Il palio si presenta agli occhi degli spettatori come un grande mosaico, un reale progetto culturale, dove ognuno recita la propria parte, diventando a sua volta una tessera insostituibile.
Ritorna il mese di settembre e con esso il Palio. Un appuntamento, che per la varietà dei suoi contenuti, rappresenta per Somma Vesuviana un evento unico nel suo genere. Una rievocazione spettacolare che non è solo parte integrante, ormai, dell’identità e del tessuto sociale del paese, ma il risultato di una proficua accortezza dei giovani per i particolari preparativi e per la stupefacente e puntuale ricostruzione storica e scenica, che si erge fin nei minimi dettagli nel dinamismo e la complessità del nostro presente.
Il Palio nasce, senza dubbio alcuno, con un ambizioso obiettivo: quello di recuperare quelle piccole parti perdute del grande mosaico della storia, ma soprattutto di ritrovare le radici della propria terra, ricostruendo ed esaltando personaggi ed ambientazioni sulla base di antiche fonti e con il supporto di documenti ingialliti arrivati fino a noi. A riguardo, Somma Vesuviana è stata sin dalla notte dei tempi una città molto fortunata, in quanto numerose pubblicazioni hanno sempre esaltato la sua storia. Tanti anni fa, inoltre, scrivevo che il legame che ci stringe alla nostro paese è forte: è, soprattutto, la forza dell’amore per una terra incantata, un meraviglioso territorio ricco di arte, storia e cultura. L’amore per la nostra terra, inoltre, non solo ci porta a scrivere assiduamente del suo formidabile passato, ma è anche l’amore per la nostra gente, per le nostre tradizioni civili e religiose, per i nostri valori. Dalla tradizione religiosa, in particolare, prende spunto la maggior parte delle feste popolari cittadine.
Il Palio, dicevamo, trova la sua motivazione proprio in quella forte necessità che ogni comunità avverte di recuperare la propria identità, attraverso lo studio e la conoscenza delle proprie radici e tradizioni. L’evento, al di là dei giochi, tiene conto di due momenti essenziali, ma del tutto opposti nella sostanza storica, del nostro passato: da una parte la concessione angioina di Carlo II (+1309), lo Zoppo, nel 1293 ai PP. Predicatori,& altri uomini di Somma di poter fare la fiera in Somma ogni martedì della settimana, come è attestato nei Registri della Zecca del 1292 – 1294 [Cancelleria angioina], riportati dal primo storico di Somma, l’abate D. Maione [La Regia Città di Somma, 1703, 25]; dall’altra, la concessione aragonese del 1496 della regina Giovanna (Giovannella, 1479 – 1518), vedova di Ferrante I, all’Università di Somma e casali del magister nundinarum o mastro mercato, notizia riportata dal dottor Alberto Angrisani [Brevi notizie storiche e demografiche intorno alla Città di Somma Vesuviana, 1928, 64], in concomitanza con la fiera del martedì in Albis, che secondo lo stesso Maione doveva corrispondere a quella ottenuta da re Carlo II [cit. D. Maione, idem]. Si aggiungono, poi, i rioni partecipanti, che in un certo senso vogliono rimembrare l’antica e triplice ripartizione, già dal 1326, della Terra di Somma nei grandi quartieri: Casamale, Prigliano e Margarita [D. Russo, Studi di toponomastica].
Lo scenario, infine, si manifesta con le sue ricchezze architettoniche e paesaggistiche. Insomma, il Palio si presenta agli occhi degli spettatori come un grande mosaico, un reale progetto culturale, dove ognuno recita la propria parte, diventando a sua volta una tessera insostituibile.