La pellicola è stata vista da numerosi studenti delle scuole superiori di II grado, nell’ambito della rassegna “La scrittura delle immagini”. Le storie del passato ci ricordano ciò che è stato per offrirci la speranza di ciò che possiamo diventare.
Un buon film….una triste storia, anzi un incrocio di due storie che si sviluppano in modo parallelo, una ambientata nella calda estate parigina del ’42 ed una che presenta casuali legami con l’altra e che si svolge sul finire del primo decennio del terzo millennio.
“Elle s’appelait Sarah”, “La chiave di Sarah”, tratto dall’omonimo romanzo di Tatiana de Rosnay, ha costituito una significativa esperienza formativa per la stragrande maggioranza degli studenti delle scuole superiori di II grado che hanno letto in aula e visto nelle sale cinematografiche di Napoli, Modernissimo, Ambasciatori e Vittoria, nell’ambito della rassegna “La scrittura delle immagini”, la storia drammatica della giovane adolescente ebrea, Sara, destinata ad una vita contrassegnata dal dolore fisico e psichico.
La magistrale regia di Brenner ha tenuti sospesi tra due epoche, attraverso il continuo ricorso al flashback e al flashforward i giovani spettatori tra la disperazione generata dalla follia nazista sostenuta da una Francia succube di Hitler, che cerca di sopravvivere in connivenza non sempre inconsapevole con il nazismo e lo sconforto di un mondo a noi contemporaneo che, pur portando addosso il peso di ciò che è stato, apre alla speranza, sebbene attraverso un cammino doloroso.
Dai focus group svolti con gli allievi che ho incontrato nelle classi è emerso un fil rouge che lega gli interventi di tutti e consiste nella necessità di parlare di questa e di tutte le brutture che la storia ha vissuto per non dimenticare affinché non si ripetano mai più.
In un periodo quale è quello che stiamo vivendo, la riflessione sui meccanismi di manipolazione degli individui, sul rischio/fascino della violenza come soluzione alle problematiche, sui pericoli che minano la libertà e favoriscono l’insorgenza di fenomeni autoritari e discriminanti risulta più che mai necessaria per proclamare il senso profondo dei principi costituzionali e lavorare su una rinascita dei valori profondi della legalità, della solidarietà e della giustizia che troppe volte la storia ha visto negati.
Dalla raccolta delle emozioni dei giovani spettatori sono anche emerse le sensazioni forti provate durante la visione del film in relazione al coinvolgimento, oltre la vista e l’udito, anche dell’olfatto e del tatto per cui, come alcuni hanno affermato, il senso di vuoto e il silenzio erano occupati dalla sensazione di avvertire la ruvidezza delle divise e dei giacigli o l’area maleodorante del velodromo e degli spazi inospitali il cui veniva sottratta ai prigionieri la dignità dell’esistenza umana. Il ciclo presente-passato-presente deve irrompere nella nostra vita per osservare i fatti storici come eventi che ci riguardano molto da vicino perché incidano profondamente nelle nostre coscienze.
Troppi sono stati gli eccidi del XX secolo: il genocidio degli Armeni, le stragi naziste, le vittime italiane nelle foibe, di cui ricorre in questi giorni il giorno della memoria, ed tante altre stragi sono tasselli terribili del mosaico di violenza che, apparentemente scomparso, continua a caratterizzare in modo latente la società attuale.
(Fonte foto: Rete Internet)