Quando a metà degli anni ottanta, Napoli fu fortemente colpita dal degrado della droga, Padre Santucci decise di comprare a Somma Vesuviana una struttura che divenne la sede del primo esperimento di comunità terapeutica per tossicodipendenti in Campania.
Il 4 luglio 2021 si è spento il gesuita Padre Ernesto Santucci nella Casa della Compagnia di Gesù a S. Pietro Canisio in Roma.
Padre Ernesto nacque a L’Aquila il 7 luglio del 1930. Dopo avere frequentato le scuole primarie al Collegio d’Abruzzo dei Gesuiti di L’Aquila, conseguì dapprima il diploma di Maturità presso il Liceo Classico Domenico Cotugno e, successivamente, proseguì la sua formazione a Roma nel 1948, iscrivendosi alla Facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi La Sapienza. Guidato da Padre Giuseppe De Bonis sj, Rettore del Collegio d’Abruzzo, iniziò il noviziato presso la casa di formazione di Vico Equense fino al 1951. L’anno dopo, proseguì la sua formazione filosofica a Lonigo. Nel 1954 ricevette gli ordini minori a Gallarate. Il 9 luglio del 1961, finalmente, accolse l’ordinazione presbiterale nella Città di Messina, mentre il suo percorso di adesione alla Compagnia di Gesù si concluse con la professione solenne a Napoli nell’Istituto Pontano il 2 febbraio 1966.
Quando a metà degli anni ottanta, Napoli fu fortemente colpita dal degrado della droga, Padre Santucci decise di comprare a Somma Vesuviana una struttura che divenne la sede del primo esperimento di comunità terapeutica per tossicodipendenti in Campania, che fu da lui chiamata Il Pioppo, come afferma Don Daniele Pinton. L’associazione, senza scopo di lucro, operava sul territorio con lo scopo di accoglienza, recupero e reinserimento sociale di ex tossicodipendenti, minori e giovani a rischio di devianza di area penale e civile, con particolare riguardo all’emarginazione sociale e all’integrazione dell’agio con il disagio. Una vera opera di civiltà del Santucci, che riuscì a coinvolgere in modo integrato e progettuale diversi servizi. Dopo l’esperienza della Comunità Il Pioppo, il Gesuita si recò in l’Albania, dove trovò un paese straordinario ma affamato di tutto, dove la Chiesa – continua Don Daniele – e i suoi uomini erano stati perseguitati per molto tempo. Qui, non solo ottenne la cittadinanza albanese, ma si attivò totalmente per far ricostruire nove chiese, che erano state distrutte negli anni della dittatura comunista, impegnandosi verso gli ultimi, cioè i carcerati della casa circondariale di Kruja. Un lavoro straordinario compiuto nell’opera di evangelizzazione dei fedeli e nella costruzione di chiese ed altre strutture caritative a servizio del popolo albanese, per cui gli valse la decorazione pontificia Pro Ecclesia et Pontifice: un’antica onorificenza papale, istituita da papa Leone XIII il 17 luglio del 1888. Rientrato in Italia, al termine del suo servizio missionario, Padre Santucci fu destinato a Napoli alla Casa del Gesù Nuovo, dove si è sempre dedicato alle confessioni dei fedeli, fino a quando è giunto definitivamente a Roma, nella parte finale della sua vita.