C”è poco da fare: siamo vittime di abusi di potere ma reagiamo poco perchè ci affascina il forte e non il giusto. Questa è sindrome di Stoccolma!
Caro Direttore,
secondo me, il nostro paese è affetto dalla “sindrome di Stoccolma”. Sta accadendo, infatti, a noi, strani abitanti del Bel Paese -delle più avveniristiche città o delle più sperdute contrade-, ciò che capitò, nel 1973, ai dipendenti della Kreditbanken di Stoccolma vittime di una rapina. Tenuti in ostaggi, per ben sei giorni, non appena furono liberati, essi manifestarono un attaccamento emotivo nei confronti dei banditi, tanto da implorare, per loro, clemenza alle autorità.
Fu allora che il criminologo Nils Bejerot, per descrivere uno stato di sottomissione psicologica di una vittima di un sequestro nei confronti del suo rapitore, coniò l”espressione “sindrome di Stoccolma”. Che sta, poi a significare un atteggiamento di comprensione, che può, talvolta, sfiorare anche sentimenti di innamoramento; e non sono stati rari, infatti, i casi in cui tra vittima e carnefice è sbocciato anche del tenero.
È innegabile che, oggi, siamo un po” tutti tenuti in ostaggio da un manipolo di uomini, potenti quanto arroganti. Con modalità e tempi diversi essi tengono prigionieri i nostri destini, la nostra libertà, le nostre libere scelte, i nostri diritti, il nostro futuro. Ma è altrettanto innegabile che tutto ciò ci piace e, maggiormente, ci piacciono gli uomini che lo sanno fare. Tanto da essere –per le nostre azioni, i nostri comportamenti, il nostro modo di pensare, le nostre scelte elettorali- caratteristici esemplari affetti da sindrome di Stoccolma. E se il passato serve per capire meglio il presente, ciò che sta accadendo l”ho ritrovato, passo passo, in uno scritto del 1945, che, però, parlava di un certo Benito Mussolini:
“Il capo del governo si macchiò ripetutamente, durante la sua carriera, di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perchè il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto”. (Elsa Morante, Opere, vol. I, 1988, L-LII).
In effetti, caro Direttore, a noi –il popolo- è riservato il compito di scrivere la storia; a loro –a quel manipolo di uomini, potenti quanto arroganti- il compito di come scriverla. In altre parole, se c”è la possibilità di cambiare un percorso, quella passa solo attraverso le nostre scelte. Una volta decretati gli eletti (nel significato di scelti, nominati non in quello di predestinati!), poi, sono solo questi ultimi a decidere come procedere. Certo, tutti immaginano che la storia debba essere scritta senza disprezzo per i più deboli, per gli onesti, per quanti rispettano la legge, per quanti pagano le tasse, per quanti lavorano, non rubano, non appartengono a cosche, non vivono di espedienti e di malaffare.
Come fare a spiegare che c”è una sostanziale differenza tra l”affermazione di un diritto e quella di un sopruso, tra un abuso ed un condono.
Sai, Direttore, credo che da domani mattina avrai difficoltà maggiori anche ad insegnare. Come farai a spiegare ai tuoi alunni che per diritto si deve intendere soltanto: “complesso di norme regolanti la vita sociale di una comunità indipendente (e sono caratterizzate dall”esistenza di sanzioni esterne e regolate, predisposte per garantirne l”osservanza)”? Attento che qualcuno di quei tuoi attenti pargoli, scatenati ma intelligenti, magari già predestinato ad un futuro da politico, ti potrà contestare, ricordandoti, in ordine, che:
1) non tutti gli adulti fanno così; 2) è prassi ormai consolidata recuperare dalla pratica del “diritto” il meglio per sè stessi; 3) che la legge e la democrazia, negli ultimi tempi, sono due cose diverse e contrastanti. In tale evenienza, cosa risponderai? Se posso azzardarmi, ti suggerirei di avviare con loro una riflessione su un altro pezzo della Morante, sempre scritto nel 1945.
“Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquio volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe tutto al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po” ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente, e causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. È difficile trovare un più completo esempio italiano. Ammiratore della forza, venale, corruttibile, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori e si immagina di essere sempre il personaggio che vuole rappresentare”.
Sono in molti, ormai, a sostenere che lo studio della storia serve a poco. Bisogna sfrondare quella materia di molta zavorra, bisogna rileggerla, rivederla e commentarla diversamente da come ci è stata tramandata nei documenti. Probabilmente, sono assertori di questa linea gli stessi che hanno già sfrondato lo studio della geografia, delle scienze, del latino. L”annuncio delle riforme epocali, in materia scolastica, appare sempre più un rimaneggiamento del sapere che non un approfondimento.
Tanto, a che (e a chi) serve il sapere? Ognuno si bea della propria ignoranza e si inventa anche un alibi: la vita è breve, la morte è sempre in agguato, il riso fa buon sangue, sono già tante le preoccupazioni di un uomo, Franza o Spagna purchè se magna..!
Direttore, non ho capito cosa stai dicendo. Dici che mi faccio, inutilmente, il sangue amaro, che mi rovino il fegato, che continuo a vivere male? Dici che, tanto, ci sono le leggi a regolare il nostro paese? Sì, hai ragione. Mi pare Tacito abbia scritto: “Corruptissima in re publica plurimae leges” (Le leggi abbondano negli stati dei corrotti). Che è un po”, nella nostra più volgare lingua, “fatta la legge, trovato l”inganno”. Tanto, chi se ne fotte?
(Fonte foto: Rete Internet)