Approcciare e convivere con il mercato globale: una ricetta per piccole e medie imprese.
L’epifania si avvicina e la Mars ha provveduto a tappezzare le vie di Napoli con cartelloni pubblicitari in lingua (non più semplice dialetto!) napoletana. Nello scegliere con cosa imbottire la calza, soprattutto in tempo di crisi e di cernite, uno stimolo aggiunto per preferire un prodotto ad un altro è necessario. E quale se non un brand che parla la tua stessa lingua?
L’utilizzo dei dialetti non è una tendenza degli ultimi tempi; guardando indietro sono molteplici le aziende che incentravano le loro pubblicità e campagne promozionali su questo tipo di strategia. Ma ad oggi l’utilizzo di tale tecnica di comunicazione, vendita e promozione si è senza dubbio diffusa e consolidata in quello che in gergo si chiama Glocal marketing. La Glocalizzazione è un concetto ampio che vuole essere la sintesi tra globale e locale: “Think global, actlocal”.
L’obiettivo è quello di sfruttare i benefici della globalizzazione, senza però smettere di rispondere alle esigenze locali, senza dimenticare le caratteristiche di ogni realtà locale e anzi sfruttarle. Mixare tali due aspetti è un’opportunità soprattutto per quelle imprese medio-piccole che hanno maggiore difficoltà ad entrare in nuovi mercati e conquistarsi la propria fetta, e che quindi hanno maggiore bisogno di strategie all’avanguardia che consentano nuovi risultati. Il modello di business che sta alla base della glocalizzazione è mirato alla fidelizzazione del cliente. Nell’ambito della commercializzazione individuare all’interno di un mercato globale delle sub-aree permette di specializzare l’offerta in base alla tipologia del cliente, e ciò determina chiaramente una maggiore fidelity da parte del consumatore.
La posizione geografica e quindi il dialetto è solo uno dei criteri, sicuramente quello più spendibile, che possono essere utilizzati per creare delle “nicchie” di mercato. Il must è quello di mettere il cliente al centro, non in quanto consumatore ma in quanto individuo e partire dalle sue attitudini, preferenze e peculiarità per sviluppare una strategia di marketing. Una campagna pubblicitaria del genere avvicina i consumatori al prodotto molto più che una campagna ordinaria. La fidelizzazione del cliente porta con sé un altro fattore fondamentale: il passaparola. In effetti è molto probabile che un cliente fedele, che percepisce il brand vicino alle sue esigenze, raccomandi il prodotto a familiari, amici e conoscenti. È esattamente questo il primo step del passaparola che in seguito a ricerche è stato dimostrato essere 10 volte più efficace della pubblicità.
Le stesse recensioni online superano la pubblicità tradizionale in termini di influenza sulle decisioni di acquisto, a prescindere che il “consiglio” provenga da un conoscente o un estraneo. Le nuove frontiere del marketing sono due: il social marketing e il marketing esperienziale. Il primo vuole cogliere la necessità di un approccio basato sulle relazioni e sul dialogo e che sfrutti i media ed i social network. Il secondo invece è relativo all’atto di acquisto che deve essere per il consumatore una vera e propria esperienza, che entri nei suoi ricordi in maniera piacevole in modo che un giorno deciderà di ripeterla.
Il consiglio però è quello di informarsi bene prima di fare una pubblicità in dialetto. L’azienda Mars ha infatti utilizzato la canzone “Napule è” di Pino Daniele per pubblicizzare il marchio M&M’S, commettendo un errore di ortografia che proprio non è ammissibile da una multinazionale di tale calibro, tanto più adesso che il Napoletano è riconosciuto dall’Unesco come una lingua.