Una nostra lettrice si chiede come aiutare la figlia di 16 anni, che è alle prese con le dolorose e angoscianti problematiche adolescenziali connesse alla difficoltà di accettare sè stessa, la propria immagine, il proprio corpo e la propria vita…
In un precedente articolo (VEDI) ho già avuto modo di considerare i disagi, i disturbi e le principali sofferenze psicologiche che caratterizzano l”età adolescenziale.
Il rapporto madre-figlia è un rapporto assai complesso e dalle più difficili e molteplici sfaccettature, non sempre di facile lettura e non sempre dai risvolti positivi, specie, se visti nell”ottica del futuro divenire donna della figlia, che dovrà rendersi indipendente e autonoma proprio dall”affettività e dal vincolo materno. La relazione madre-figlia, a differenza della relazione e del rapporto madre-figlio, che è più lineare, autonomo e facilitante la crescita e l”autonomia affettiva di quest”ultimo, è una relazione strettissima, viscerale e simbiotica che resterà basilare per tutta la vita delle due donne influenzando tutte le scelte, le decisioni e la realizzazione della figlia, specie le scelte, in ambito relazionale-affettivo e relazionale-amoroso.
Nonostante la figlia diventi madre e la madre diventi nonna, le aspettative emotive insite in questo rapporto non cambieranno granchè, infatti, tutto ciò che la mamma, fin dalla nascita della figlia, si sarà augurato, desiderato e atteso dalla, e per la figlia, non svaniranno, anzi, continueranno ad essere un preciso e, spesso, ineluttabile e latente imperativo categorico morale per la condotta e la vita della figlia, seppur diventata, donna, moglie e madre. Le aspettative della mamma per la figlia, quindi, anche quelle non chiaramente espresse, interagite, volute, o incoraggiate hanno un grande peso per la figlia e, spesso, diventano la principale causa dei disturbi e del malessere adolescenziale e della mancata autorealizzazione affettiva ed emotiva della crescita dell”adolescente.
Quando nasce un figlio, la madre non desidera affatto che il figlio sia, come lei spera, o lo vorrebbe, anzi, il più delle volte la madre vuole che il figlio sia esattamente il contrario di com”è lei, soprattutto, per quanto concerne le debolezze, le limitazioni e le defezioni emotive, affettive, amicali e sociali.
La figlia, invece, deve essere simile a lei, soprattutto per quanto riguarda la sensibilità, l”emotività, i principi, i valori, le idee e il comportamento affettivo, amoroso, amicale e sociale. Insomma, la figlia, per la mamma deve diventare “l”altro mè”. Ora, è vero che una delle principali tappe della crescita personale dell”adolescente-figlia, è quello d”identificarsi con la mamma e trovare, con il tempo della propria maturazione, il sostituto del padre così, come per l”adolescente-figlio, la crescita personale consiste nell”identificarsi con il padre e trovare, con il tempo della propria maturazione, la sostituta della mamma; tuttavia, se l”identificazione della figlia con la mamma coinciderà con le aspettative deluse che la mamma ripone nella figlia, esse diventeranno irrealistiche, problematiche e nevrotiche e finiranno per compensare e riempire i “buchi neri” della mamma, nella figlia.
Sarà proprio questo irrealistico e insano bisogno affettivo e amoroso della mamma che creerà, con la figlia, un rapporto conflittuale, rancoroso e aggressivo. Nessuna figlia, potrà mai sopportare e tollerare, in eterno, peraltro, rinnegando continuamente sè stessa, le “proiezioni”, le “aspettative” e le “vessazioni” materne, anche se, proprio ribellandosi a tutto questo, si sentirà rifiutata, non riconosciuta e, soprattutto, non libera di essere cosi com”è, quindi, diversa dalla madre, provando, per questo, colpevolezza, malessere esistenziale e comportamentale, disorientamento e insicurezza, inferiorità e giudizio.
Ecco perchè i dissensi, le liti e i contrasti tra madre-figlia nascono nell”età adolescenziale, perchè è proprio in questo periodo che la figlia comincia a prendere coscienza di sè desiderando, non senza disagio, dolore, difficoltà e sensi di colpa, di distaccarsi e diversificarsi dalla mamma, proprio per quanto concerne il proprio look, il mangiare, il pensare, il comportarsi, il vivere e l”interagire con gli altri.
L””attaccamento alla madre“, quindi, specie quello esistente, nel rapporto madre-figlia, come sosteneva lo psicanalista John Bowlby , è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba, All”inizio della vita l”essere nutriti equivale all”essere amati, il bisogno biologico legato all”alimentazione è presente insieme a un altro bisogno, anch”esso fondamentale, quello di essere amati, nutriti d”amore, di essere desiderati, voluti, accettati per quello che si è. Gli effetti nocivi della deprivazione materna, l”importanza del legame tra genitori e figli, il bisogno di una base sicura e il sentimento di attaccamento, determina l”origine delle principali patologie adolescenziali, come per esempio, le nevrosi, le isterie, l”apatia, l”anedonia, la depressione, l”anoressia e/o bulimia.
La figura della madre, per la figlia, almeno, nel periodo adolescenziale, ma può anche durare tutta la vita, è un modello a cui riferirsi per apprendere e per imparare a sapersi comportare, in relazione alla vita, all”inserimento sociale, al futuro lavorativo, affettivo e, soprattutto, nella scelta del partner e nel tipo di relazione da instaurare e mantenere con lo stesso. La figura della madre costituisce, per la figlia, anche, il principale, se non l”unico, fondamentale riferimento per dare le risposte alle prime significative domande che si pone l”adolescente: come amare, come vivere il sesso e l”amore, sesso e amore vanno separati? vanno tenuti uniti? come vincere le paure, l”istinto? saprò essere una buona madre, come lo è la mia? saprò crearmi le amicizie, come fa mia madre, saprò comportarmi nella società, come sa comportarsi lei?
Le aspettative sono enormi e le figlie basano la propria futura autostima e sicurezza di sè su “come” esse vengono “accettate”, “amate”, “percepite”, “riconosciute”, “stimate”, “trattate” e “rispettate”. Ogni madre, infatti, si preoccupa sul “come” la propria figlia riuscirà a superare le difficoltà della vita e gli ostacoli che essa pone alla serena ed efficace autorealizzazione. Ogni madre, spera, che la propria figlia riesca meglio di lei, nella vita e, soprattutto, nella scelta del partner, nel crearsi una famiglia, prendersi cura dei propri figli, garantendo, peraltro, alla madre, di poter fare l”agognata nonna. Ma sono proprio tutte queste aspettative materne, di cui la figlia si farà inevitabilmente carico, per essere amata, accettata, considerata e rispettata dalla mamma, che le impediranno di vivere sè stessa al meglio possibile, e senza la nevrotica e fallimentare corsa al volere essere e rimanere, “come piace alla mamma”.
Questo è il compito più difficile di una mamma, che desideri davvero la piena realizzazione e la serena esistenza della figlia, “lasciare vivere la figlia, come Persona” e non controllarne, gestirne la crescita e la vita, come figlia.
Ciò che le figlie vogliono, nella fase adolescenziale, è una madre che le ascolti, che le supporti, che dia loro l”approvazione e che le aiuti a trovare la propria strada. In questa fase nascono i maggiori conflitti che lasciano entrambe amareggiate. Emergono rabbia, senso di colpa, il senso di non essere capite, di essere sottilmente manipolate, ricattate usando l”affetto. In questa fase il ruolo della madre è quello di aiutare, con la sua esperienza esistenziale, affettiva e amorosa la figlia, è necessario ascoltare più che parlare, giudicare, criticare o consigliare. Ascoltare, senza volere aver sempre ragione e a tutti i costi, ascoltare e accettare una visione del mondo completamente diversa dalla propria.
Solo il rispetto, la fiducia, l”amore e l”accettazione fra le due donne, in quanto persone, e non in quanto madre-figlia, può segnare il positivo, efficace e sereno passaggio dall”adolescenza all”età adulta.
(Fonte foto: Rete Internet)