Quanto successo a Rosarno dimostra il circuito perverso di un territorio malato di mafia, che altera il mercato e crea i nuovi schiavi.
Di Amato Lamberti
I fatti recenti di Rosarno, in Calabria, forse potevano servire, oltre che a costruire cronache indignate e alti richiami ai doveri di solidarietà ed accoglienza, a ragionare, in termini non soltanto emotivi, di un fenomeno, come quello dell”immigrazione, che sta esplodendo in Italia a causa di un approccio sbagliato da molti punti di vista. Il sonno della ragione genera mostri: proviamo a ragionare su dati di fatto incontrovertibili di natura economica.
Nell”attuale situazione economica, demografica, occupazionale italiana (con una enorme dilatazione dei servizi alla persona su cui non si riflette per niente), servirebbero molti più immigrati di quelli attualmente disponibili, ma si è invece diffusa nell”opinione pubblica, la convinzione che gli immigrati sono già troppi e bisogna cominciare a controllare gli afflussi e ad espellere i clandestini. Questa convinzione si allarga tra la gente ad opera sia di un vero e proprio martellamento continuo da parte di un partito, quello della Lega Nord, che ne ha fatto una bandiera in difesa dell”identità nazionale, ma soprattutto per il modo in cui gli organi di informazione affrontano il problema dell”immigrazione.
A parte il fatto che le teorie economiche suggeriscono che la migrazione dalle regioni in cui la forza lavoro è in esubero e a buon mercato verso regioni in cui è scarsa e cara, porta ad un benessere complessivo, c”è da considerare attentamente alcuni dati relativamente alla situazione italiana. Oggi la popolazione italiana è di circa 57 milioni ma è interessata da un processo di diminuzione, per effetto della denatalità, che la porterà nel 2020 a 52 milioni e nel 2050 a soli 41 milioni. Gli ultrasessantacinquenni oggi sono il 18,2% della popolazione, ma diventeranno il 21,1% nel 2020 e il 34,9% nel 2050. Per cui, per mantenere gli attuali livelli di popolazione, servirebbero almeno 240 mila immigrati l”anno.
Ma se l”obiettivo fosse quello di mantenere gli attuali livelli di popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni, di immigrati ne servirebbero non meno di 350 mila l”anno. Se infine l”obiettivo fosse quello di mantenere inalterato il rapporto tra popolazione in età lavorativa ed anziani, per assicurarci il pagamento delle pensioni, servirebbero 2,2 milioni di immigrati l”anno, molti dei quali da utilizzare nell”area dei servizi alla persona, non solo domiciliari ma sanitari, scolastici, turistici e ricreativi. Come si vede bene l”atteggiamento del governo, vessillifero il ministro Maroni, di chiusura con ogni mezzo, a partire dal respingimento sistematico, verso il fenomeno migratorio, è non solo miope ma sbagliato, perchè non tiene conto delle reali esigenze del nostro Paese.
Da un punto di vista strettamente economico, i dati sono chiari e incontrovertibili. In Italia vivono circa 4milioni di persone straniere con regolare permesso di soggiorno; oltre 700mila sono quelli “clandestini”, privi cioè del permesso di soggiorno. L”impatto sull”economia di questa presenza è pari al 9.2% del PIL. Dal 2000 questa percentuale si è quasi triplicata, come si sono triplicati gli immigrati occupati e più che triplicati i versamenti all”INPS, che hanno superato i 5miliardi di euro. Aumenta anche il numero degli imprenditori stranieri, sono oggi circa 165mila, con una crescita del 17% nell”ultimo anno nonostante la congiuntura economica sfavorevole.
Il contributo degli immigrati per quanto riguarda le imposte dirette è di circa 5.5miliardi di euro, mentre l”incidenza sulle spese pensionistiche totali è dell”1.2% e solo dell”1% sulla spesa pensionistica complessiva. Inoltre, l”incidenza della spesa sociale dei Comuni a favore di cittadini stranieri è pari soltanto al 2.1% della spesa complessiva. Bastano questi dati per far vedere come gli immigrati non sono un costo ma una risorsa preziosa per le imprese e le famiglie dove sono occupati, ma anche, e soprattutto, una presenza determinante per l”intero sistema sociale e produttivo italiano.
Naturalmente, come la Storia ci insegna, poichè le esigenze economiche finiscono sempre per prevalere, si tratta di controllare questi processi perchè se non regolati possono produrre distorsioni strutturali a livello di mercato del lavoro e di organizzazione produttiva.
La logica delle restrizioni agli ingressi legali, per ragioni che non si sa come definire se non come ideologiche o “viscerali”, perchè contrastano sia con le leggi dell”economia che con le esigenze del controllo e della sicurezza, finisce per alimentare la clandestinità e, quindi, i flussi illegali, ma anche il lavoro nero, lo sfruttamento della manodopera, il controllo del mercato dei prodotti agricoli, la dequalificazione degli apparati produttivi, la formazione di aree di marginalità e degrado totalmente sottratte ad ogni controllo di legalità, e, cosa più grave forse di tutte, favorisce la crescita e il rafforzamento di tutte le organizzazioni criminali che, grazie al controllo del territorio e a rapporti consolidati con i diversi livelli istituzionali, possono facilmente controllare e incentivare questi processi in funzione di nuove forme di accumulazione economica malavitosa.
Quanto è successo a Rosarno, in questi giorni, a scavare sotto la cronaca, dimostra il circuito perverso che si può instaurare su un territorio a sovranità mafiosa: produzione agricola con manodopera a bassissimo costo; intermediazione negli acquisti a prezzi non remunerativi per i produttori, costretti quindi a svendere o abbandonare il campo; trasporto e commercializzazione, in regime di monopolio violento, dei prodotti verso i mercati remunerativi;
capitalizzazione e reinvestimento in produzioni agricole che si reggono solo sullo sfruttamento del lavoro (foto) di un esercito di diseredati senza diritti che non possono neppure ribellarsi perchè privi del diritto minimo di esistenza, il permesso di soggiorno; settori però che grazie a sovvenzioni, sussidi, integrazioni, misure di sostegno di natura istituzionale consentono, alle organizzazioni malavitose, di lucrare anche ad altri livelli, compreso quello della acquisizione del consenso nella popolazione che finisce per beneficiare del controllo del mercato della occupazione stagionale e della distribuzione di sovvenzioni e sussidi.
In pratica, i braccianti di Rosarno, utilizzano i contratti stagionali solo per truffare l”INPS, perchè non lavorano, fanno lavorare gli immigrati ad 1/5 del salario permettendo così ai proprietari di arricchirsi nonostante la scarsa rimuneratività del prodotto, non ostacolano anzi favoriscono il controllo mafioso del trasporto e della commercializzazione dei prodotti, terminato il contratto stagionale ricevono il sussidio previsto dalla legge e si dedicano ad altre attività legali e non legali.
Naturalmente la truffa può essere anche ulteriormente sofisticata, mettendosi in malattia, facendosi riconoscere una sostanziosa invalidità. Così si guadagna di più sia quando si risulta ufficialmente occupato, e sia quando si è in regime di sussidio di disoccupazione.
Tutte situazioni ben note in tutto il Mezzogiorno, a partire dagli anni “80, ma che si è preferito non arginare consentendo, colpevolmente, alle organizzazioni criminali di acquisire una sovranità sempre più estesa sulla produzione, il trasporto e la commercializzazione di interi settori della produzione agricola, soprattutto di quelli interessati alla trasformazione industriale.
L”unica risposta vincente possibile è quella di reintrodurre la legge, tutte le leggi, sui territori a sovranità mafiosa. La desertificazione, il famoso “modello Caserta”, del ministro Maroni può servire solo a fare propaganda a buon mercato, ben ripresa dai corifei della carta stampata, per lasciare esattamente le cose al punto in cui stanno.
(Fonte foto: Rete Internet)