Il disastro antropologico ormai si è svelato, non risparmia nessuno e ha reso asfissiante il clima politico e sociale. Siamo testimoni di tempi tristi e circondati da piccoli berluscones. Di Amato Lamberti
Nel discorso tenuto di recente dal cardinale Bagnasco, giornali e televisioni, insieme a tutta la folla degli "opinionisti", hanno cercato di leggere la posizione della Chiesa, e in particolare della Conferenza Episcopale Italiana, nei confronti del Governo nella attuale congiuntura affollata di scandali, di inchieste della Magistratura, di difficoltà economiche. Una posizione almeno strana che rivela la convinzione di molti che dovesse essere la Chiesa, se non il Papa,a dare la spallata capace di far cadere rovinosamente questo governo a dir poco "dissoluto" oltre che "dissolto".
La spallata non c’è stata, o, almeno, non è stata una spallata di quelle che possono far cadere un governo sia pure in difficoltà. Certo, sul "berlusconismo", il giudizio non poteva essere più netto. Ma ad essere additato come responsabile del berlusconismo non è stato il solo Berlusconi, ed anzi il cardinale Bagnasco, riprendendo un tema caro alla sociologia, in particolare di Bauman, ha descritto la via italiana alla "modernità liquida" come un vero e proprio disastro antropologico.
Dice Bagnasco: " Nella mentalità più diffusa, la sofferenza è l’ambito oscuro della vita che è meglio mettere in parentesi, e da cui in ogni caso è necessario preservare i più giovani. Ma questo, pur scaturito dalle migliori intenzioni, è l’autoinganno più fatale che si sia indotto nei figli, nei nipoti, nei discepoli. Tentando di preservarli dalle difficoltà e dalle durezze dell’esistenza, si rischia di far crescere persone fragili, poco realiste e poco generose. Se a questo si aggiunge una rappresentazione fasulla dell’esistenza, volta a perseguire un successo basato sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé, ecco che il disastro antropologico in qualche modo si compie a danno soprattutto di chi è in formazione".
Sotto accusa è una società che ha utilizzato il progresso economico e tecnologico per evitare, giustamente, il dolore e le sofferenze umane, ma che forse proprio per questo non è oggi più attrezzata ad affrontare le crisi, le difficoltà e le durezze della vita. Una società che ha coltivato l’individualismo – dall’edonismo degli anni ’80 al narcisismo degli anni ’90- e che ora non sa più trovare il senso del bene comune, avendo dissipato, come insopportabili freni alla libertà individuale, i riferimenti etici, ideali, ed anche ideologici, collettivi.
Il sociologo Bauman è citato direttamente dal cardinale Bagnasco: "In un documento del nostro Episcopato pubblicato trent’anni orsono ( La Chiesa italiana e le prospettive del Paese,1981) si diceva icasticamente: "il consumismo ha fiaccato tutti". Ed eravamo appena agli inizi di quel processo di trasformazione che interesserà l’Italia e l’Occidente nei decenni a seguire, e troverà rappresentazione nella cosiddetta "modernità liquida" dominata da quella che alcuni hanno definito "ideologia del mercato"." Ed inoltre, rimanda ancora direttamente al sociologo polacco: "La desertificazione valoriale ha prosciugato l’aria e rarefatto il respiro. La cultura della seduzione ha indubbiamente raffinato le aspettative ma ha soprattutto adulterato le proposte. Ha così potuto affermarsi una idea balzana della vita, secondo cui tutto è a portata di mano, basta pretenderlo."
Si tratta di un processo che ha investito non solo la società italiana ma l’intero mondo occidentale. Il mondo come un grande supermercato, in cui tutto è a portata di mano in un duplice senso: in quanto può essere facilmente comprato, grazie alla disponibilità di mezzi economici, ma soprattutto in quanto qualunque scelta è legittima, senza limiti o vincoli sociali e morali. Sebbene, come riconosce lo stesso Bagnasco, solo una parte della società si sia adeguata a questo modello, "il calco di quel pensiero è entrato sgomitando nella testa di molti, come un pensiero molesto che pretende ascolto".
Questo è il vero disastro – quello antropologico – che non risparmia nessuno e che davvero rende asfissiante il clima politico e sociale in questo tempo triste del quale siamo costretti ad essere testimoni. Non è per sottovalutare la portata del "fenomeno Berlusconi", ma il disastro sembra andare al di là di lui e delle sue gesta. Semmai Berlusconi ne è stato l’emblema, il "testimonial", soprattutto nell’Italia degli ultimi trenta anni.
Potremmo anche chiederci: quanti Berlusconi incontriamo nella nostra vita quotidiana? Quante tra le persone che conosciamo si comporterebbero allo stesso modo avendo gli stessi soldi e lo stesso potere? Basterebbe solo pensare ai Senatori e ai Deputati che valgono meno del cavallo di Caligola perché nominati solo per meriti di fedeltà, e che si atteggiano a fotocopie sbiadite del loro capo e padrone, nel piccolo, magari, di un contesto provinciale. Ma anche ai tanti Amministratori comunali che incontriamo tutti i giorni presi da un delirio di onnipotenza che gli impedisce di cogliere anche la loro incapacità di affrontare i problemi della collettività che amministrano. Piccoli berluscones crescono dovunque attorno a noi.
Non è una giustificazione del premier e dei danni che ha provocato all’intero Paese: solo che ogni tanto bisogna pur riflettere sulle dimensioni del cambiamento culturale nel quale siamo immersi. Un cambiamento che si riflette nel disagio di cittadini che non si fidano più delle Istituzioni, dei partiti e nemmeno dei vicini di casa; che stanno male se non lavorano ma che vivono con malessere la propria condizione lavorativa; che sono incerti del proprio futuro se sono giovani, e del futuro dei propri figli se non sono più giovani; che vedono le tasse come una vessazione, in quanto sono vessatorie quando non vengono spese per il bene di tutti; e che alla fine decidono di farsi solo gli affari propri, utilizzando tutti i mezzi a disposizione, legittimi o meno che siano, dall’evasione fiscale alle costruzioni abusive, ad ogni sorta di furberia per raggiungere i propri scopi, anche a danno dei diritti degli altri e, soprattutto, di quelli collettivi.
(Fonte foto: Rete Internet)