La pandemia, che da un anno a questa parte ha colpito l’umanità, ha messo in luce non solo la fragilità dell’uomo, ma anche e soprattutto il sistema di vita costruito dalla rivoluzione industriale in poi. Le relazioni interpersonali, i trasporti, le stesse tipologie abitative e lavorative sono state messe in discussione perché non adeguate a contenere il virus. In questo contesto, si inserisce il mondo Scuola che ha dovuto adeguarsi più velocemente di altre categorie a questo passaggio, evidenziando lacune non solo nel gestire la formazione a distanza, ma anche e soprattutto nel consentire il normale svolgimento delle attività in presenza.
Quale momento migliore, dunque, per ipotizzare una trasformazione completa dell’edilizia scolastica, adeguandola alle sfide future dell’umanità ed è proprio di questo tema che parleremo con l’architetto Mario Chiurazzi, specializzato in Progettazione di Architetture Sostenibili e in Illuminotecnica.
Architetto, innanzitutto mi chiedo, è possibile ripensare l’edilizia scolastica alla luce di quanto abbiamo vissuto in quest’ultimo anno?
Mi piace pensare che il ruolo dell’architettura contemporanea e più in generale dell’architetto sia quello di traghettare, in maniera positivamente visionaria, la società verso muovi modelli di interazione interpersonale all’interno e all’esterno di spazi, concepiti sempre più come estensione dell’ambiente circostante, in un rapporto quasi simbiotico con la natura.
Gli edifici che abbiamo progettato e poi costruito non sono più capaci di rispondere alle nuove esigenze sorte dopo la pandemia. Per questo, ripensare l’edilizia e infonderla di nuovi concetti è fondamentale non solo per la scuola, ma anche per gli uffici, le abitazioni, i luoghi di culto e di socialità.
Cosa intende per spazi concepiti come estensione dell’ambiente circostante?
E’ indispensabile passare dal modello di architettura funzionale con aule incastrate tra laboratori e corridoi, al modello dell’insegnamento diffuso, con classi pensate non più come ambienti chiusi e finiti, ma come zone aperte all’interno dell’edificio scolastico e per esteso all’interno della comunità in cui l’edificio scolastico è situato. L’imperativo deve essere utilizzare al meglio la superficie disponibile, garantendo agli insegnanti e agli studenti, spazi inclusivi, flessibili e multifunzionali. Ciò non vuol dire progettare grandi strutture, circondate da aree a verde, ma applicare i principi di sostenibilità ambientale in maniera spinta, recuperando il patrimonio edilizio esistente e modellandolo sulle nuove esigenze che abbiamo maturato durante questo difficile periodo.
L’edilizia scolastica italiana come si configura all’interno del panorama europeo?
La scuola gioca un ruolo fondamentale nel delineare l’immagine del futuro di una società e purtroppo il nostro Paese investe ancora troppo poco nell’educazione, nonostante abbia un tasso di dispersione scolastica pari al doppio della media europea ed edifici scolastici non adeguati ai criteri antisismici, costruiti con materiali scadenti e privi di certificazioni ambientali. In questo panorama, si inserisce l’iniziativa del New European Bauhaus, lanciata, nell’ottobre dello scorso anno, dalla Presidente delle Commissione Europea, un nuovo progetto culturale per tutta l’Europa, per far dialogare le diverse discipline con il comune fine di innescare un cambiamento radicale. Un cambiamento in cui credo molto e nel quale l’architettura dovrà dimostrare di essere capace di rispondere in modo preciso e coerente.
Quali sono, dunque, le risposte che un architetto può dare sul difficile tema dell’edilizia scolastica?
Innanzitutto dobbiamo iniziare a parlare di Architettura scolastica e non per dare risonanza alla materia, ma per permeare l’edificio scuola della qualità che solo un progetto architettonico, studiato in tutti i suoi dettagli, riesce ad infondere. A mio avviso, l’architettura scolastica deve partire dal contesto, capire il sistema dei percorsi che conducono all’edificio stesso, studiare la comunità che usufruirà dei servizi all’interno dell’edificio, rileggere gli spazi in funzioni di una vera inclusività, rendendoli flessibili e accoglienti. Bisogna smettere di pensare alla scuola come il luogo dove gli studenti vanno esclusivamente a fare lezione. Anche le nostre abitazioni, con lo smart working e la DAD, si sono dovute adattare al cambiamento imposto dalla pandemia. Perché la scuola non dovrebbe essere ripensata in funzione di una trasformazione che tenga conto di parametri diversi?
E allora quali pensa siano i parametri da tener conto nella progettazione di un edificio scolastico nell’era post-pandemia?
L’ecologia, la sostenibilità, il recupero edilizio, l’illuminazione artificiale collegata al nostro ritmo circadiano, il risparmio energetico, il rispetto della disabilità e della diversità in genere, la bellezza nel senso più profondo del termine, dovrebbero essere i parametri su cui impostare il progetto architettonico. Bisogna progettare tenendo presente che l’obbiettivo primario da raggiungere è il benessere dell’individuo, nella sua singolarità e come membro di una comunità. Un benessere che mai come adesso, con le incognite del futuro post-pandemico, dobbiamo custodire e preservare.
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