A proposito dell”inevitabile coesistenza dei libri cartacei con gli e-book, i libri elettronici. Di Giovanni Ariola
– Un altro bell’esempio di crasi (fusione di due parole) – dice il prof. Geremia Fantasia ai colleghi – è la parola BOLIDEA, letta nel salone di una concessionaria che esponeva alcune auto particolari tra le quali una Lamborghini di un giallo abbagliante. Appare evidente che sono saldati insieme due lemmi: bolide e idea.
– Davvero esaltante questa nostra epoca – commenta convinto il collega Piermario – per questa sua diffusa creatività . Anch’io stamane ho notato su un cartello esposto in un’agenzia di viaggi un suggestivo slogan: “Eatinerari del gusto” con quello strano neologismo formato da eat (termine inglese che significa mangiare e si pronunzia «it») che sostituisce le prime due lettere della parola itinerari.
– E tuttavia sempre più spesso, come abbiamo tante volte notato e sottolineato, si esagera nella manipolazione della lingua – osserva il prof. Eligio con un tono che tradisce un velo di sdegno malcelato – Non capisco, ad esempio, perché si debba tirare in ballo in ogni occasione la parola tsunami…Si è definito tsunami perfino il successo riportato dal “Movimento a cinque stelle” e dal suo scalmanato Masaniello, il nazional-popolare Grillo parlante (farneticante?) e politicante, nelle ultime elezioni amministrative. Si è parlato altresì di tsunami anche per la sconfitta elettorale del centrodestra: “Mentre Grillo avanza – ho letto su un quotidiano di qualche giorno fa – nel centrodestra c’è stato un vero e proprio tsunami”. Perché evocare questo terribile e devastante evento naturale per riferire un banalissimo fatto di cronaca politica? Mi sembra un’enfatizzazione del tutto ridicola!
Altro esempio di esagerazione e di uso della lingua troppo disinvolto è la mania delle abbreviazioni che genera una insopportabile oscurità del tessuto linguistico con conseguente difficoltà di comprensione dei contenuti. Si consideri questo annuncio che ho visto esposto nella vetrina di un negozio di informatica: “Grandi App per il tuo Mac/ Installare app è ancora più facile”…Ho dovuto fare una ricerca in proposito per apprendere che app è abbreviazione di applicazione e Mac è il nome abbreviato di Macintosh, una famiglia di computer che si diffuse negli anni ottanta…
– Ti faccio notare, caro collega – lo interrompe con un sorrisetto ironico il prof. Piermario – che stai parlando della preistoria….sono passati trent’anni circa (che nel campo tecnologico valgono come trenta secoli) da quando è iniziata la commercializzazione di Macintosh e tu stai ancora a chiederti cosa significhino termini che sono arcinoti…
– Non sono né uno stupido conservatore – reagisce bruscamente il prof Eligio – né un illuso difensore di un mondo che sta ineluttabilmente scomparendo, ma continuerò a sostenere la necessità di governare intelligentemente un processo di cambiamento. Mi vengono i brividi quando leggo un testo come questo…ascoltate…:
“Resistere: come nel mondo sfatto di Walter Siti nel suo ultimo romanzo? Cambiare: non al modo del principe di Salina e neppure al modo di Amazon, la prima infinita bottega USA di libri, ormai trasformata nell’aquila (o drago?) tricipite che, con Apple, primo venditore mondiale di apparecchi elettronici e con Google, primo venditore mondiale di comunicazione, sta facendo a ritroso la via delle Indie, nell’intento di colonizzare «anche» l’Europa con l’e-commerce della cultura, kindle in testa (e, pagando le tasse?). Ma forse già tutto è cambiato, e noi «non possiamo fermare lo tsunami, possiamo solo comprare una tavola da surf e navigare»: realista e fattuale, Riccardo Cavallero, da Segrate, non incita però a bordeggiare.” (“TuttoLibri, N. 1814, A. XXXVI, 2 Maggio 2012) E vi faccio notare che si parla ancora di tsumani per indicare questo inarrestabile progresso tecnologico…
– Sì, si tratta – interviene il prof. Carlo che solo l’altro ieri è tornato da Torino dove si è recato per una visita al Salone del Libro – dell’articolo di Mirella Appiotti intitolato appunto “È lo tsunami digitale: urge una tavola da surf”. Sono d’accordo che è esagerata la metafora dello tsumani, ma abbiamo tutti la sensazione, ma forse sarebbe meglio dire la consapevolezza di un cambiamento enorme che ci sta investendo a tutti i livelli e che un’epoca nuova, quella digitale, è sorta e avrà sviluppi strabilianti nel prossimo futuro, sviluppi positivi e/o negativi che siano che nessuno può prevedere. Non senza ragione al Salone del Libro di quest’anno è stato dato il titolo di “Primavera digitale”. Il messaggio che mi è giunto dalla mia giornata trascorsa al Salone è stato quello della ormai inevitabile coesistenza della cultura tradizionale, quella dei libri cartacei per intenderci, ancora molto viva e coraggiosamente resistente, accanto alla cultura nuova, quella degli e-book, dei libri elettronici.
Infatti mi è capitato di uscire dalla Sala blu dove prima avevo ascoltato Gian Luigi Beccaria che aveva parlato di Andrea Zanzotto, una vera e propria lectio magistralis, e avevo assistito poi alla presentazione del nuovo libro di Giulio Giorello (“Il Tradimento”) da parte di Maurizio Ferraris e Claudio Bartocci, e di trovarmi di fronte il padiglione del futuro.
Su appositi banchi non c’erano libri bensì tablet (= tavoletta, non quella cerata degli antichi Romani ma quella di un PC portatile e miniaturizzato sul cui schermo, senza bisogno di tastiera e mouse, scorre non uno stilo acuminato, ma semplicemente un dito, nudo e crudo) nelle due versioni kindle, capace di contenere fino a 1.400 libri, e kindle touche, molto più facile da usare e in grado di contenere fino a 3.000 libri non solo ma con Wi-Fi integrato che dà accesso a più di 1.000.000 di testi disponibili in meno di 60 secondi: chiunque poteva avvicinarsi e prendere in mano queste mirabili tavolette e tablettare (brutto e ibrido neologismo come internettare!) e questo tablettamento (neologismo addirittura orripilante secondo alcuni…cruscanti!) era offerto da Amazon che come si è detto prima è la ditta americana che sta invadendo il mercato italiano del libro elettronico…
– …pare che l’ad (amministratore delegato) di Amazon in Italia – interviene il prof. Piermario – sia Martin Angioni…una cosa curiosa che ho letto è che questo manager quarantaquattrenne sia figlio di Elizabetta zu Stolberg la quale fino a cinque anni fa possedeva una famosa libreria a Torino ma l’ha dovuta chiudere perché strozzata e soffocata, come tante piccole librerie, dalle potenti catene librarie…
– …cosa ancora più curiosa – riprende il prof. Carlo – è che anche i colossi del campo editoriale ora tremano e stanno cercando affannosamente di correre ai ripari di fronte alla concorrenza di queste multinazionali dell’editoria elettronica e dell’e-commerce (o internet shopping = mercato on-line). Siamo alle solite, ci troviamo di fronte un mercato sfrenatamente libero e senza adeguate regole…
– …e non sappiamo – incalza il collega Eligio – a quali conseguenze andiamo incontro ..purtroppo storditi dalle meraviglie che ci svolazzano sugli occhi e travolti dalla dromomania imperante (corsa sfrenata e sine causa, ossia senza un motivo valido e talvolta senza una meta precisa) non ci peritiamo di seguire come pecore la moda del giorno né ci preoccupiamo di leggere e interpretare qualche segnale significativo e allarmante che pure già esiste…avete mai sentito parlare della nomofobia?
– Forse significa – propone il prof. Geremia – paura delle leggi ( dal greco nomos = legge, regola e fobia = paura) e quindi avversione per la loro cogenza ineludibile ma soffocante?
È entrata discretamente, quasi in punta di piedi, la dott.ssa Raffaella.
– Se mi posso permettere – interviene timidamente senza tuttavia spegnere il sorriso che illumina come al solito il suo volto – vorrei rispondere alla domanda del prof. Eligio, correggendo, mi perdoni, il prof. Geremia…so per averlo letto su un quotidiano che si tratta della paura di perdere o di aver dimenticato a casa o anche solo di avere scarico il cellulare…
– Infatti – completa il prof. Eligio – la parola completa è no-mobilefobia (paura di non avere con sé il telefono mobile) …ancora una abbreviazione cervellotica.
– Vorrei, se me lo consentite – riprende la dott.ssa Raffaella – ringraziare il prof. Piermario per avermi regalato il bel libro di Giovanni F. Bignami (“Cosa resta da scoprire”, Mondadori, Milano, 2011) che ho appena finito di leggere e che considero un testo interessante e utile oltre che di lettura piacevole…
– Beh! Quale scoperta – le chiede il prof. interpellato – spera di poter vedere realizzata tra le dieci che sono indicate nel libro e “che cambieranno tutto”?
– Mi piacerebbe che fossero effettuate tutte al più presto in modo da poterne fare esperienza prima della mia “ultima trasformazione”. Mi rendo conto però che sono scoperte che richiederanno secoli non decenni…Ad esempio, sarebbe fantastico “scaricare (download) su silicio tutto il contenuto del nostro cervello. I nostri ricordi e i nostri dolori, le intuizioni e gli errori, i sogni e gli amori eterni, il ricordo di chi non c’è più e del sapore del vento quella mattina…insomma tutto, per sempre. Il nostro cervello copiato in un chip. E sarebbe solo l’inizio…Il bello verrebbe poi, quando proveremo a far funzionare da sola la copia del nostro cervello su silicio: questo sì che cambierebbe tutto.”
Ho fiducia tuttavia di poter vedere attuato il superamento della moneta cartacea o metallica…mediante l’installazione di un chip sottocutaneo in ciascuno di noi, magari sul dorso della mano, nel quale sono stati inseriti i dati relativi al proprio conto bancario…una sorta di bancomat miniaturizzato… “La cassiera del supermercato, il barista o il gioielliere ti presentano un apposito cilindro cavo dove tu inserisci la mano al riparo da sguardi indiscreti e voilà ! Il pagamento è fatto! Sarebbe anche difficile evadere le tasse col chip elettronico. Forse per questo finora ha prevalso una prudente attesa, ma meglio cominciare a pensarci: potrebbe essere qui molto presto e certo cambierebbe tutto il nostro modo di vivere.”.