Tocca non solo alla Chiesa ma anche alla politica e all’economia dimostrare di essere impermeabili alle influenze delle cosche.
Quanto accaduto nei giorni scorsi in Calabria è stato un temerario gesto di blasfema devozione che va all’opposto di quella dovuta alla Madre di Dio. E, giustamente, il vescovo di Oppido-Palmi, ha sospeso lo svolgimento di tutte le processioni della diocesi. Con una lettera indirizzata ai fedeli della diocesi, intitolata "Un atto d’amore per la nostra Chiesa tra passato e futuro" il vescovo, con molto coraggio, spiega di aver maturato la decisione dopo giorni di riflessione di "sospendere, a partire da oggi, tutte le processioni in programma nei prossimi mesi, fino a quando, come frutto di una maturata e solida coscienza ecclesiale, saranno varati forti e definitivi provvedimenti in merito". Si tratta aggiunge ancora il vescovo di un "convinto e preciso gesto di cautela, di invito alla riflessione e al silenzio, di cui in questo momento tutti abbiamo bisogno.
Nessuno, pertanto, è autorizzato a vedervi un gesto di sfiducia o di giudizio verso coloro che alle processioni contribuiscono con dedizione e rettitudine. Il bene di tutti e la serenità degli animi richiedono a volte sacrifici immediati, seppure temporanei". Al posto delle processioni il vescovo propone alla comunità di riunirsi in preghiera. Lo scorso due luglio la processione della Madonna delle Grazie della frazione Tresilico si è fermata davanti all’abitazione del presunto boss della ‘ndrangheta Peppe Mazzagatti, 82 anni, condannato all’ergastolo e ai domiciliari per motivi di salute. Quando il comandante della stazione dei carabinieri si è accorto di quanto stava accadendo è uscito dalla processione e ha avviato le procedure per l’identificazione di tutte le persone che stavano partecipando al rito religioso.
Questa “sosta” ad Oppido Mamertina e, insieme, il rifiuto di alcuni detenuti mafiosi di partecipare alla Messa dopo la scomunica di Papa Francesco spiegano più di tante parole quanto il cammino verso la liberazione dalle mafie sia ancora lungo e pieno di ostacoli. Ma questi avvenimenti non possono né devono far arretrare di un solo centimetro la lotta contro tutte le mafie di questo mondo. Papa Francesco nella sua forte omelia a Cassano all’Jonio ha indicato la via. Da un lato la chiarezza delle parole di condanna. «I mafiosi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati». Ma il Papa ha pronunciato anche parole di impegno, parole di sprone, quasi un programma antimafia. E soprattutto da mettere in pratica. «La ’ndrangheta è adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no!».
Parole che, evidentemente, qualcuno nel paese della Piana di Gioia Tauro non ha voluto capire né mettere in pratica, al punto da far fermare (o permettere che lo si facesse), la statua della Madonna, la Madre di Cristo, davanti alla casa del boss.
Fortunatamente la Chiesa non è solo quell’episodio in Calabria. Da tempo, vescovi, sacerdoti e laici, insieme a tante associazioni, sono in prima linea, ed è quindi scorretto e segno di miope prevenzione utilizzare questi episodi per attaccarla. Ma sarebbe non meno grave sminuire la gravità di questi e altri episodi. Bisogna dire con chiarezza che ci sono ancora ritardi e resistenze, occhi chiusi e voci silenti. Serve fare di più, con continuità e coerenza. Sempre.
Ma non lo si deve chiedere solo alla Chiesa che anzi in certi territori più difficili è l’unica testimonianza vera e concreta contro le mafie. Tocca alla politica e all’economia dimostrare di essere impermeabili alle influenze delle cosche. Dobbiamo tornare tutti ad una vita “normale”. Fatta né di protagonisti né da eroi. Deve diventare finalmente normale non onorare il boss, normale dire no ai favori del boss, normale denunciare, normale non pagare il pizzo, normale sbarrare le porte dei Comuni alle mire mafiose. Normale non far fare parte dei nostri comitati di feste ai camorristi soprattutto nel nostro territorio. Tocca a tutti questo impegno feriale, quotidiano, “normale”. Solo così ci sarà una vera, concreta e corale rivoluzione culturale. È questo che le mafie temono di più. L’impegno culturale ed educativo. In fondo…normale.
(Fonte foto: rete internet)