CAMPANIA. TERRA BELLA MA AVVELENATA

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    Nella nostra regione si sono contati oltre 5mila siti abusivi di rifiuti tossici. Forse davvero Napoli è un “bellissimo cadavere barocco”. Di Amato Lamberti

    "Mentre i medici discutono, il malato muore". Mi sembra questa l’espressione che meglio fotografa, oggi, la situazione dell’emergenza rifiuti in Campania. I Comuni si muovono in ordine sparso, senza raccordo tra di loro anche quando insistono sullo stesso territorio e risentono ciascuno delle situazioni problematiche degli altri con i quali confinano e condividono strade e terreni. Nessuno si è attrezzato in proprio rispetto allo smaltimento dell’umido e dell’indifferenziato, quando pure sarebbe stato semplice realizzare impianti di compostaggio di piccole dimensioni e di nessun impatto ambientale.

    Anche quando hanno attivato la raccolta differenziata porta a porta si sono completamente affidati ai Consorzi nazionali delle frazioni differenziate che tendono ad alimentare pochi impianti dislocati fuori regione, spesso molto distanti, facendo lievitare i costi e diminuire le quote di ristoro previste per il conferimento di frazioni differenziate. Il comune di Napoli è stato addirittura commissariato dal Governo, con grande gioia degli amministratori che così possono scaricare su Governo e Presidente del Consiglio tutte le difficoltà che continuano a registrarsi sul territorio comunale.

    Anche gli accordi con le altre Regioni italiane per verificare la messa a disposizione di impianti e discariche per lo smaltimento dei rifiuti prodotti ogni giorno e di quelli accumulati per mesi sulle strade sono demandati al Ministero dell’Ambiente e alla Conferenza Stato-Regioni. Nessuno si scandalizza per questo totale esautoramento di compiti e funzioni del Comune, pure previste dalle leggi, e, anzi, molti lo giudicano come l’unica strada percorribile vista la totale incapacità dell’amministrazione a far fronte anche alla sola raccolta dei rifiuti urbani. Naturalmente nessun amministratore prende in considerazione l’ipotesi che, vista la conclamata incapacità, per questo problema,come per altri, come il traffico o la manutenzione stradale, forse sarebbe meglio passare la mano ad una struttura commissariale che affronti ed avvii a soluzione almeno le emergenze che si sono trasformate in condizioni strutturali e patologiche.

    Non parliamo dello smaltimento dei rifiuti. Le leggi, ma anche il buon senso, prevedono che ogni Comune sia responsabile della fine che fanno i rifiuti prodotti dai cittadini e raccolti in modi e forme decisi dalla stessa amministrazione comunale. Non può smaltirli come e dove gli pare ma sarebbe tenuto a fare proposte all’amministrazione provinciale e regionale per indicare disponibilità ad accogliere impianti di smaltimento e di trattamento sul proprio territorio, da mettere eventualmente a disposizione di altri Comuni. Saranno poi la Provincia o la Regione, sentiti tutti i Comuni, a redigere il piano provinciale e regionale di smaltimento dei rifiuti.

    Quindici anni di Commissariamento dell’emergenza rifiuti, tra gli altri danni dolosamente prodotti, su cui forse la magistratura avrebbe fatto bene a fare chiarezza, hanno lasciato in eredità un atteggiamento di totale deresponsabilizzazione delle amministrazioni locali, provinciali e regionali, rispetto al problema dello smaltimento dei rifiuti urbani, tanto che per la Campania, contrariamente a quanto avviene per le altre regioni, si rendono necessari decreti a livello di Consiglio dei Ministri.

    Non parliamo poi dei rifiuti industriali, di cui non si occupa nessuno, anche se la quantità dei rifiuti industriali da smaltire è almeno quattro volte quella dei rifiuti urbani. Si tratta, inoltre, di rifiuti classificati generalmente come tossici e nocivi ma non attivano l’attenzione né degli amministratori né degli organi di stampa, anche se vengono smaltiti spesso in maniera impropria, o, abusivamente, insieme ai rifiuti urbani, rendendo le discariche delle vere e proprie bombe ecologiche capaci di inquinare definitivamente il territorio, l’atmosfera, le falde acquifere e di produrre danni significativi alla salute dei cittadini.

    La maggioranza dei rifiuti industriali, come ci documentano decine di indagini di carabinieri e magistratura, viene però smaltita in discariche abusive appositamente preparate ad opera di vere e proprie organizzazioni criminali, le ecomafie, formate da clan criminali, imprenditori, amministratori locali, tecnici, professionisti e apparati dello Stato. In Campania si sono contati più di 5000 siti di smaltimento abusivo di rifiuti industriali anche pericolosamente tossici. In particolare, nelle province di Napoli e Caserta, sono stati sversati rifiuti industriali provenienti da fabbriche chimiche del Nord Italia, ubicate soprattutto nella cosiddetta Padania. Anche terreni inquinati, come quelli di Seveso e dell’Acna di Cengio, hanno avuto come destinazione finale le campagne del casertano e del napoletano.

    Una situazione terribile che ha trasformato la Campania in una enorme discarica di rifiuti speciali, tossici, nocivi, radioattivi, come documentano i rapporti di Legambiente sulle Ecomafie e sulla Rifiuti Spa, di cui non si discute neppure a livello istituzionale.

    Come se tutto fosse normale, come se questo fosse il destino ineluttabile di una Regione, la Campania, che, però, bisogna tenere nascosto, per continuare, paradossalmente, a cullarsi in un passato fatto di storia, di civiltà, di archeologia, di monumenti, di arte, di cultura, di bellezze paesaggistiche, di gente ospitale, di qualità del vivere. Oggi, la realtà è ben altra: la Campania è una terra avvelenata da milioni di tonnellate di rifiuti, non quelli urbani che al massimo puzzano quando fermentano, ma quelli che provocano allergie, tumori, malformazioni, avvelenamento del sangue.

    Come ha scritto un autore catalano, Napoli è “un bellissimo cadavere barocco”. Forse è proprio la sua bellezza che ci impedisce di accorgerci del suo stato cadaverico.
    (Fonte foto: Rete Internet)

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