Domani al Maradona è in programma Napoli-Eintracht Francoforte, partita delicata per gli azzurri, che sono obbligati a vincere per mantenere un posto valido per la qualificazione ai playoff della Champions League.
Tuttavia, la delicatezza di questa sfida riguarda purtroppo anche l’ordine pubblico: sono ancora vivi nella memoria gli incidenti di due anni fa, quando gli ultras tedeschi hanno messo a ferro e fuoco il centro, e in particolare via Monteoliveto, così come la triste vicenda di Eindhoven di un paio di settimane fa, con i 180 tifosi azzurri espulsi per aver violato una zona rossa senza aver fatto nulla. Anche stavolta la trasferta è stata vietata ai tedeschi ma due anni fa il divieto non fu sufficiente a neutralizzare la furia tedesca in città.
Per evitare nuove spiacevoli situazioni in città, il prefetto ha disposto una serie di misure come la chiusura dello svincolo di Fuorigrotta della Tangenziale o, guardando al modello olandese, un divieto di affollamento in luoghi pubblici per le persone riconducibili in qualche modo alla tifoseria del club tedesco. Non c’è dubbio che questa volta i provvedimenti siano corretti, alla luce degli eventi passati (non solo a Napoli), ma il problema è più profondo. Perché mai una trasferta in un paese estero, opportunità per conoscere ed aprirsi ad una cultura diversa dalla propria, si dovrebbe trasformare in occasione di guerriglia urbana e devastazione di una città? Perché non si può vivere una partita di calcio per quello che è, ossia un momento di festa e di comunità, piuttosto che di violenza?



