È di pochi giorni fa la notizia che ha preso ufficialmente vita il Presidio Slow Food della torzella riccia.
“Un riconoscimento importante – dicono i promotori dell’iniziativa – arrivato dopo un anno di lavori preparatori, per uno dei cavoli più antichi al mondo, oggi presente soprattutto nell’agro nolano e acerrano”. La sua storia inizia oltre 4000 anni fa nell’area orientale del Mediterraneo, sottolinea l’agronoma Patrizia Spigno, referente regionale dei Presìdi Slow Food Campania, e per questo motivo viene chiamata anche “cavolo greco” o “torza riccia” in dialetto napoletano.
“Anticamente i contadini – continua Spigno – per affrontare l’irrigidimento climatico, la consumavano non solo in quanto ricca di vitamina C, acido folico, fibre e potassio, ma anche perché alimento nutriente e allo stesso tempo povero di grassi. Ha, inoltre, un elevato contenuto in glucosinolati, in grado di svolgere un’azione preventiva contro l’insorgere dei tumori”.
Una scommessa vinta per i nove produttori agricoli che hanno sottoscritto la dichiarazione fondativa che definisce gli obiettivi comuni della neonata comunità e che puntano ad allargare la compagine nei prossimi mesi. Uno l’abbiamo incontrato: si tratta di Massimiliano Cerciello, fattore mariglianese dell’azienda agricola “Acqua e Sole”, con la quale coltiva l’antica terra fertile al confine con Somma Vesuviana, dove scorrevano i lagni in discesa dal monte Somma. “La torzella arriva nel Mediterraneo nella notte dei tempi: ha quasi quattromila anni di storia e viene consumata abitualmente almeno fino al dopoguerra, dopodiché sparisce dalle tavole dei napoletano, quelle dell’agro acerrano-mariglianese in particolare”, ci spiega Massimiliano, costretto da qualche mese a stare lontano dai campi per una lombosciatalgia (e quindi particolarmente crucciato).
“La torzella è sempre stata una verdura poverissima, con la quale si preparava una tipica zuppa di patate, oppure la si tirava con i pomodorini del piennolo, tipici della zona vesuviana. Col tempo è stata dimenticata, ma qualche anno fa la Regione Campania promosse un progetto teso al recupero e alla valorizzazione del cavolo cosiddetto laciniato greco, da noi la torza riccia. L’intenzione dei vertici regionali era quella di riprendere le antiche semenze e la sorpresa fu grande quando, presumibilmente proprio all’interno di un orto botanico mariglianese, quello della famiglia Galdi, nel giardino dell’omonima villa, fu ritrovata una piantina dell’antica torzella: la scoperta diede appunto il là al progetto di rilancio della cultivar”, spiega Cerciello, sottolineando come ormai da tempo ne abbia fatto uno dei cavalli di battaglia della sua azienda agricola.
“Ho iniziato a coltivare la torzella, e con tenacia e pazienza ho portato avanti un lavoro di assaggio dell’antico sapore ai cittadini mariglianesi, che lo hanno riscoperto e apprezzato. Presento il prodotto sia fresco che trasformato, recuperando tra le altre cose lo storico abbinamento con il pomodorino del piennolo. La torzella è un prodotto peculiare del territorio mariglianese e mi sono prodigato affinché venisse recuperato: in tal senso è nato con Slow Food Agro Nolano, e in particolare con Gianluca Napolitano, il discorso di coinvolgere alcune aziende del territorio e lanciare il presidio della torzella riccia, che ha un protocollo fitosanitario biologico e delle metodiche agronomiche particolarissime, nell’intento di portare l’antico (ma nuovo) prodotto anche a un risalto nazionale”, conclude il fattore di Acqua e Sole.
La torzella, come anticipato, ha delle notevoli proprietà anticancro, dunque soprattutto il consumo del prodotto fresco può aiutare moltissimo in tal senso: essendo un prodotto che si fa mangiare con molto gradimento, la torzella potrebbe diventare davvero un alimento fondamentale della dieta locale, in un territorio letteralmente “divorato” dai tumori.
Erroneamente la torzella viene abbinata all’inverno, ma il cavolo in questione viene trapiantato nel mese di febbraio: essendo una pianta biennale, assicura due anni di raccolto ma poi va in infiorescenza, producendo semi per poi riprodursi. Tuttavia, talvolta si riesce anche ad assicurare un secondo trapianto nel mese di luglio, portando così la produzione su dicembre, garantendo la presenza della torzella nella famosa “minestra maritata”, piatto tipico del Natale campano (il cavolo greco in questione è una delle 7 verdure necessarie alla preparazione della tradizionale pietanza).
“L’azione messa in campo dal nuovo Presidio – sottolinea Gianluca Napolitano, fiduciario di Slow Food Agro nolano – ha lo scopo di valorizzare e promuovere il territorio, favorendo il recupero della biodiversità e stimolando concretamente ricadute positive sull’economia locale. I piccoli produttori riescono a vendere i prodotti a prezzi più coerenti col loro valore, stabiliscono legami forti con trasformatori, distributori e ristoratori, rendono la filiera più sostenibile ambientalmente, migliorano la trasparenza della comunicazione per i consumatori”.