Candelora: tradizioni e curiosità tra sacro e profano

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I femminielli e’ Candelora, pellegrinaggio a Montevergine

La Candelora è molto attesa in Campania: è la festa in onore della Madonna di Montevergine, ogni anno, da tutta la regione, arrivano i fedeli per rendere omaggio alla Madonna nera.
Un’armonica fusione tra sacro e profano unisce le origini pagane del luogo, infatti in passato il santuario era il tempio dedicato alla dea romana Cibele, con la sua vocazione cristiana.

Il 2 febbraio, l’ascesa verso il santuario è accompagnata da canti, travestimenti e balli al suono di nacchere e tammorre, in un’atmosfera folkloristica di intenso coinvolgimento e di degustazione di piatti tipici.
Protagonisti della festa sono i femminielli devoti alla Madonna, la Mamma Schiavona: si narra che nel 1200, durante una bufera di neve, una coppia di amanti omosessuali fosse stata scoperta ed imprigionata ad un albero vicino a delle lastre di ghiaccio ma, per intercessione della Vergine, un improvviso raggio di sole colpì la lastra, sciogliendola e salvando i due innamorati.

La Candelora è il nome popolare attribuito dalla Chiesa e dai fedeli alla festa religiosa che si celebra il 2 di febbraio per ricordare la presentazione del Signore al Tempio ed il rito di purificazione della Vergine Maria quaranta giorni dopo la nascita di Gesù.
La sacra ricorrenza deriva il suo nome dal tardo latino "candelorum", per "candelaram", benedizione cioè delle candele: anticamente le donne in attesa di purificazione, recavano in dono alla Madonna dei ceri, la cui fiammella costituiva il simbolo della fede e della redenzione dal peccato. Secondo la tradizione, questi ceri benedetti sono poi conservati in casa dai fedeli e vengono accesi in qualunque momento si senta il bisogno d’invocare l’aiuto divino.

La Candelora è una festa che il Cristianesimo ha derivato dall’antichissima festa di Imbolc, la festa che celebra, il 1 febbraio, il ritorno alla luce, la purificazione, il risveglio. Etimologicamente Imbolc significa “festa della pioggia” o “festa del grembo”, si celebra, quindi, un nuovo inizio rispetto al gelo di gennaio. Il simbolo della festa di Imbolc è il bucaneve, il Galanthus nivalis, il fiore color latte della neve, simbolo di purezza che ricorda la dea Brìde o Brigit la protettrice dei fabbri, degli artisti e dei guaritori.

In epoca cristiana la festa di Imbolc venne equiparata alla Candelora e siccome la festa pagana era sotto gli auspici della dea Brigit, si trasformò naturalmente nella ricorrenza di Santa Brigida, il cui fuoco perpetuo acceso a Kildare, contea irlandese, era una continuazione delle fiammelle di Imbolc. Ancora oggi, nelle immagini popolari, Santa Brigida viene raffigurata reggendo in mano un piattino nel quale arde una fiammella, ed è accompagnata da agnelli e mucche, proprio come la dea Brigit che li allevava. Il riferimento all’agnello è per i commentatori medievali l’emblema di Gesù Cristo.

Un antico libro irlandese, il Libro gaelico di Lismore, scritto nel XV secolo, narra che a Roma i ragazzi usavano giocare su una scacchiera che presentava la figura di una vecchia strega da un lato, che liberava un drago, mentre dall’altra parte una giovane fanciulla lasciava libero un agnello che sconfiggeva il drago. Papa Bonifacio, dopo aver interrogato i ragazzi e aver saputo che il gioco era stato insegnato loro dalla Sibilla, lo proibì.

La strega non è altro che la vecchia dea dell’inverno, Cailleach, sconfitta dalla giovane dea della primavera, Brigit. Il confronto tra le due dee, simboleggia le due metà dell’anno, quindi Brigit e Cailleach sono i simboli della nascita e della morte dell’anno. In tale periodo ci si prepara, quindi, alla primavera come suggerisce un vecchio detto: “’A Cannelora estate dinto e ‘vierno fora”.
(Fonte foto: Rete Internet)

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