Adolescenza e gravidanza, il dramma dell’aborto: la storia di Greta

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    Una storia d’amore che toglie il fiato, quella che ogni ragazzina vorrebbe vivere. Ma a soli sedici anni Greta resta incinta. In preda al panico decide di abortire, ma da allora la sua vita non sarà più la stessa.

     Un libro sul comodino, complice di un’evasione mentale solo agognata. Il letto disfatto, sulle pareti i poster degli idoli del momento. La finestra spalancata, per permettere al sole di entrare e riscaldare una camera che da troppo tempo gela l’anima. Mi accoglie in quello che considera essere il suo mondo Greta, una stanza dove da un anno a questa parte ha seppellito i suoi sogni. Non è facile per lei parlare, riaprire una ferita che, nonostante il tempo, non si è mai rimarginata.

    Così le dico di partire da un particolare in grado di suscitarle ancora un sorriso. Allora alza lo sguardo verso di me, e con un tono quasi sarcastico replica:
    «Non credo ce ne siano. Quando resti incinta a sedici anni hai poco tempo per sorridere…».

    Le chiedo quindi di raccontarmi la sua storia, annuisce solo con la testa e con lo sguardo fisso al di là della finestra racconta:
    «E’ stato più di un anno fa. Avevo appena cominciato il primo liceo classico, e con Matteo ho provato quello che in gergo si definisce un colpo di fulmine. Occhi azzurri, moro, 18 anni appena compiuti. Il classico belloccio in grado di far perdere la testa ad una ragazzina. Ero al settimo cielo quando scoprì che ricambiava le mie attenzioni. Nell’intervallo salivo al piano di sopra, per spiarlo da lontano.

    Era affascinante anche quando scherzava con gli amici. Un giorno però fui scoperta. Nel dirigermi verso la porta della sua aula, me lo ritrovai di fronte, occhi negli occhi. Non riuscivo a proferire parola, sentivo solo il cuore battere all’impazzata. Poi il sorriso di Matteo cambiò tutto. Mi accarezzò i capelli e con lo sguardo di chi ha già capito tutto mi disse: ”Al pub nell’angolo, stasera alle otto”. Annuì solo con la testa talmente forte era stata l’emozione…».

    Poi cosa successe, sei andata all’appuntamento?
    «Ovvio. Certo per chi vive in un paesino come Roccarainola, e ha solo sedici anni, raccontare di uscire di sera con un ragazzo più grande ai propri genitori, non è proprio il massimo… Così inventai la solita scusa di andare da Anna(la mia compagna di banco) a studiare e di rimanerci fino a tardi in vista dell’interrogazione dell’indomani. Indossai poi il vestito più bello che avevo nell’armadio, presi il motorino e mi recai all’appuntamento. Quando arrivai al pub, trovai Matteo già seduto ad aspettarmi. Mi accolse calorosamente, baciandomi sulla fronte, ed insieme mangiammo un panino, raccontandoci un po’ le vite dell’uno e dell’altra. Quando stavo per andarmene mi afferrò per un braccio e senza darmi il tempo di capire, mi strinse a sé baciandomi teneramente. Mi sembrò di toccare il cielo con un dito. Quella sera a casa non chiusi occhio…».

    Da allora poi è nata una storia?
    «Sì, cominciammo a frequentarci assiduamente. Passavamo i week end insieme agli amici, e qualche volta trovavamo qualche scusa con le reciproche comitive per concederci del tempo solo per noi».

    Ti va di parlarmi della sera in cui sei rimasta incinta?
    «Sì, certo. Era un sabato di marzo, inventai una scusa con i miei per restare tutta la notte con Matteo. Sapevo quali erano le sue intenzioni, ma mi aveva promesso che “non sarebbe andato oltre” se io non avessi voluto. I suoi genitori erano partiti per un week end fuori e così ne approfittammo per concederci del tempo solo per noi. Cenammo insieme, e poi dopo, mi invitò in camera sua, mi baciò delicatamente e mi chiese se mi sentissi pronta per “essere finalmente sua”. Annuì con la testa, ero innamorata di Matteo.
    Gli dissi solo di usare le precauzioni, ma mi zittì dicendomi che ci sarebbe stato attento…».

    E invece non l’ha fatto…
    «No, e ne pagherò lo scotto per tutta la vita. Il mese successivo, dopo dieci giorni di ritardo, iniziai a pensare che forse ci ero rimasta. Anna, la mia migliore amica, mi diceva di restare calma e mi spinse a comprare un test di gravidanza. Mi disse che quello era l’unico modo per scoprire la verità. Quelle due lineette rosa mi gelarono il sangue nelle vene. In un attimo vidi scorrere tutta la mia vita davanti agli occhi, e sfumare il sogno di diventare un medico di successo… Come potevo frequentare l’univeristà con un bambino, come facevo a dirlo ai miei, Matteo mi avrebbe lasciata? Furono questi i miei primi pensieri, e decisi di dare una risposta ad almeno uno dei miei interrogativi.

    Andai a casa di Matteo , erano giorni che per un motivo o per un altro non si faceva sentire. Quando mi aprì la porta sembrava sconvolto. Non feci nemmeno in tempo ad aprir bocca, che vidi avanzare mezza nuda dietro di lui Sofia, quella che scoprì essere la sua ultima fiamma. Quel che è peggio, Matteo non cercò nemmeno di giustificarsi, mi disse solamente: “Volevo dirtelo…”. In preda al panico e alla disperazione corsi a casa, dove ad attendermi c’era il più grande ostacolo da superare: i miei genitori».

    Immagino non sia stato facile raccontare loro l’accaduto…
    «Non lo è stato per niente. Ma non usai mezzi termini con loro. A cena, senza alzare la testa dal piatto, con un tono freddo che io stessa mi stupì di avere tuonai: “Sono incinta, ma voglio abortire e non c’è nulla che voi possiate fare per farmi cambiare idea”. Scappai in camera mia, mia madre mi seguì. Voleva capire, mi faceva domande, ma io non le davo nemmeno ascolto. I giorni che seguirono furono un inferno. Papà non mi parlava nemmeno più, mentre mamma mi costringeva a passare da uno psicologo all’altro, tentando invano di farmi cambiare d’idea».

    E poi arrivò il giorno dell’aborto…
    «Sì, il giorno della mia fine. Scusa se uso questo termine, ma da allora per me è cominciato un incubo. Quando mi portarono in sala operatoria, ero convinta che stavo facendo la cosa giusta, e anche dopo mi sentivo sollevata, come se avessi “risolto il problema”. E invece i giorni a seguire furono un inferno..Il rimorso mi tormenta ancora oggi, immagino il sesso del bambino che non c’è più, quel bambino che io stessa ho ucciso».

    Ed oggi come si svolge la tua vita?
    «Continuo a studiare, frequento gli amici di sempre, ma Matteo non l’ho più visto e non gli ho mai raccontato dell’accaduto. Sorrido con tutti e cerco di mostrarmi solare. Ma quando sono sola, mi chiudo in camera mia, alzo gli occhi al cielo, e tutti i giorni chiedo scusa al piccolo angelo che non ho mai conosciuto».
    (Fonte foto: Rete Internet)

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