ELOGIO DELL’ASINO

0
829

Matteo Renzi, il rottamatore, ha risposto piccato a Bersani di non essere un asino. Si vede che non conosce Giordano Bruno, secondo il quale chi vuol fare qualcosa di importante deve prima diventare asino. Di Carmine Cimmino

Lo so. Avrei dovuto parlare ancora degli sbadigli del sig. Bossi, e dire che c’entrano con l’invidia e raccontare delle pratiche che facevano, e da qualche parte ancora fanno, le fattucchiere per “sfascinare“ i bambini “affascinati“ dal malocchio. Vi erano esposti soprattutto i bambini ancora in fasce, bersagliati dai baci, dalle carezze e dai cianci delle donne del vicinato, e da quelle del parentado, le più perniciose.

“Quant’è bello”, “È pieno di salute“, “Vide che uocchi“: era questo l’innesco dell’incantamento. La donna “falsa“ nell’indicare gli occhi del bambino spalancava i suoi, e si metteva a sbadigliare, una sfilza di sbadigli: “ ‘o alo“, così i napoletani chiamano lo sbadiglio. Gli spiriti maligni uscivano dagli occhi socchiusi (l’invidioso non vede chiaro, i suoi occhi sono sempre umidi e socchiusi) e si infiltravano nel corpo d’’o piccerillo. Il quale poco dopo incominciava a chiagnere, a se sbattere, a sbadigliare.

La mamma convocava subito la “commara“, esperta di queste cose: e se la commara, seduta di fronte al bambino, sbadigliava, anche lei, allora il malocchio era serio, allora bisognava mettere mano ai rimedi dell’urgenza: sputare tre volte a terra, e ripetere la terna tutt’intorno alla culla, conficcare un chiodo nella parete, intonare nenie e disegnare con l’indice tre croci sulla fronte dell’affatturato, mettergli al collo una catenina con il curniciello, cospargere di sale grosso e di gocce di aceto il pavimento della stanza. I miei zii, quando facevano uscire dalla stalla, per la prima volta, un cavallo appena comprato, gli legavano alla cavezza un sacchettino di pezza, pieno di sabbia, di sale e di foglie di palma sminuzzate.

Avrei dovuto parlare di tutto questo, ma la cronaca incalza, non dà tregua, fa ruotare le cose e le persone come trottole, e ora te le mostra in piena luce, ora nell’ombra, ora a mezzo tono. Lo sbadiglio di Bossi oggi mi appare come una mistura di invidia e di noia. Il capo della Lega, il perno del cerchio magico, l’erede di Viridomaro, il Garibaldi capovolto, l’uomo che avrebbe voluto sfasciare l’Italia, giunto al tramonto, si guarda intorno dall’alto dello scranno, e vede, nella nebbia, un agitarsi di ducetti tenenti e sergenti che da destra a sinistra si stanno organizzando per le prossime elezioni, per mettere le mani su ciò che resta dell’Italia berluscobossiana cicchittesca gasparriana e un poco anche bersaniana.

Sono dei giovanotti, e da qui la punta d’invidia: che diventa una trafittura dolorosa quando il sig. Bossi si guarda intorno, e misura i giovani di casa. Ma poi lo stanco gallocelta si consola, per un momento, non appena gli giungono all’orecchio, in un confuso vocio, i programmi i discorsi i proclami i bandi e gli editti dei caporalucci di ventura che si preparano a scendere in lizza. Con liste bloccate. Democraticamente. Ma che c…dicono ? Ma queste cose le ho già dette io, nel 1990. Ma che succede? Ma so’ tutti figli miei? E sbadiglia di noia.

Il dott. Renzi, che si chiama Matteo, e perciò come l’apostolo di cui porta il nome si sente “vocato“ – la sua vocazione è quella del salvatore dell’ Italia – da poco ha chiuso il raduno dei suoi seguaci, che si è tenuto a Firenze, sotto un titolo che è da solo un programma: Bing Bang. Modestia a parte. Anche l’on. Bersani vuole salvare l’Italia. Si sta preparando da tempo, ha imparato a memoria la parte, e ora ha paura di dimenticarla, e perciò da mattina a sera ripete il ritornello: Berlusconi se ne deve andare. Il “rottamatore“ dott. Renzi fa il simpatico sul ritornello del suo segretario nazionale, che non sopporta l’impertinenza del fiorentino.

Da qui scambi di battute e di colpi, che ricordano gli epici duelli di Borg e di McEnroe. L’on. Bersani ha sentenziato che un giovane può andare avanti anche senza scalciare. Il dott. Renzi ha ribattuto a volo: io non scalcio, io non sono un asino. La risposta non mi è piaciuta. Prima di tutto, perché ha dato per scontata un’interpretazione che scontata non era. Non solo gli asini scalciano. Scalciano anche i cavalli. E anche le zebre. Perché il “rottamatore“ ha pensato subito e solo agli asini? Sa già che l’on. Bersani lo giudica un asino? E perché si è offeso? Non mi aspettavo, da un fiorentino, che l’immagine dell’asino gli suggerisse solo significati negativi. Non mi aspettavo nemmeno che parlasse dell’asino in genere, senza distinguere l’asino dal somaro, e il somaro e l’asino da quello che a Firenze chiamano il ciuco.

Pare che sia lo stesso animale, e invece sono tre animali distinti. Se il dott. Renzi avesse letto Giordano Bruno, saprebbe che chiunque voglia fare qualcosa di importante, e dunque anche il premier, deve prima diventare asino. Perché la conoscenza è come una rete ferroviaria circolare, in cui sono aperte le stazioni dell’asinità e del sapere, e il treno non può fermarsi in una, se prima non si ferma nell’altra. Sono asino, e perciò non voglio più esserlo, voglio imparare: imparo, imparo, più imparo e più mi accorgo di essere asino. Così diceva Giordano Bruno, e qualche maligno potrebbe sospettare che l’abbiano messo sul rogo proprio per questo suo elogio dell’asinità. E che ne facciamo dell’ asino di Apuleio? E di Pinocchio – asino?

Pinocchio non si sarebbe avviato a diventare bambino, se prima non fosse passato attraverso l’esperienza dell’asinità: l’asinità vera, con tanto di orecchie lunghe “come spazzole di padule“. E l’asino che sta alla greppia del Presepe? E la tenacia dell’asino, la sua ostinazione, la sua potenza sessuale? Che dire di Bottom, il fantastico personaggio scespiriano di un Sogno di una notte di mezza estate, che viene trasformato in asino, ma non lo sa, e continua a proporsi per ogni ruolo e compito, faccio tutto io, mi vedo tutto io, ed è, infine, un simpatico ciuccio, ma anche un sovvertitore sociale? Dunque, chi aspira a un briciolo di conoscenza parte dall’asinità: per andare avanti. Se resta fermo alla stazione di partenza, resta asino. Su questo non c’è dubbio.

In “Minuzzolo“, un libro per bambini, Collodi parla di un somaro che si chiama Baffino… Ma è meglio lasciar stare: tra Pd e un somaro di nome Baffino c’è il rischio che si intrecci uno spiacevole equivoco. Temo che il sindaco di Firenze non abbia letto tutto Collodi. Se l’avesse letto, non avrebbe tenuto la sua “convention“ alla stazione Leopoldea. Alla prossima.
(Foto: Quadro di J.H. Fussli, “Bottom tra le fate”)

LA RUBRICA