Acerra. Un arcobaleno. Come quello che il padre Cuono gli ha dedicato prendendo in prestito le parole del brano di Adriano Celentano. L’arcobaleno nella sala del teatro Italia di Acerra era dipinto sul volto di Giuseppe Travaglino, il ragazzo d’oro che avrà 26 anni per sempre.
L’età dei sogni, che per lui erano già in gran parte realizzati, perchè Giuseppe andava veloce: la laurea con 110 e Lode, una carriera brillante, i viaggi, gli amici, gli affetti. Una vita completa spezzata da chi di veloce purtroppo aveva solo il piede sull’acceleratore quella maledetta sera a Pomigliano d’Arco.
La sera di ieri però è stata benedetta: benedetta da Giuseppe e dal suo mondo, racchiuso nel teatro della sua città per ricordarlo. C’erano davvero tutti, rispettosi della normativa e Green Pass alla mano, perchè Giuseppe si ricorda soprattutto con l’esempio e col rispetto delle regole.
Un mantra dal quale la sua splendida famiglia non ha voluto mai distaccarsi, neanche negli istanti della rabbia e del dolore sconfinato. Una ferita impossibile da rimarginare ma che hanno voluto sublimare facendolo rivivere ogni giorno, ogni ora, ogni attimo.
Una vita “rivissuta” nelle parole del suo professore che mai aveva incontrato un ragazzo così, nella lettera dei colleghi, nel discorso mai banale del vescovo di Acerra, mons. Antonio Di Donna, una presenza fissa accanto alla famiglia Travaglino in questi dodici mesi, perchè “c’è una parola per chi resta senza marito o moglie: vedovo; c’è una parola per chi resta senza genitori: orfani; ma nessuna per chi resta senza figli. Non può essere concepita e di fronte alla banalità del male possiamo contrapporre solo l’amore.
Scorrono le immagini, le sue parole, i frame di 26 anni vissuti come tante vite. La poesia di Lucia che ha presentato la serata, la vita che continua negli organi donati e negli occhi di chi c’era. “Ci vorrebbe Peppe per parlare di Peppe” hanno scritto gli amici. Per fortuna che lui c’è e parla di lui in ogni loro gesto.