Sant’Anastasia, il candidato sindaco Carmine Pone: «No alle logiche di bottega, basta con scambi e clientele»

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Tre liste, 48 candidati, ieri in via Roma il candidato sindaco Carmine Pone –  in 41 minuti di intervento – ha aperto la sua campagna elettorale, in contemporanea con l’avversario Carmine Esposito che teneva il suo comizio iniziale in piazza Cattaneo. Pochi metri, due ex sindaci, due «animali politici», entrambi di estrazione socialista, ma che più diversi non si potrebbe. E nello stile nessuno dei due è mutato, negli anni. Come per la campagna elettorale del 2007, quando si erano appena conclusi i dieci anni di governo Iervolino (altro ex sindaco candidato in questa competizione elettorale), Pone affronta il palco con padronanza e ricorre ad evocazioni suggestive per identificare gli avversari senza però mai farne il nome. Così il centro sinistra di Iervolino, che non nomina indicandolo però palesemente come «novello Fanfani», viene rinominato prendendo in prestito il nome di un famoso gruppo musicale pop degli anni ’70, i «Cugini di campagna». Per Esposito, anche lui mai citato, Pone scomoda l’appellativo di un noto personaggio televisivo, il Mago Otelma.

 

A dire il vero ce n’è per tutti, nei 41 minuti di intervento dell’avvocato Pone, preceduto sul palco dai tre presentatori delle sue liste. Carolina Marciano (Carmine Pone Sindaco, come la giovane Rita Capuano che dopo di lei ha preso la parola) che definisce il candidato sindaco quale «la nostra stella polare», Giustina Maione (già consigliera comunale nel 2010, ora non candidata ma rappresentante di Popolari e Riformisti) la quale si riferisce a Pone come «la guida giusta, di comprovata capacità amministrativa e fermezza morale»; infine, Ottavio Gallo (Sant’Anastasia orgogliosa e forte) che invoca un rilancio guidato da una «forza equilibrata e serena», non a caso il mantra di Pone in questa tornata.

Prima di passare all’attacco però, il candidato sindaco, che primo cittadino lo è già stato dal 2007 al 2009, archivia una questione che aleggia fumosa ma non dimenticata sulla campagna elettorale: «Il nostro è un paese moralmente fiaccato, piegato da un trauma. Non dobbiamo dimenticare perché il 20 e il 21 settembre si va al voto, votiamo perché in questi ultimi dieci anni le consiliature sono finite anticipatamente per questioni di cronaca nera». Giudiziaria in verità, ma è poco importante perché Pone passa agli obiettivi e professa garantismo senza se e senza ma. «Il primo obiettivo è «mai più» il nostro paese sulle pagine di cronaca, non dico demagogicamente che occorra portarlo in prima pagina ma almeno in quelle di nera mai più. Gli anastasiani non meritano di vergognarsi quando devono dire quali sono le proprie radici e ciò, in questi mesi, è capitato». Ed aggiunge: «Non siamo qui in piazza per fare processi, la magistratura farà il suo corso e mi auguro che se responsabilità penali ci sono, vengano accertate». Precisando: «Io sono garantista sempre, anche nei confronti dei miei peggiori avversari politici». Detto ciò, le responsabilità politiche sono invece argomento da piazza e naturalmente da comizi. «In questa piazza dobbiamo invece sì valutare se questo ultimo decennio ha consentito al paese di fare passi avanti o piuttosto di farne molti indietro e credo che le responsabilità politiche vadano accertate perché c’è questa strana operazione di chi, in questo decennio, ha avuto molto potere e si comporta invece come fosse stato all’opposizione. Vi posso assicurare che l’unico ad aver avuto poco potere in questo decennio sono io e, quando l’avevo, l’ho volontariamente lasciato, accorgendomi che non serviva più a produrre risultati per la collettività ma diventava solo uno sterile esercizio di dominio sulla comunità». Proprio il potere è al centro dell’intervento di Pone, un potere che dalle sue parole si intende non piegato ad un progetto politico ma esercitato, ha detto il candidato sindaco, «come una lunga teoria di transazioni». Ed è vero che non cita mai gli avversari né chi lo ha seguito dal momento delle sue dimissioni nel 2009 però affossa di fatto, scientificamente e ad ogni parola, sia l’operato politico di Esposito (2010 -2013) suo avversario, sia quello di Lello Abete. Non ha fatto mancare nemmeno, Pone, il riferimento ai dissidi degli ultimi anni: «Mi sono assolutamente astenuto dal partecipare al rodeo, mentre c’è in giro un po’ di fauna politica che prima va dallo zio, poi dal nipote, poi di nuovo dallo zio per tornare dal nipote, ma in questa giostra quando finiscono i gettoni? Intanto ho detto molti no nella composizione delle liste, non ho bisogno di vincere a qualunque costo se devo prendermi la responsabilità di rimettere in piedi un paese sapendo che quello che troveremo a Palazzo Siano farebbe tremare i polsi all’uomo politico più scafato». E chiede alla platea: «Voi lo avete capito su cosa hanno litigato un po’ di persone, da mane a sera e per due lustri? Sul potere, litigavano sul potere».

Ce n’è poi pure per l’altro competitor, l’altro ex sindaco. Iervolino, si capisce, senza mai citarlo. «Facile fare il sindaco per dieci anni, come dice qualcuno vantando una tale permanenza al potere. Basta sedersi sulle clientele, accettare alcune richieste, evaderne altre, spostarne ancora altre, così si va avanti. Io resto sconvolto quando vedo che alla mia sinistra i «cugini di campagna» si ripropongono sotto braccio uno con l’altro. Hanno avuto un solo successo e cantano quella canzone da venti anni. Io arrivai a Palazzo Siano nel 2007 e vorrei dire oggi a chi si atteggia quale novello Fanfani che, dopo un governo di dieci anni precedenti, ho dovuto chiedermi come fosse possibile non aver toccato nemmeno un dossier, non aver aperto un fascicolo, cambiando giunta ogni settimana su indicazione delle segreterie di partito e poi clientele, clientele, clientele. Ora tornano con una proposta politica anche piuttosto fiacca e diciamo la verità: alla mia sinistra si sta consumando l’ennesima tappa di un congresso Pd che dura da 13 anni, cioè da quando io li ho sconfitti nel 2007. All’epoca stavano insieme, i «cugini di campagna» e il «mago Otelma» perché sono due facce della stessa medaglia, ecco perché la gente scelse me: non ce la faceva più a sopportare quel modello di gestione dove se non avevi santi in paradiso, se non eri cognato, cugino, compariello, dovevi fare tre passi indietro. Nel 2007 quel centrosinistra comprendeva veramente tutti, adesso fanno finta di stare separati, ma pensano le stesse cose, l’assalto alla diligenza si consuma con le stesse modalità. Allora avevano sette liste fortissime che dovevano schiacciarmi, non è accaduto» (ndr, nel 2007 Pone vinse le elezioni contro Antonio Dobellini, vincitore a sua volta delle primarie del centrosinistra, ma le liste di quest’ultimo conquistarono la maggioranza).

«Straccioni» è la parola più pesante che Pone abbia utilizzato nel corso di tutta la serata. Riservandola a «straccioni di vario genere che fanno orrore e che invece di vergognarsi mi coprono di epiteti come se fossi un mostro, perché secondo loro premiare quelli che meritano è razzismo sociale, se è così che la intendono, è bello essere razzisti».

La chiusura la riserva, l’avvocato, all’avversario che sta nel frattempo tenendo il suo comizio poche centinaia di metri più in là, e infine passa alle necessità, al suo programma. «Le tre liste che mi sostengono sono pesanti, rappresentative di tutto il paese. Invece c’è qualcuno che ha fittato un autobus con 80 posti e non è stato facile riempirlo. Anzi, faticoso, con trattative intense. Con questi criteri non si va a Palazzo Siano ma a Montevergine, però il “Mago Otelma” continua a fare le stesse promesse di dieci anni fa, zona rossa, condoni, solo che poi i trucchi si scoprono: quello che una volta poteva divertire i bambini diventa malinconico».

Infine, le priorità, almeno alcuni punti cardine del suo programma: «Le scuole cadono a pezzi, l’ultimo intervento lo facemmo noi alla Tenente Mario de Rosa con un finanziamento regionale di 250mila euro poi più nulla». «Il cimitero: un cantiere non può rimanere aperto per 28 anni. Fui io a costringere la ditta a ridurre la durata del progetto a vent’anni, chi è arrivato dopo l’ha riportato a 28 senza alcuna spiegazione, così la ditta se la prende comoda per completare le infrastrutture mentre accelera sulle opere che devono essere vendute per fare cassa». «Nel novembre del 2009 diedi l’incarico per il Piano Regolatore general, pianificazione urbanistica di importanza cardinale per la comunità, quello che oggi si chiama piano urbanistico comunale. Non c’è ancora. Ci sarebbe voluto un anno e mezzo al massimo».

Saluta, il candidato Pone, con l’appello ad una «rivoluzione». «La potete fare voi con la matita, nei seggi, scegliendo il candidato sindaco che ritenete più adatto e, attentamente, anche i consiglieri comunali, gente capace di dare un contributo, non persone raccolte fuori dai bar».