Raccontare di aver subito violenze, minacce, percosse non è mai facile. È però un gesto estremamente generoso per chi ascolta, per chi ha subito la stessa esperienza, per non sentirsi soli.
È accaduto nei giorni scorsi a Somma Vesuviana: i soliti adolescenti, i classici bulletti del quartiere, hanno inseguito a bordo dei loro motorini un ragazzo che stava tornando a casa. Diego (nome di fantasia) ha capito fin da subito che c’era qualcosa di strano in quei ragazzi che continuavo a stargli dietro e a seguire il suo passo e poco dopo ha avuto la conferma che stava per accadere qualcosa. È stato deriso, schiaffeggiato, minacciato più volte in malo modo, ovviamente senza alcuna ragione. Lo hanno spintonato, colpendo l’auto di Diego con i propri motorini, gli hanno intralciato la strada, più volte, impedendogli di proseguire ed è proprio in quel momento che è stato colpito gratuitamente in volto con estrema brutalità. Diego è riuscito a sfuggire a quello che presumibilmente si sarebbe trasformato in un pestaggio brutale (se non peggio) solo perché era a bordo della sua auto e grazie alla quale è riuscito a seminare i ragazzi sugli scooter e a tornare a casa sano e salvo. Forse si tratta di fortuna, forse è solo un caso ma come può sembrare giusto sentirsi fortunati dopo un evento tanto traumatico? Come si può credere che il giorno dopo aver subito una tale violenza, Diego non abbia avuto paura di uscire di casa? Perché Diego la paura l’ha provata proprio in quei momenti in cui è stato aggredito non solo fisicamente. Perché la violenza psicologica esiste, è reale e va condannata tanto quanto quella fisica.
Minacce di ogni tipo con parole feroci che Diego non ha avuto il coraggio di ripetere: “Questi episodi vanno oltre il bullismo: sono atti di pura criminalità di un gruppo di adolescenti il cui obiettivo è quello di incutere paura nelle persone. Sono ancora sotto shock per quello che mi è accaduto alcuni giorni fa. È un evento raccapricciante.” Seppure visibilmente turbato ed imapurito, Diego ha deciso di sporgere denuncia nei confronti di questi ragazzi per non permettere che questo atto criminale rimanesse impunito come spesso accade. I ragazzi, infatti, sono già noti e collegati ad aggressioni simili avvenute a Somma Vesuviana, ragazzini che si atteggiano a padroni della strada, ragazzini spavaldi e annoiati ai quali andrebbero insegnati i sentimenti, l’arte, la comunicazione verbale. Perché quando l’unico modo di comunicare è attraverso la violenza vuol dire che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nella società.
Questa è la storia di una violenza e solo questo basterebbe a far rabbrividire chiunque ma purtroppo non è sempre così. C’è chi è vittima, chi è carnefice, chi guarda e passa e chi invece si ribella. È la storia di una violenza di un branco che crede di avere il potere del mondo intero nelle proprie mani, che crede che utilizzare la forza bruta sugli altri sia una vittoria e che la violenza sia il modo giusto per avere il rispetto che gli è dovuto. È la storia di una violenza subita da un giovane uomo che ha scelto di combatterla. Perché l’unico modo per porre fine alla violenza non è restare in silenzio ma avere coraggio.