Zona Rossa del Vesuvio, dopo 17 anni poche soluzioni e tanta confusione

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Dopo 17 anni e più dall’emanazione della legge 21/2003 sulla zona rossa ad alto rischio vulcanico in Campania, è il caso di fare il punto della sua applicazione.

La legge certamente fu emanata sotto la pressione della comunità scientifica, allarmata per le conseguenze di una eruzione del Vesuvio, e conseguentemente alquanto raffazzonata nella sua formulazione. Vediamo il perché.

Art. 2comma1– Gli strumenti urbanistici generali ed attuativi…non possono contenere disposizioni che consentono l’incremento dell’edificazione a scopo residenziale….

Art.5comma 1…è vietato il rilascio di titoli edilizi abilitanti la realizzazione di interventi abilitanti la realizzazione di interventi finalizzati all’incremento dell’edilizia residenziale

Con successiva legge regionale 7/8/ 2014, n. 16, le dizioni degli articoli vengono così modificati:

Art.2comma 1- Gli strumenti urbanistici generali ed attuativinon possono contenere disposizioni che consentono nuova edificazione a scopo residenziale…

Art. 5- comma1è vietato il rilascio di titoli edilizi abilitanti la realizzazione di interventi finalizzati a nuova edilizia residenziale…

In questo balletto di cambio di terminologia ci si era dimenticato o per lo meno trascurato il problema dei numerosi edifici residenziali realizzati abusivamente negli anni precedenti, a fronte dei quali erano state emanate le leggi dello stato 47/85 e 724/94 per il condono, con la conseguenza del blocco delle concessioni in sanatoria per questi edifici. Questa situazione si è trascinata per anni sino alle emanazione delle due leggi regionali n. 26 del 4/12/2019 e n. 6 del 12/3/2020 con cui è stato sancito che il divieto previsto dalla legge 21/2003 non si applica ai procedimenti pendenti per la sanatoria a fronte delle leggi 47/85 e 724/94.

Risolto il problema della sanatoria delle residenze abusive, occupiamoci degli altri edifici esistenti.  Nella formulazione originaria della legge 21/2003, così si recita:

Art. 5 comma 2 –Restano esclusi dal divieto (di cui in precedenza) gli adeguamenti funzionali e di natura igienico-sanitario degli immobili esistenti.

Potremmo capire gli adeguamenti igienico –sanitari (si tratta di dotare di sevizi sanitari le case sprovviste, ammesso che c’è ne fossero ancora), ma cosa significa adeguamenti funzionali? Funzionali a cosa?

Sin dal 1978, legge n.457, sono stati definiti gli interventi di recupero sul patrimonio edilizio esistente in: manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, ristrutturazione urbanistica. Tale classificazione è rimasta inalterata negli anni e così pure nei decreti del Presidente della Repubblica del 2001 e successive integrazioni.   In quali di queste classificazioni si colloca l’adeguamento funzionale?

Ulteriore confusione si raggiunge con la L.R. 1/2011 che all’art. 11 bis, comma 7, riprendendo il citato art. 5, comma 2, vi aggiunge: nonché gli interventi di ristrutturazione edilizia, anche mediante demolizione e ricostruzione in altro sito, in coerenza con le previsioni urbanistiche vigenti, a condizione che almeno il cinquanta per cento della volumetria originaria dell’immobile sia destinata ad uso diverso della residenza.

Difficile comprendere come si possa tradurre in pratica questa postilla alla legge 21/2003.

Nella successiva legge 26/2019, già citata, all’art. 3 comma 5-a) si recita: dopo il comma 2 dell’art. 2 (art. della legge 21/2003 riportato in precedenza) è aggiunto il seguente: 2 bis. IL divieto previsto al comma 2 non si applica ai piani di recupero di cui all’art. 29 della legge 47/1985 (si tratta in pratica dei piani di recupero degli edifici abusivi)

Con successiva legge 6/2020, anch’essa già citata, questo comma 2 bis è abrogato

Come è evidente la confusione è massima. Non si è riusciti in tutti questi anni a chiarire a quali interventi sia possibile sottoporre le residenze esistenti per preservarle dall’inevitabile degrado del tempo. Si è continuato a insistere sul mutamento di destinazione da residenze ad altri usi: produttive, commerciali, ricettive, ecc. Dimenticandosi che i centri commerciali prima, le vendite e tutta una serie di attività in on-line poi hanno drasticamente ridotto oggi e ancor più lo sarà in futuro il fabbisogno di questi immobili.

In conclusione risulta evidente e necessario che i comuni della zona rossa si debbano dotare al più presto dei nuovi piani urbanistici (PUC) con cui finalmente venga sancito, acclarato che nuova edilizia residenzale non è realizzabile per non aumentare il rischio in caso di eruzione vulcanica, quali siano gli interventi a cui si sia possibile sottoporre gli edifici esistenti, senza ambiguità di sorta.

Vogliamo solo ricordare, per inciso, che il Comune di Sant’Anastasia ha in elaborazione da ben dieci anni e oltre il PUC e, malgrado che si siano alternate in questo lasso di tempo ben 4 amministrazioni, i cittadini anastasiani sono ancora in attesa  che questo fondamentale strumento sia approvato