Sant’Anastasia, scontro tra sindaco e parroco sulla caserma dell’Arma, parla Abete: «Intromissioni intollerabili, don Ciccio si occupi di quel che gli compete».

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Il Parroco Don Ciccio D’Ascoli
Il sindaco Lello Abete

Le dichiarazioni rilasciate dal parroco di Santa Maria La Nova (leggi qui) don Ciccio d’Ascoli hanno fatto piuttosto «rumore» e ieri sera, alla celebrazione religiosa delle 19 nella collegiata anastasiana, il sacerdote si è scagliato ancora una volta dal pulpito contro il sindaco e la sua maggioranza, sostenendo che se i carabinieri dovranno andare via da Sant’Anastasia, il giorno dopo anche il sindaco dovrà dimettersi. Poco dopo l’omelia, il sindaco Abete ha replicato rilasciando un’intervista al mediano.it

La caserma dei carabinieri di Sant’Anastasia

Troppo facile riandare con la mente ai racconti di Guareschi ambientati in un piccolo centro della bassa padana in provincia di Reggio Emilia, sullo sfondo dell’Italia del dopoguerra. Quegli stessi racconti che avevano come protagonisti il parroco don Camillo e il sindaco comunista Peppone, trasposti poi pari pari nei film di successo con Fernandel e Gino Cervi. Gli scontri tra sindaci e parroci, più frequenti di quanto si vorrebbe in ogni luogo, evocano da allora alla mente sempre don Camillo e l’amico-nemico Peppone. E la recente replica di una saga dalla sceneggiatura sempreverde si sta consumando appunto a Sant’Anastasia, in provincia di Napoli. Oggetto del contendere tra il parroco, don Ciccio D’Ascoli, e il sindaco Lello Abete – che «comunista» come Peppone proprio non si può dire – è la spada di Damocle che da qualche anno incombe sul destino della locale caserma dell’Arma dei carabinieri.  Circa tre anni or sono o poco più, il proprietario dell’appartamento in cui ha sede la stazione dei militari, che oggi vedono al comando il maresciallo Francesco Russo, fece notificare un avviso di sfratto per morosità. Da quel momento il problema di trovare casa all’Arma, per scongiurare la peggiore delle ipotesi – cioè che Sant’Anastasia non abbia più un presidio dei carabinieri – è entrato a far parte dell’agenda politica locale tra alti e bassi. Si cominciò a pensare alla costruzione ex novo di una caserma dell’Arma in via Libero Grassi (ed esiste una delibera di indirizzo in questo senso passata in giunta comunale), si parlò – ed erano i primi mesi di governo Abete – di allocare i militari nel centro sociale «Giuseppe Liguori» (ipotesi accantonata tra mille polemiche), tornò in auge l’idea di destinare allo scopo lo stabile di via Primicerio dove oggi ci sono vigili urbani ed ufficio tecnico. È stato è preso insomma in esame quasi tutto il patrimonio immobiliare del Comune. Ma nel frattempo i mesi sono passati, lo sfratto è divenuto esecutivo e se la questione non si risolverà nelle prossime settimane la fine è scontata: gli anastasiani che avranno necessità di rivolgersi all’Arma dovranno recarsi nei paesi limitrofi, con le relative conseguenze e ricadute anche in termini di sicurezza e controllo del territorio. L’ipotesi più recente, approdata con una proposta anche in consiglio comunale, riguardava il plesso scolastico di via Sodani ma la delibera, votata dal sindaco Abete e da pochi altri esponenti di maggioranza, è stata ritirata in assise dopo la richiesta di alcuni consiglieri, preoccupati dal parere contrario di revisori e Corte dei Conti: a fronte di una donazione dello stabile sarebbe scattato il danno erariale del quale avrebbero dovuto rispondere, singolarmente e in prima persona, sindaco e consiglieri. Al momento tutto è ancora in forse, però nel frattempo ha detto la propria anche il «don Camillo» anastasiano: don Ciccio d’Ascoli, dopo aver rilasciato una intervista dai toni pesanti in cui si scagliava contro il sindaco Abete e la sua amministrazione, ha testualmente dichiarato ieri sera, dal pulpito di Santa Maria La Nova, che «se i carabinieri andranno via, il giorno dopo dovranno farlo anche il sindaco e i suoi amici». «Ho aspettato due anni in silenzio – ha detto don Ciccio – ma ora la misura è colma ed ho voluto esternare il mio pensiero perché un parroco non è certo tenuto ad occuparsi di politica, ma del benessere della comunità tutta sì, e se il presidio dell’Arma dovesse andar via è proprio questo che c’è in gioco».  Il «je accuse» del parroco (presente in chiesa la vicesindaco Carmen Aprea, capitano in seconda di quell’amministrazione che il sacerdote ha definito «approssimativa») ha ricevuto applausi scroscianti.

Il sindaco Lello Abete

Poco dopo, il sindaco Abete ha rilasciato l’intervista che segue.

Sindaco, i carabinieri andranno via?

«Stiamo facendo tutto il possibile perché ciò non accada, senza soffermarci a considerare che non sarebbe nemmeno nostra responsabilità. La sentiamo come tale e agiamo di conseguenza».

Magari un po’ tardi?

«Guardi, il problema della caserma non nasce certo oggi. Negli anni si sono succedute amministrazioni di vario colore e nessuno ha mai risolto il problema, diciamo che il “cerino” acceso è capitato a me. La situazione è difficile e complicata, è dall’insediamento che mettiamo proposte sul tavolo, se nessuna è andata a buon fine la responsabilità non può essere imputata a noi come se non ce ne fossimo mai occupati».

La sua amministrazione ha proposto prima il Centro Liguori, ipotesi affossata in una selva di polemiche. Poi è stato il turno del plesso Sodani che avreste voluto donare all’Arma e la sua proposta è stata ritirata in un difficile consiglio comunale su proposta di suoi stessi consiglieri di maggioranza. Lo sapeva da prima che sarebbe andata così? E, nel caso, perché l’ha portata comunque in assise per vedersela bocciare?

«Io mi ero impegnato con l’Arma e con la Prefettura a portare la proposta in Consiglio e non avrei mancato alla parola, ma il rischio paventatoci da funzionari, revisori e Corte dei Conti mi imponeva un’altra responsabilità: quella di affidare alla libertà di coscienza dei singoli consiglieri la decisione. Perché se quella delibera fosse passata, e io ero pronto a farla passare, il giorno dopo i revisori avrebbero inviato tutti gli atti alla Corte dei Conti. Ciò vuol dire che quasi certamente si sarebbe configurato un danno erariale di cui avremmo tutti dovuto rispondere, in prima persona e singolarmente».

Quindi era tutto preparato?

«No, c’erano esempi di cessioni di beni in altri Comuni, casi simili. Io avrei rischiato. Però funzionari e revisori hanno approntato pareri duri, pesanti, ed è questa la verità che ho dovuto dire ai consiglieri nella riunione di maggioranza che si è tenuta prima del consiglio. Eppure una parte ha comunque votato a favore».

Perché non si è presa in considerazione l’ipotesi di un comodato d’uso gratuito per il plesso Sodani, ma solo una donazione?

«Non sarebbe cambiato nulla, i lavori di adeguamento necessari avrebbero comunque configurato un danno per l’Ente, quasi duecentomila euro».

Dunque anche il plesso Sodani è scartato. E adesso?

«Adesso ho portato in Prefettura due proposte. Una è lo stabile di via Primicerio, costruito originariamente proprio per ospitare una caserma dell’Arma. Ha tutti i requisiti. Io ho dato piena disponibilità a farmi carico del trasloco degli uffici e ad affrontare il sacrificio di riattare altri locali per il personale comunale. Quell’edificio lo concederemmo in comodato d’uso gratuito. Ma c’è un’altra soluzione: il vicesindaco Aprea ha interloquito con un responsabile di RFI: ebbene le Ferrovie ci hanno dato il loro assenso affinché portassimo al tavolo della Prefettura la possibilità di concedere in comodato d’uso l’ex scuola di via Rosanea, da anni in disuso. Ho chiesto una risposta entro martedì prossimo».

È vero che all’ultima riunione in Prefettura i responsabili dell’Arma non si sono presentati?

«È vero, ma lo sapevamo. Ci hanno chiesto di avanzare proposte che poi sarebbero state valutate. Intanto siamo in contatto con il Ministero della Difesa e stiamo smuovendo ogni singolo contatto che possa esserci d’aiuto, perché quel che vogliamo è che il presidio rimanga sul territorio».

Però qualcuno dice che non è abbastanza. Cosa pensa delle dichiarazioni e della omelia del parroco di Santa Maria La Nova, don Ciccio d’Ascoli che ha pronunciato, in una affollata chiesa, parole poco incoraggianti rispetto alla vostra azione in merito alla questione «caserma»?

«Penso che ci sono intromissioni che sconfinano abbondantemente dai ruoli. Io ringrazio il parroco per l’interessamento, ma non posso consentirgli di incitarmi alle dimissioni. Tant’è che non mi dimetto, perché sto lavorando seriamente ad un problema che non ho creato io e nemmeno mi compete, eppure lo sto facendo per la mia comunità, per il popolo che mi ha eletto. Non accetto consigli – o peggio tiratine d’orecchio – dal parroco, saranno gli elettori a decidere come ho lavorato. Il parroco viene, al contrario dei sindaci investiti dal mandato popolare, indicato e nominato: se non sta bene qui può anche cambiare parrocchia, ma non gli consentirò più di entrare a gamba tesa nelle questioni amministrative. Ha parlato di “approssimazione”? Lui dice di essere stanco? Bene, io sono più stanco, ma di sentire queste sciocchezze».

Però i fedeli in chiesa, che sono anche suoi cittadini ed elettori, hanno applaudito.

«Se ci fossi stato io e avessi detto del mio impegno per l’Arma, avrebbero applaudito comunque. È facile strappare applausi con i proclami dal pulpito. Mi desse piuttosto la “sua” soluzione. Ma non ce l’ha di certo. Svolga piuttosto il suo ruolo con il rispetto che dovrebbe essergli consono, non venga meno ai canoni della religione e della fede. Ricordi il mio, di rispetto, quando ho taciuto appunto per rispetto nei suoi confronti quando ha deciso dopo secoli di consuetudine, di non far uscire la processione per il Santo Patrono. Io chiedo, pretendo, da lui, lo stesso rispetto dei ruoli».

In questi giorni ci sono state altre proposte. L’ex sindaco Esposito, per esempio, ha suggerito che l’ex mattatoio comunale, almeno in parte, potrebbe servire ad alloggiarvi la sede dell’Arma. Ventilando poi anche l’ipotesi di sopperire alla mancanza di fondi per la costruzione di una caserma con una tassa di scopo. Lei che dice?

«Quella del mattatoio non è ipotesi percorribile. Il finanziamento ottenuto per quella struttura sarebbe di sicuro revocato perché il progetto riguardava tutto lo stabile. E poi, lo sappiamo bene, i carabinieri non vogliono la “convivenza” con altri enti o associazioni. Quanto alla tassa di scopo, è una follia che non prendo in nessuna considerazione. Ma si immagini se ciascuno dei miei concittadini dovesse versare, in questo momento storico già così difficile, almeno 60 euro a persona, bambini e anziani compresi. Ma poi, guardi, quel che tiene di più al presidio dei carabinieri sono proprio io perché – e lo ricordo nel caso qualcuno avesse finito per dimenticarlo – il sindaco di Sant’Anastasia sono io. Se altri hanno soluzioni fattibili le dicessero, perché quelle virtuali le conosciamo tutti. Domattina potrei tranquillamente far passare una delibera di indirizzo per costruire il Colosseo in via Romani, ma poi i soldi chi me li dà?».

Se martedì le dicessero di no ad entrambe le proposte avanzate?

«Andrei a bussare nuovamente al Ministero della Difesa. Di certo non mi arrendo».

Ancora una cosa: nelle ultime ore la questione è stata molto dibattuta sui social network. Non le sembra che consiglieri di maggioranza, assessori e staffisti meglio farebbero ad utilizzare canali più ufficiali invece di litigare, replicare e ironizzare su Facebook?

«Certo che mi sembra, è un punto critico che discuterò anche nella prossima riunione di maggioranza. La questione la sto gestendo io con il vicesindaco e alcuni assessori e di certo non su Facebook. Vanno utilizzati canali ufficiali, senza replicare a quelle che evidentemente sono solo provocazioni, è questo il mio parere che rappresenterò a tutti con decisione».