Si riaccende la battaglia degli ambientalisti per l’applicazione della giustizia nell’ambito della confisca dei beni ai condannati per disastro ambientale
Fu confiscato nel 2018 il patrimonio da 222 milioni di euro degli imprenditori acerrani dello smaltimento dei rifiuti, tre fratelli condannati in via definitiva per disastro ambientale immane nel territorio della provincia di Napoli. Ma si tratta di una confisca provvisoria, che deve superare i tre gradi di giudizio a causa del ricorso opposto dai tre condannati a sette anni di reclusione, in base alle risultanze del processo, per aver scaricato milioni di tonnellate di veleni nelle campagne e nei canali tra Acerra e tutta l’area a nord di Napoli. A ogni modo grazie a una serie di sconti di pena i condannati per disastro sono già liberi da molto tempo.
La Confisca
Intanto il primo grado del tribunale misure di prevenzione ha stabilito che il loro patrimonio è confiscato. Ma i giudici di secondo grado, pur avendo riunito la camera di consiglio molti mesi fa, non hanno ancora emanato la loro sentenza. E se questa sentenza di secondo grado non dovesse uscire entro i 18 mesi a partire dalla camera di consiglio, l’enorme tesoro confiscato (case, ville, automobili di lusso, aziende, elicotteri, conti correnti bancari ) potrebbe essere restituito per legge grazie alla decorrenza dei termini, almeno stando all’allarme appena lanciato dagli ambientalisti, un allarme scaturito da una consultazione con i legali.
L’ Allarme
«Sarebbe uno sfregio terribile ai danni dell’intero popolo della Terra dei Fuochi», dichiarano gli ecologisti acerrani Alessandro Cannavacciuolo e Antonio Montesarchio che, dopo aver chiesto invano un incontro con il presidente del tribunale, nel primo pomeriggio di oggi hanno manifestato con cartelli e striscioni davanti al palazzo di giustizia di Napoli proprio allo scopo di scongiurare un eventuale provvedimento dovuto per legge e finalizzato alla restituzione del gigantesco patrimonio. Un patrimonio che negli ultimi anni è stato anche rivalutato grazie all’opera dell’amministrazione giudiziaria nominata dalla magistratura. Tutte le circa 200 case, le ville e gli appartamenti confiscati sono stati infatti messi in affitto garantendo allo Stato una rendita annuale milionaria. Rendita che in caso di un annullamento della confisca con la conseguente restituzione dei beni finirebbe nella disponibilità dei condannati per disastro nella Terra dei Fuochi.