti. Ma prima di dedicarsi alla ricostruzione dell’Italia, pare necessario che il Pd ottavianese risponda a qualche domanda su Ottaviano. Ne prendo, dal vasto assortimento, un paio, a caso.
Durante la seduta che il Consiglio Comunale tenne il 27 settembre 2011 – una seduta memorabile, per molti aspetti – un consigliere lesse, a nome del PD, un documento, che dava notizie sorprendenti: si avverte nel popolo di Ottaviano “un senso di insoddisfazione profonda” verso gli amministratori; “c’è la sensazione che manchi una linea politica condivisa”, indispensabile in un momento così difficile; si percepiscono, in piccola scala, la “confusione, il distacco, quella tendenza alla navigazione a vista che sta caratterizzando il nostro paese“. E cioè l’Italia.
Dunque, non un consigliere di opposizione, ma un consigliere del PD, e cioè del partito che è il pilastro della maggioranza, ed è il partito del sindaco, disse, in consiglio comunale, che l’Amministrazione Iervolino, la sola Amministrazione di centro sinistra (diciamo così…) ad est del Vesuvio, non aveva una linea politica, e rilievo ancora più grave, era la fotocopia ridotta del governo Berlusconi. Penso che i cittadini di Ottaviano abbiano il diritto di sapere se il PD ha individuato le cause di quella navigazione “a vista“ e se il timoniere, intanto, ha corretto modi e tecnica di navigare.
Credo che il PD ottavianese abbia l’obbligo di dirci, per esempio, perché il Consiglio Comunale non ha speso fino ad oggi un solo minuto del suo tempo prezioso nell’ esaminare la complicata e costosissima questione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, e quella, non meno complicata, dei meccanismi che regolano la concessione di licenze edilizie. O forse il PD ottavianese ritiene che esami di tale genere non rientrino tra le competenze del Consiglio Comunale ? L’on. Bersani, che dovrebbe essere il modello di tutti i dirigenti del PD, suggerisce di scrivere dichiarazioni, discorsi e manifesti alla luce bionda di un calice di birra, e non nell’ombra di una coppa di nepente, l’omerica pozione che favoriva l’oblio.
P.S. Leggo, nella luminosa cronaca che Francesco Gravetti fa del dibattito, alcune dichiarazioni del primo cittadino di Ottaviano. Esse scaturiscono da un’analisi “storica“ che non mi convince nemmeno un poco. Credo che sia venuto il momento di toccare i nervi delle questioni, e soprattutto di stabilire, una volta per sempre, quante Ottaviano esistono.
(Foto: Velazquez, “Acquaiolo sivigliano”, 1618- 1620)