Di Bernardini e la sua visione della politica

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Natale Di Bernardini

L’intervista a Natale Di Bernardini, la voce che dà potere al popolo.

Natale Di Bernardini, detto Roberto, nato a Velletri, classe 1954, pensionato e già funzionario tecnico dell’amministrazione provinciale/Città Metropolitana di Napoli, è una persona dedita al lavoro, alla famiglia ed all’impegno politico. Un uomo di altri tempi per una politica di altri tempi e senza per questo essere anacronisti; sembra scontato sottolinearlo ma ultimamente vale la pena dirlo. A seguire l’intervista.

Di Bernardini, lei è di Rifondazione Comunista e il passaggio a Potere al Popolo è stato automatico se vogliamo!
«Non proprio automatico! Perché se RC non si fosse schierata con i movimenti come OPG ed altre associazioni, schierandosi di nuovo con quelle che sono le sue antiche ideologie, quelle della base, quelle della salvaguardia dei diritti dei lavoratori e dei cittadini, io non mi sarei né presentato alle elezioni e forse sarei andato a votare ma senza esprimere un giudizio.»

C’è quindi una consequenzialità di ideali …
«Sì, certo, questo per me è un fatto primario, non a caso mi presentai come consigliere comunale col simbolo di Rifondazione Comunista e per questo non mi sarei mai apparentato con nessuno. Le persone hanno libertà di scegliere di andare a votare o meno ma le mie idee devono essere chiare e presentate in modo equo e tranquillo».

Con questo passaggio dall’amministrazione pubblica locale a quella nazionale…
«Io ho scelto questa lista, ho scelto Potere al Popolo per salvaguardare quello che i nostri avi, nel 1946 hanno creato, la nostra Costituzione che ci invidiano in tutto il mondo, su questo si è basata la mia scelta sulla fedeltà alla Carta Costituzionale. Questo per sancire i diritti fondamentali, il diritto alla libertà, il diritto al lavoro, il diritto alla salute…».

Quindi portare i suoi valori di uomo della sinistra a difesa della Carta Costituzionale.
«Certamente!».

Ma questo perché lei la vede in pericolo?
«Sì, perché con la riforma del federalismo fiscale e la modifica dell’articolo quinto della Costituzione abbiamo visto a che cosa siamo arrivati. Siamo arrivati ad uno Stato che non può intervenire perché le Regioni sono autonome e devono da sole far quadrare i bilanci per venire incontro alle esigenze ed ai diritti dei cittadini. Accade però che ci sono Regioni più virtuose dove ci si può curare tranquillamente mentre in altre, come la Campania, la nostra virtù è invece il latrocinio, dove purtroppo, per curarsi, o vai con il codice rosso o non sei assistito. Dobbiamo però essere onesti ed ammettere che queste riforme sono state portate avanti da un governo di sinistra».

Nel caso che fosse eletto, quale sarebbe un suo primo atto concreto?
«Il lavoro! Ritornare a quelli che erano i diritti dei lavoratori, perché col Job’s Act, si è arrivati a che le conquiste dei nostri padri ma anche le mie (ho 64 anni e con e lotte studentesche) i lavoratori sono arrivati ad acquisire dei diritti sacrosanti per poi essere tolti nel giro di soli pochi mesi. Perdendo quindi anche quel poco di tutela si arriva ad una specie di schiavismo dove chi ha il potere in mano ti ricatta. Oggi ci si vanta di 1.800.000 posti di lavoro, ma io conosco persone che in un anno hanno avuto qualcosa come 10, 12 contratti! Dove vengono licenziati e poi ripresi! Ed ogni qualvolta di fa questo risultano nuovi posti di lavoro, ma non è così!».

Ma non crede che una volta giunti alle alte sfere le cose poi cambino?
«L’ortodossia politica ha una valenza fino a un certo punto! Io ho fatto opposizione, ma fare opposizione becera danneggia semplicemente i cittadini: se ci sono infatti proposte consone al tuo programma tu le devi votare, se c’è un beneficio per i cittadini tu le devi votare! La politica si evolve e non possiamo identificarci in un’ideologia prettamente ortodossa, le dinamiche cambiano».

Ma anche qualcun altro potrebbe dire le stesse cose.
«Uno dei temi principali, quando ero ragazzo, era il compromesso storico, che non era digerito da tutti i militanti del Partito Comunista. Anche io non avevo intuito determinate cose: essendo giovane ero più intransigente rispetto al cambiamento ma il compromesso storico è stata la prima fase di un connubio tra due diverse ideologie ma una era un’ideologia con un Partito Popolare, quale era la Democrazia Cristiana, non stiamo parlando di una certa destra! Quella che nonostante le disposizioni costituzionali sta ancora qua».

In effetti, ascoltando lo streaming del comizio di De Stefano di Casa Pound, al di là delle aberrazioni di chiara marca fascista, esprime concetti sociali molto vicini alla sinistra radicale.
«Al di là di tutto loro hanno una visione nazionalistica che noi non abbiamo e poi quando loro parlano di lavoro, da che parte viene questo lavoro? E in che modo lo vuoi sfruttare questo lavoro? Per loro esiste un padrone ed un subalterno ma per noi no, è per questo che non stiamo sullo stesso piano».

Volendo fare un confronto tra Natale Di Bernardini ed un altro candidato qual è quel di più che può fare la differenza?
«Il di più, senza falsa modestia, è la mia onestà! Sia intellettuale che fattuale. Sfido chiunque a fare indagini sulla mia persona. Né io né la mia famiglia abbiamo scheletri nell’armadio».

Una volta era dato per scontato tutto questo ma oggi è divenuto opzionale…
«Chi mi conosce poi, sa che ho militato ed ho 46 anni di politica alle spalle e non ne ho mai approfittato».

Mi sintetizzi per favore Natale/Roberto Di Bernardini in una parola o in uno slogan.
«La coerenza! Se dico una cosa non la rinnegherò mai, pure davanti al Padreterno, a chiunque. Quando dico una cosa è quella, basta una stretta di mano, non come molti politici di oggi che una volta stanno a destra un’altra volta stanno a sinistra».NATALEDI_BERNARDINI2018