Al nosocomio napoletano, noto per essere un centro altamente specializzato nelle malattie cardiorespiratorie, la questione sulle barriere architettoniche viene affrontato con un piglio poco scientifico, ma parecchio arrangiato. LE FOTO
Capita spesso, anzi, fin troppo spesso, quando si è affetti da una disabilità, di porsi parecchi interrogativi prima di doversi spostare in qualche luogo poco conosciuto. A me, ad esempio, capita di frequente il sabato sera, il giorno dedicato all’uscita con gli amici.
C’è da sapere che, oltre a tante altre, una delle principali fonti di preoccupazione per ogni disabile è l’accessibilità. In effetti, nonostante questa sia prerogativa di diverse leggi dello Stato, non sempre, diciamo pure quasi mai, viene garantita. In queste condizioni, usufruire delle proprie libertà personali ed umane diventa un’impresa estremamente difficile.
In genere, però, non ci si pone tali problemi quando c’è da spostarsi in una struttura pubblica, come può essere un ospedale, dove si dà per scontato che tutto dovrebbe corrispondere alle norme in vigore. Eppure, proprio la settimana scorsa, recatomi all’Ospedale Monaldi per un semplice controllo, ho dovuto constatare che, anche lì dove l’ovvio dovrebbe rappresentare una certezza, ogni cosa si ribalta. Dalle foto allegate in questo articolo, come potete ben vedere, ho documentato qualcosa che ha dell’indicibile, ma che purtroppo, sia nella nostra provincia, come a Napoli città, si ripete con precisa ciclicità. Si vive, dunque, dello stesso menefreghismo e della stessa inciviltà.
Partendo proprio dalla foto numero uno, si può osservare chiaramente come la via d’accesso alla rampa (su questa discuteremo dopo) sia ostruita dal parcheggio di una macchina. Macchina che, è bene precisarlo, esibisce perfino il contrassegno disabili. Ma vabbè, questo è pur sempre il paese delle eterne contraddizioni. A questo punto, dopo aver constatato l’impossibilità di poter accedere da quel lato, mi sono visto costretto a trovare, come un segugio da caccia, un percorso alternativo. E per fortuna che c’era, aggiungo. Ma non è finita qui. Infatti, una volta superato l’ostacolo della macchina, eccomi davanti ad un marciapiede che definire tale equivale ad un complimentone. Pavimentazione totalmente devastata con dislivelli e buche sparse ovunque.
E come se non bastasse, l’ingresso al nosocomio è palesemente ricavato da un’entrata non concepita per l’accesso disabili. La foto numero tre lo mette in risalto. Basta guardarla per accorgersi che, l’aggiunta di cemento, per di più in modo piuttosto arrangiato, non può essere un valido sostituto di una rampa progettata con tutti i crismi del caso. Medesimo discorso, vale per la rampa che avrei dovuto adoperare per usufruire del marciapiede, quella ostruita dalla macchina. Questa qui, l’immagine parla da sola (foto n. tre), risulta ancora più arrangiata della prima, con l’aggravante, però, di essere ricoperta da più strati di brecciolino. Mettendo in pericolo chi, in carrozzina come me, rischierebbe di slittare incappando in un brutto capitombolo.
Insomma, la situazione che vi ho presentato è davvero avvilente. Qualcuno potrebbe pure affermare: vabbè, alla fine sei comunque riuscito ad entrare. Sì, certo che ci sono riuscito. Ci sarei riuscito anche se ci fossero stati tre piani di scale. La vita ti costringe ad arrangiarti. Ma questo non vuol dire nulla. Anzi. Qualcosa vorrà dire, invece. Vuol dire che se pure una struttura pubblica così importante e necessaria, si arrangia con soluzioni da piccola bottega di paese, allora questo paese ha un’urgente bisogno di fare un passo indietro e fermarsi un attimo.
Oggi, in Italia, le politiche sociali vengono continuamente calpestate, l’ultima finanziaria ne è un esempio, sottraendo così risorse e strumenti per chi nella vita è costretto ad andare più piano, e che necessiterebbe di supporti appropriati. Basta informarsi su cosa prevede l’ultima finanziaria in tema di disabilità, per lasciarsi andare alla disperazione.
Che dire, come concludere. A volte mi chiedo se si possa andare più a fondo di questo, e se davvero un giorno riusciremmo a metterci alla pari di altre democrazie occidentali, che vedono la disabilità come una risorsa da utilizzare, e non come un intralcio da mantenere.
Continuate a scrivere alla nostra casella di posta, abbiamo tutta l’intenzione di raccogliere la vostra indignazione (mobasta2012@gmail.com)


