La richiesta è stata avanzata dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo e dal pm Pierpaolo Filippelli nel processo al racket contro presunti appartenenti ai clan Birra – Iacomino e Ascione – Papale.
Quattrocentouno anni di reclusione complessivi per 21 imputati: sono questi parte dei numeri di quello che è stato battezzato come uno dei più importanti processi antiracket e anticamorra di Italia. Gli altri numeri sono quelli della parte offesa, i 25 commercianti ercolanesi che hanno detto basta al pizzo, che assieme ad associazioni antiracket, al Comune di Ercolano, si sono costituiti parte civile contro gli estorsori. Per la seconda volta in Campania, anche il Viminale si costituisce parte civile nel processo contro i clan ercolanesi. La prima volta è accaduto contro i Casalesi.
La richiesta di 401 anni di carcere è stata avanzata dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo e dal pm Pierpaolo Filippelli nel processo al racket di Ercolano contro presunti appartenenti ai clan Birra – Iacomino e Ascione – Papale, accusati di aver vessato commercianti ed imprenditori del Vesuviano. Sembrano ora lontani i giorni bui della polemica con l’amministrazione Strazzullo, quando l’avvocato del comune dimenticò di presenziare ad un’udienza.
Sembra giusto riproporre le parole dell’ex sottosegretario all’Interno, Mantovano: «Chi denuncia non è solo può contare sulla presenza delle associazioni e delle istituzioni. Come in altre occasioni, il ministero dell’Interno ha ritenuto doveroso presentarsi come parte civile non solo perché è giusto provare a recuperare le somme erogate alle vittime da coloro che sono ritenuti responsabili, ma soprattutto per un valore simbolico. Questo a conferma che oggi la scelta di reagire rispetto alle richieste estorsive, la scelta di denunciarle, è una scelta di assoluto buon senso e trova immediata risposta repressiva e, se ci sono i presupposti, risarcitoria da parte dello Stato».
(Fonte foto: Rete Internet)